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Infiltrazioni: no alla condanna al facere nei confronti del condominio

Se si tratta di un bene comune è possibile soltanto chiedere il risarcimento dei danni subiti dal proprio appartamento.
Avv. Gianfranco Di Rago 

In caso di infiltrazioni derivanti a un'unità immobiliare dalla pavimentazione del soprastante cortile non è possibile chiedere la condanna giudiziale del condominio allo svolgimento dei lavori di ripristino del bene comune, nonostante quest'ultimo ne sia il custode.

E questo perché tra condominio e singolo condomino non vi è un rapporto di natura sinallagmatica in relazione alla corretta manutenzione dei beni e degli impianti comuni.

Di conseguenza il condomino non ha un corrispondente diritto da esercitare in sede giudiziaria per ottenere la condanna del condominio all'adempimento di tale presunta obbligazione contrattuale.

Il medesimo può invece chiedere al condominio il risarcimento dei danni subiti nella propria unità immobiliare e valutare altre tipologie di azioni previste dall'ordinamento a tutela dei propri interessi.

Questa l'interessante decisione assunta dal Tribunale di Torino con la recente sentenza n. 1173 del 22 febbraio 2024.

No alla condanna al facere nei confronti del condominio per infiltrazioni. Fatto e decisione

Nella specie un condomino proprietario di un magazzino sito sotto il cortile dell'edificio e che era stato danneggiato dalle infiltrazioni provenienti dalla relativa pavimentazione aveva avviato un procedimento di accertamento tecnico preventivo nei confronti del condominio.

Quindi, ottenuta in quella sede una "fotografia" sulle condizioni del proprio immobile e sulle cause della predetta infiltrazione, il condomino aveva avviato il procedimento di merito nei confronti del condominio, chiedendone la condanna all'esecuzione dei lavori necessari per la messa in pristino dell'impermeabilizzazione della pavimentazione del cortile e il risarcimento dei danni.

Quest'ultimo, costituitosi in giudizio, aveva però contestato in particolare il fondamento della domanda avversaria volta a ottenere la condanna a un facere nei confronti del condominio, evidenziando come tra le parti non vi fosse un rapporto contrattuale.

Il Tribunale di Torino, appellandosi a un recente precedente di legittimità reso in un fattispecie analoga, nella quale un condomino aveva chiesto sia la condanna del condominio a eseguire un intervento su una parte comune dalla quale derivava un danno alla singola unità immobiliare (in quel caso, l'impianto elettrico condominiale) sia il risarcimento dei danni che si erano verificati nella sua unità immobiliare di proprietà esclusiva, tenuto altresì conto dei diversi orientamenti della giurisprudenza di merito e condivisa l'esclusione di un rapporto sinallagmatico tra il singolo condomino e il condominio, ha quindi rigettato la domanda volta a ordinare a quest'ultimo l'effettuazione dei lavori di ripristino della pavimentazione del cortile condominiale.

Considerazioni conclusive

Come si diceva, il Giudice piemontese, nel decidere per il rigetto della domanda, si è rifatto a un recente arresto della Suprema Corte, la quale ha avuto modo di affermare che il singolo condomino non è titolare, nei confronti del condominio, di un diritto di natura sinallagmatica relativo al buon funzionamento degli impianti condominiali, che possa essere esercitato mediante un'azione di condanna della stessa gestione condominiale all'adempimento corretto della relativa prestazione contrattuale, trovando causa l'uso dell'impianto che ciascun partecipante vanta nel rapporto di comproprietà delineato negli artt. 1117 e ss. c.c. Ne consegue, secondo la Cassazione, che il condomino non ha azione per richiedere la messa a norma dell'impianto medesimo, potendo al più avanzare, verso il condominio, una pretesa risarcitoria nel caso di colpevole omissione nella sua riparazione o adeguamento (Cass. civ., n. 16608/2017).

Questa decisione trova in effetti conferma in precedenti arresti di legittimità (Cass. civ. n. 12956/2066; Cass. civ. n. 12420/93), nei quali si insiste sull'assenza di un rapporto di sinallagmaticità tra condominio e singoli condomini quanto alla gestione dei beni e dei servizi comuni, anche se soprattutto al fine di chiarire che questi ultimi, in quanto comproprietari dei beni, non possono rifiutarsi di pagare le spese pro quota anche in caso di cattivo funzionamento del servizio (nella specie quello di riscaldamento).

Sulla questione si segnala, nei medesimi termini, anche l'intervento delle Sezioni Unite con sentenza n. 10492/96.

In questi casi i condòmini possono comunque ricorrere ad altri strumenti di reazione e di tutela, quali, ad esempio, le impugnazioni delle deliberazioni assembleari ex art. 1137 c.c., i ricorsi contro i provvedimenti dell'amministratore ex art. 1133 c.c., la domanda di revoca giudiziale dell'amministratore ex art. 1129, comma 11, c.c., o il ricorso all'autorità giudiziaria in caso di inerzia agli effetti dell'art. 1105, comma 4, c.c..

Sentenza
Scarica Trib. Torino 22 febbraio 2024 n. 1173
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