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La ripartizione dei costi dell'acqua in condominio

Quale è il criterio da utilizzare? Consumi, millesimi, numero di occupanti l'unità immobiliare?
Avv. Gianfranco Di Rago 

L'individuazione del criterio con il quale suddividere tra i condomini le spese legate al consumo dell'acqua è sempre risultato alquanto spinoso. Nella pratica condominiale si è assistito a una molteplicità di soluzioni volta per volta imposte dai regolamenti, previste da specifiche deliberazioni assembleari assunte a maggioranza o semplicemente applicate di fatto dall'amministratore con il tacito consenso dei condomini.

Generalmente si è fatto ricorso al criterio millesimale, in base al quale la relativa spesa viene ripartita tra i condomini proporzionalmente al valore di ciascuna unità immobiliare (criterio criticabile in quanto non sempre è vero che la maggiore ampiezza di un appartamento coincida con un maggiore consumo di acqua).

Ecco, allora, che spesso la suddivisione è avvenuta sulla base del numero di soggetti occupanti le varie unità immobiliari di cui è costituito il condominio (con l'evidente difficoltà per l'amministratore di controllare l'effettiva composizione dei nuclei familiari in tal modo dichiarati).

Il problema è poi amplificato ove nello stabile vi siano esercizi commerciali, magari esercenti attività che prevedono generalmente un abbondante utilizzo di acqua.

In casi siffatti si sono anche verificate ipotesi di disposizioni regolamentari che stabiliscono, per le unità destinate allo svolgimento di attività commerciali, un aumento fisso della spesa dovuta sulla base della ripartizione millesimale dei consumi, in modo da differenziarle da quelle a uso abitativo (ad esempio, raddoppiandone, triplicandone o, addirittura, decuplicandone il consumo: sul punto si può richiamare una interessante sentenza del Tribunale di Milano, la n. 6006 del 25 maggio 2018).

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La contabilizzazione dei consumi dell'acqua

Una soluzione ottimale del problema risiede nell'adozione di un sistema che consenta di rilevare i consumi effettivi di ciascuna unità immobiliare. Tuttavia le difficoltà pratiche che si riscontrano negli edifici condominiali più risalenti non sono poche.

In primo luogo si tratta di studiare la fattibilità tecnica di un tale modifica dell'impianto e provvedere a realizzarla.

Ci si può dunque chiedere se a tal fine sia necessaria una deliberazione assembleare e quale sia il quorum deliberativo che ne garantisca la legittimità.

Occorre poi affrontare la questione della deroga a eventuali differenti criteri di riparto previsti dal regolamento condominiale, anche di natura contrattuale.

In anni recenti la Cassazione ha stabilito un primo e importante punto fermo, più volte richiamato dai giudici di merito che volta per volta sono stati chiamati a risolvere questo genere di dispute. Con sentenza n. 17557 dell'1 agosto 2014, la seconda sezione civile della Suprema Corte ha infatti chiarito che, salva diversa convenzione (ovvero di un accordo vincolante per tutti i condomini), la ripartizione delle spese dell'acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, deve essere effettuata - ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c. - in base ai valori millesimali.

Nel caso concreto i giudici di legittimità avevano ritenuto annullabile, per intrinseca irragionevolezza, una delibera assembleare, assunta a maggioranza, che, adottato il diverso criterio di riparto per persona in base al numero di coloro che abitavano stabilmente nell'unità immobiliare, aveva esentato dalla contribuzione i proprietari degli appartamenti che erano rimasti vuoti nel corso dell'anno.

Con detta decisione la Suprema corte ha quindi a suo tempo chiarito che, relativamente alla suddivisione dei consumi dell'acqua, il criterio millesimale di cui all'art. 1123, comma 1, c.c. o il diverso criterio eventualmente indicato in un regolamento di natura contrattuale sono applicabili soltanto ove nello stabile manchi un sistema di contabilizzazione poiché, in caso contrario, sarebbe irragionevole non tenere conto dei consumi effettivi nella ripartizione delle relative spese.

Ove non si possa contabilizzare il consumo dell'acqua, si farà quindi applicazione del criterio indicato nel regolamento contrattuale.

In mancanza di disposizioni regolamentari, si farà invece riferimento al criterio generale di cui all'art. 1123, comma 1, c.c. (ovvero a quello millesimale).

Cosa fare in mancanza dei contatori?

A questo punto occorre dunque chiedersi se per l'installazione dei contatori individuali dell'acqua sia o meno necessaria un'autorizzazione assembleare e, in caso, positivo, quale sia la maggioranza da raggiungere per la validità della deliberazione.

Sul punto una tesi per così dire estrema è quella seguita dal Tribunale di Milano, che risolve alla radice il problema.

Con due sentenze di qualche anno fa - la n. 1280/2018 e la n. 4275/2019 - il Tribunale del capoluogo lombardo ha infatti ritenuto che il sistema di contabilizzazione dei consumi dell'acqua debba intendersi come necessario ai sensi della normativa vigente, tesa a responsabilizzare gli utenti nell'utilizzo di questa importante risorsa naturale. La questione viene quindi letteralmente capovolta.

Non si tratta più di indagare se l'assemblea possa adottare una soluzione siffatta e con quale maggioranza.

Al contrario, partendo dalla natura cogente della normativa di settore, l'amministratore dovrebbe provvedervi direttamente, stanziando la spesa a ciò necessaria e ripartendola tra i condomini.

Si tratta, evidentemente di un'interpretazione che lancia un forte impulso alla diffusione in condominio dei sistemi contabilizzazione dei consumi dell'acqua, fornendo una serie di chiarimenti che, di fatto, ne semplificano enormemente l'adozione negli edifici che ne siano privi.

Il Tribunale di Milano ha infatti rilevato come nell'ordinamento sia ravvisabile una disciplina di favore nei confronti della contabilizzazione dei consumi idrici, in base alla quale deve ritenersi che l'adozione di questo sistema sia addirittura necessario.

Il riferimento è al Dpcm del 4 marzo 1996 (emanato a seguito della Legge n. 36/94), che ha previsto l'obbligo della misurazione dei consumi, richiamando la Direttiva comunitaria n. 75/33, che indicava come obbligatoria l'installazione di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario, e al più recente art. 146 del D. Lgs. n. 152/2006, in base al quale le regioni dovrebbero prevedere norme e misure volte a razionalizzare i consumi e a eliminare gli sprechi e, in particolare, a installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa, nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano.

Secondo il Tribunale di Milano la compagine condominiale potrebbe addirittura decidere a maggioranza di optare per il sistema di contabilizzazione dei consumi dell'acqua ove un regolamento di natura contrattuale indicasse un diverso criterio di riparto delle spese dell'acqua.

Tale delibera, alla luce della normativa vigente, dovrebbe infatti considerarsi doverosa e meramente ricognitiva di un obbligo di legge.

Addirittura, come si anticipava, una siffatta deliberazione neppure sarebbe necessaria, poiché l'amministratore condominiale, essendo tenuto ad applicare la legge e a gestire in modo efficace ed efficiente i beni e i servizi comuni, non avrebbe alcuna necessità dell'autorizzazione assembleare per procedere all'installazione di un sistema di contabilizzazione dell'acqua.

Nella sentenza n. 1280/2018 il Tribunale di Milano ha inoltre ritenuto legittima l'installazione dei contatori effettuata soltanto in relazione a una parte delle unità immobiliari comprese nell'edificio condominiale, con la conseguenza che il riparto delle spese avrebbe dovuto avvenire sulla base dei consumi in tal modo rilevati, per le unità che ne fossero provvisti, e, per la parte restante, sulla base dei millesimi di proprietà o del diverso criterio eventualmente indicato nel regolamento.

Sulla legittimità dell'adozione di un criterio c.d. misto si veda, più di recente, anche Tribunale di Roma, sentenza n. 6674 del 20 aprile 2021, decisione relativa a un caso in cui i contatori avevano potuto essere installati soltanto nelle unità immobiliari utilizzate a scopi commerciali e non anche in quelle a uso abitativo.

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