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Le distanze previste per i muri con vedute si applicano anche in presenza di balconi aggettanti

Anche la presenza di balconi legittima l'applicazione del DM n. 1444/1968
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

Il caso. Il costruttore di un edificio condominiale veniva citato in giudizio da un altro Condominio il quale, sito su un terreno adiacente, lamentava come i nuovi arrivati avessero edificato la struttura in violazione senza rispettare la distanza minima di 10 metri prevista dall'art. 9 del DM n. 1444/1968.

Il Tribunale adito, in accoglimento della domanda, condannava l'immobiliare alla riduzione in prestino del muro eccedente i 10 metri sino a garantire detta distanza, nonché la refusione dei danni e delle spese arrecati all'attore. Decisione sostanzialmente confermata anche dalla Corte d'appello.

Come si calcola la distanza tra due costruzioni

La distanza tra pareti con vedute. Il nuovo condominio proponeva ricorso in cassazione. Tra gli altri motivi di doglianza, il ricorrente lamentava come la normativa citata non potesse essere applicata al caso in questione.

A suo dire, infatti, per poter applicare il D.M. n. 1444/1968 sarebbe stato necessario che, su entrambe le pareti degli edifici coinvolti, si aprissero delle finestre.

Nel caso in esame, invece, nell'edificio di controparte vi era un semplice muro e sul palazzo del ricorrente delle luci (che non consentivano la veduta); quindi, i giudici di merito avrebbero errato nel considerare il nuovo palazzo come costruito in violazione della normativa.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4834 del 19 febbraio 2019, ha rigettato il ricorso e condannato l'immobiliare alle spese del giudizio.

Quando il limite della distanza tra costruzioni può essere derogato?

Anche la presenza di balconi legittima l'applicazione del DM n. 1444/1968. La Corte ha osservato come nel palazzo della parte ricorrente vi fossero, oltre alle citate luci, anche dei balconi aggettanti che consentivano l'affaccio sia in senso anteriore che laterale su entrambi i lati, costituendo immancabilmente delle vedute. È corretta dunque la sentenza di merito.

È vero infatti che per applicare il d.m. n. 1444/1968 non è necessaria la presenza di finestre utilizzate come vedute, ma anche solo «pareti munite di qualsiasi genere di aperture verso l'esterno» (così TAR L'Aquila, n. 788/2012).

La presenza dei balconi, quindi, legittimava l'applicazione della normativa in oggetto.
La Suprema Corte precisa inoltre che il DM n. 1444/1968 non impone che entrambi i palazzi abbiano delle vedute, ma fa derivare la sua applicazione dalla semplice presenza di una parete finestrata (o con balconi) così come nel caso corrente.

La norma sulle distanze di applica anche sui nuovi edifici costruiti in zone storica. Gli Ermellini hanno rigettato l'ulteriore motivo di ricorso affermando che, sebbene la normativa preveda esenzioni dal regime delle distanze per gli edifici storici, questa non è prevista anche per quelli moderni costruiti in aree denominate «centro storico».

Secondo il ragionamento di parte ricorrente, difatti, il proprio edificio moderno avrebbe dovuto essere esentato dalla normativa sulle distanze in quanto edificato in una zona storica della città, acquisendo esso stesso la caratteristica di edificio storico. Nella scia di questa valutazione non si sarebbe dovuto applicare l'art. 9 d.m. n. 1444/1968, ma l'art. 873 c.c. e il piano Regolatore del Comune dalla norma richiamato.

Tale valutazione non è corretta. Infatti: «l'art. 9, comma 1, d.m. n. 1444/1968 - traendo la sua forza cogente dai commi 8 e 9 dell'art. 41- quinquies l. n. 1150/1942 e prescrivendo per la Zona A, quanto alle operazioni di risanamento conservativo ed alle eventuali ristrutturazioni, che le distanze tra gli edifici non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti - rappresenta una disciplina integrativa dell'art. 873 c.c. immediatamente idonea ad incidere sui rapporti interprivatistici, sicché, sia in caso di adozione di strumenti urbanistici contrastanti con l'art. 9 citato, sia in presenza di disposizioni di divieto assoluto di costruire, così che sussiste l'obbligo per il giudice di merito di dare attuazione alla disposizione integrativa dell'art. 873, mediante condanna all'arretramento di quanto successivamente edificato oltre i limiti, ove il costruttore sia stato proprietario di un preesistente volume edilizio, o all'integrale eliminazione della nuova edificazione, qualora invece non sussista alcun preesistente volume» (Cass. civ. n. 1616/2018).

Il principio sancito dalla Corte di Cassazione, ordinanza n. 4834 del 19 febbraio 2019: Per applicare il d.m. n. 1444/1968 non è necessaria la presenza di finestre utilizzate come vedute, ma anche solo «pareti munite di qualsiasi genere di aperture verso l'esterno». La presenza dei balconi, quindi, legittimava l'applicazione della normativa in oggetto. La normativa in esame è applicabile anche ai nuovi edifici costruiti in zona storica.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, ordinanza 19 febbraio 2019, n. 4834
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