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I difetti di impermeabilizzazione e della pavimentazione dei balconi configurano gravi vizi dell'edificio.

Infiltrazioni per impermeabilizzazione scadente. Responsabilità dell'appaltatore.
Avv. Paolo Accoti 

Ai sensi dell'art. 1669 Cc, se nel corso di dieci anni dalla realizzazione l'edificio o le altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, per vizio del suolo o per difetto di costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore sarà ritenuto responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta denunzia entro un anno dalla scoperta.

La Suprema Corte con l'interessante provvedimento oggi in commento ha compiutamente specificato i contorni della questione, definendo la nozione di "gravi difetti", chi è legittimato ad avanzare richiesta di risarcimento danni ex art. 1669 Cc e, infine, da quale momento inizia a decorrere il termine di decadenza e prescrizione.

La II Sezione civile della Corte di Cassazione, infatti, con l'ordinanza n. 143, pubblicata in data 18 Gennaio 2019, Presidente dott. PD. Ascola, Relatore dott. AS.

carpa, premesso che, tra i difetti che configurano la responsabilità del costruttore rientrano anche quelli che, pur non compromettendo la stabilità - totale o parziale - dell'edificio, possano essere, comunque, qualificati "gravi", ha statuito come l'azione di risarcimento danni, ex artt. 1669 e 2058 Cc, pur in presenza di difetti «delle opere di ristrutturazione edilizia, ovvero di interventi manutentivi di lunga durata su un edificio in condominio, riguardanti un'unità immobiliare di proprietà esclusiva», può essere proposta dal proprietario dell'appartamento danneggiato.

Infiltrazioni per impermeabilizzazione scadente. Responsabile il costruttore

Nel merito della questione ha chiarito come «la gravità di un difetto, agli effetti dell'art. 1669 c.c., è correlata alle conseguenze che da esso siano derivate o possano derivare, e non dipende, pertanto, dalla sua isolata consistenza obiettiva, né è perciò esclusa ex se dalla modesta entità, in rapporto all'intera costruzione, del singolo elemento che ne sia affetto.

Questa Corte ha così costantemente spiegato che configurano gravi difetti dell'edificio, a norma dell'art. 1669 c.c., anche le carenze costruttive dell'opera - da intendere altresì quale singola unità abitativa - che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l'abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d'arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell'opera purché tali da incidere negativamente ed in modo considerevole sul suo godimento e da comprometterne la normale utilità in relazione alla sua destinazione economica e pratica, e per questo eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici (Cass. Sez. U, 27/03/2017, n, 7756; Cass. Sez, 2, 09/09/2013, n. 20644; Cass. Sez. 2, 03/01/2013, n. 84; Cass. Sez. 2, 04/10/2011, n, 20307; Cass, Sez. 2, 15/09/2009, n. 19868)».

Così ritenendo, ha confermato la sentenza della Corte d'Appello di Messina che, in riforma della sentenza del Tribunale peloritano, ha ritenuto accertata la responsabilità dell'appaltatore, ex art. 1669 Cc, e, conseguentemente, lo ha condannato a risarcire il danno cagionato al condomino proprietario di un appartamento a seguito di alcuni lavori di manutenzione straordinaria delle facciate, dei balconi e dei parapetti dell'edificio condominiale, commissionati dal medesimo condominio e, in particolare, per i vizi di impermeabilizzazione e di pavimentazione dei balconi riscontrati nella consulenza tecnica disposta in primo grado.

La Corte di Cassazione, infatti, dopo aver ricordato i principi che reggono la materia, per come sopra riportati ha, nondimeno, riferito che «l'indagine volta a stabilire se difetti costruttivi ricadano nella disciplina dell'art. 1669 c.c., ovvero in quella posta dagli artt. 1667 e 1668 c.c. in tema di garanzia per le difformità e i vizi dell'opera, rientra nei compiti propri del giudice del merito, coinvolgendo l'accertamento e la valutazione degli elementi di fatto del caso concreto.

Al giudice di merito spetta, quindi, di stabilire se le acquisizioni processuali sono sufficienti a formulare compiutamente il giudizio finale sulle caratteristiche dei difetti, dovendo egli accertare anche se, pur afferendo ad elementi secondari ed accessori, essi siano tali da incidere negativamente, pregiudicandoli in modo considerevole nel tempo, sulla funzionalità e sul godimento dell'immobile.

Questo accertamento di merito è sottratto al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato (Cass. Sez. 2, 26/04/2005 n. 8577; Cass, Sez. 2, 21/04/1994, n. 3794)».

Per quanto concerne l'inizio del decorso del termine di decadenza annuale e di quello decennale di prescrizione, la stesa riferisce che «poiché la disciplina concernente la decadenza (e la prescrizione) per l'esercizio dell'azione ha lo scopo di non onerare il danneggiato della proposizione di domande generiche a carattere esplorativo, è necessario che la denuncia riveli una conoscenza sufficientemente completa del vizio e della responsabilità per lo stesso; sicché il termine di un anno per effettuare la medesima denuncia decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di consapevolezza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti.

Tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all'atto dell'acquisizione di apposite relazioni peritali effettuate».

Peraltro, conclude la Suprema Corte, tale accertamento di fatto è demandato al Giudice di merito, pertanto, risulta insindacabile in sede di legittimità se supportato da una corretta e congrua motivazione, esente da vizi logici o da errori di diritto.

In definitiva, quindi, il ricorso viene respinto e l'appaltatore definitivamente condannato a risarcire il condomino per i vizi dovuti all'erronea impermeabilizzazione e alla difettosa posa della pavimentazione del balcone di proprietà dello stesso.

Sentenza
Scarica Ord. Civ. Sez. 6 n. 1423 del 18/01/2019
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