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Infiltrazioni nell'immobile di proprietà di un condomino derivanti dalla rottura della rete fognaria condominiale

Il diritto del condòmino al risarcimento del danno da omessa manutenzione delle parti comuni dell'edificio e le cause concorrenti del danno determinanti una diminuzione del risarcimento.
Avv. Eliana Messineo 

Le tubazioni, essendo di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 del Codice civile, sino all'ingresso di ogni singola unità abitativa, comportano l'insorgenza della responsabilità del Condominio in presenza di infiltrazioni che siano causate da difettosità o cattiva manutenzione delle stesse.

Il Condominio è, dunque, responsabile per i danni arrecati agli immobili di proprietà esclusiva dei singoli condòmini, ogni qualvolta l'evento (infiltrazioni di acque luride provenienti dalla condotta fognaria, a seguito di un rigurgito della fogna e del trabocco di liquami originati da una ostruzione o rottura delle tubazioni) dipenda da un comportamento omissivo dell'ente di gestione, il quale abbia omesso di adempiere ai propri doveri di manutenzione delle condotte.

L'ente condominiale risponde, quindi, quale custode degli impianti comuni, dei danni da questi provocati, ai sensi dell'art. 2051 del Codice civile, fatta salva la prova del caso fortuito, cui è parificato il fatto del terzo.

In particolare, la responsabilità per custodia in ordine a danni prodotti al singolo condomino dal cattivo funzionamento della rete fognaria è esclusa dall'accertamento positivo che il danno è stato causato dalla condotta di uno dei condomini, la quale ha avuto efficacia causale nella produzione dell'evento dannoso.

Tuttavia è, altresì, possibile che il fatto del terzo, compreso il danneggiato, non escluda del tutto la responsabilità del danneggiante ma, contribuendo nella produzione del danno, determini un concorso di colpa. In tal caso, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate, ai sensi dell'art. 1227 c.c..

Il Tribunale di Padova, di recente, si è pronunciato (con sentenza n. 659 del 19 marzo 2024) su una vertenza avente ad oggetto infiltrazioni nell'immobile di un condòmino derivanti dalla rottura della rete fognaria condominiale, riconoscendo la responsabilità del Condominio in qualità di custode dei beni comuni, senza tuttavia accogliere l'intero importo richiesto dal condòmino a titolo di risarcimento, in considerazione delle cause concorrenti del danno determinate dalla condotta dello stesso comproprietario danneggiato.

Infiltrazioni nell'immobile di proprietà di un condomino derivanti dalla rottura della rete fognaria condominiale. Fatto e decisione

Un condòmino citava in giudizio il Condominio al fine di ottenere l'accertamento delle cause delle infiltrazioni all'immobile di sua proprietà come derivanti dallo sversamento di materiale fognario proveniente dalle parti comuni dell'edificio condominiale nonché al fine di ottenere, ai sensi dell'art. 1105 c.c., anche con la nomina di un amministratore "ad acta" sostituendosi all'assemblea e all'amministratore, i provvedimenti di gestione della cosa comune atti a eliminare il fenomeno infiltrativo all'interno dell'unità abitativa di sua proprietà nonché la condanna del Condominio a risarcire i danni subiti oltre a quelli derivanti dal mancato godimento dell'immobile per aver dovuto reperire altra soluzione abitativa e a rimborsare le spese anticipate per la riparazione di un tratto di tubazione condominiale.

L'attore a sostegno della propria domanda depositava relazione di parte che accertava il nesso di causalità tra la fuoriuscita di liquami dall'impianto fognario e le infiltrazioni propagatesi all'interno dell'appartamento di sua proprietà. Deduceva di essere stato costretto ad agire giudizialmente stante l'assenza dell'intervento dell'amministratore che avrebbe dovuto provvedere alla riparazione delle parti comuni in qualità di custode ai sensi dell'art. 2051 c.c.

Si costituiva in giudizio il Condominio eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità della domanda ex art. 1105 c.c. rientrando la stessa nella fattispecie della volontaria giurisdizione, l'improcedibilità per non essere stata espletata preventivamente la mediazione, l'intervenuta prescrizione dei diritti creditori e, nel merito, chiedeva comunque rigettarsi in toto le domande attoree contestando anche il quantum.

La causa veniva istruita con CTU all'esito della quale il G.I., ritenuta superflua ulteriore attività istruttoria, formulava una proposta conciliativa che non veniva accettata. All'esito del deposito di comparse conclusionali e repliche, la causa veniva trattenuta in decisione.

Il Tribunale ha dichiarato inammissibili ed infondate le domande attoree ai sensi dell'art. 1105 c.c. ed ex art. 1134 c.c., nonché ha condannato il Condominio al risarcimento dei danni subiti dall'immobile di proprietà dell'attore avendo accertato che il fenomeno infiltrativo derivava dallo sversamento di materiale fognario proveniente dalle parti comuni.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto improcedibile ed inammissibile la domanda formulata dall'attore ex art. 1105 c.c. non potendosi formulare in sede contenziosa né decisa con sentenza trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione.

Quanto alla domanda di rimborso delle spese asseritamente sostenute per la riparazione di un breve tratto della tubazione condominiale lato nord, il Tribunale l'ha rigettata per mancanza dei presupposti di cui all'art. 1134 c.c. non essendo stato l'intervento determinato da necessità ed urgenza ed anzi essendosi rivelato inutile e non risolutivo delle problematiche lamentate.

Nel merito, il Tribunale ha ritenuto, sulla base delle risultanze della CTU, che le cause delle infiltrazioni fossero imputabili alle accertate rotture della condotta fognaria condominiale riconoscendo, pertanto, la sussistenza del nesso eziologico tra le infiltrazioni patite dalla proprietà attorea e la rete fognaria condominiale.

Tuttavia, il Tribunale non ha accolto l'intero importo richiesto dall'attore a titolo di risarcimento danni in considerazione del comportamento dallo stesso tenuto che aveva contribuito ad aggravare il danno.

In particolare, dalla CTU era emerso che la rottura della tubazione fognaria era stata causata da lavori di posa del tubo di irrigazione del verde condominiale realizzati con uno scavo con benna ad opera dell'attore.

Non solo, ma secondo il Giudice, se l'attore avesse ritenuto urgenti i lavori di riparazione della tubazione della rete fognaria avrebbe potuto sostenere le spese di tasca propria per poi rivalersi sugli altri condòmini o avrebbe potuto presenziare alle assemblee di condominio significando la necessità di un intervento mentre, al contrario, risultava dal verbale di una riunione condominiale che l'attore avesse impedito l'esecuzione delle opere.

Ed ancora, secondo il Giudice, l'attore avrebbe potuto esperire il rimedio ex art. 1105, comma 4, c.c., o ancora avrebbe potuto attivarsi coltivando un accertamento tecnico preventivo in contraddittorio per cristallizzare la situazione lamentata.

Per il Tribunale, dunque, il comportamento tenuto dall'attore aveva determinato l'aggravarsi del danno, o addirittura ne era stata la causa esclusiva o prevalente, ai sensi dell'art. 1227 c.c. con conseguente riduzione dell'importo richiesto a titolo di risarcimento del danno.

Il riconoscimento di un importo inferiore a quello richiesto è stato, inoltre, determinato dal fatto che le infiltrazioni lamentate non avevano reso inagibile l'intera unità immobiliare attorea, ma solo il locale ripostiglio, con la conseguenza che parte attrice non aveva alcuna necessità di trovare un alloggio alternativo alla propria abitazione, o di consumare i pasti fuori casa.

Infiltrazioni in condominio, come si risarciscono i danni?

Considerazioni conclusive

In caso di omessa manutenzione delle parti comuni, il condòmino che abbia agito in mancanza dell'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea ha diritto al rimborso delle spese affrontate per la cosa comune, così come espressamente previsto dall'art. 1134 c.c., nella sola ipotesi in cui l'intervento sia stato determinato dalla necessità e dalla urgenza (cfr. Corte d'Appello Catania, Sez. II, 3/6/2008, n. 735).

Invero, in caso di urgenza dell'intervento di manutenzione e o riparazione, il condòmino può sostenere di tasca propria le relative spese per poi rivalersi sugli altri condòmini pro quota ex art. 1134 c.c.; in mancanza di urgenza ed in caso di inerzia degli altri condòmini a provvedere, il condòmino può esperire il rimedio ex art. 1105 c.c. ossia agire in sede di volontaria giurisdizione al fine di ottenere i provvedimenti sostitutivi di quelli di competenza degli organi condominiali.

In buona sostanza, ai sensi dell'art. 1105 c.c., "il condòmino, che ritenga necessari interventi opportuni e precauzionali di tipo conservativo sulla cosa comune, non può adire direttamente il giudice in sede contenziosa, senza prima aver attivato gli organi condominiali e ottenuto dal giudice di volontaria giurisdizione, con lo strumento della procedura camerale, i provvedimenti sostitutivi di quelli di competenza degli organi condominiali" (Corte d'Appello Napoli 16.7.2007).

Qualora, poi, dall'omessa manutenzione delle parti comuni dell'edificio, derivi un danno all'unità immobiliare di un condòmino, questi "assume, quale danneggiato, la posizione di terzo avente diritto al risarcimento nei confronti del condominio, senza tuttavia essere esonerato dall'obbligo, che trova la sua fonte nella comproprietà o nella utilità di quelle e non nella specifica condotta illecita ad esso attribuibile, di contribuire a sua volta, in misura proporzionale al valore della rispettiva porzione, alle spese necessarie per la riparazione delle parti comuni dell'edificio e alla rifusione dei danni cagionati" (Cass. civ., Sez. VI - 2, Ordinanza, 24/6/2021, n. 18187).

Tuttavia, qualora il comproprietario danneggiato abbia concorso a cagionare il danno (nella specie per aver cagionato, con la propria condotta, la rottura della tubazione fognaria causa delle infiltrazioni nel suo immobile) il risarcimento è diminuito ai sensi dell'art. 1127 c.c.

Peraltro, anche il mancato esperimento del rimedio ex art. 1105, comma 4, c.c., in quanto possa aver determinato la persistenza dello stato di degrado delle parti comuni, potrebbe configurare, qualora sia ritenuto addebitabile a colpa del comproprietario, causa concorrente del danno ai beni di proprietà esclusiva del predetto, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. (con conseguente diminuzione del danno risarcibile secondo la gravità della colpa del danneggiato e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate) (Cass. civ., Sez. III, 8/9/1998, n. 8876).

Sentenza
Scarica Trib. Padova 19 marzo 2024 n. 659
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