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Immissioni in condominio tra rilevanza penale e civile

Non vi è condominio nel quale, almeno una volta, non si sia verificato un problema di immissioni di odori, fumi, propagazioni e rumori.
Avv. Adriana Nicoletti 

In ambito condominiale, le immissioni sono fonte di contestazioni tra l'Ente ed i condomini oppure tra questi, singolarmente o collettivamente, allorché il fastidio sia causato dal comportamento dei partecipanti non rispettosi dei canoni di una civile convivenza.

La problematica, che si esternalizza con un normale rapporto di causa-effetto, può essere affrontata in vario modo a seconda che si ritenga che il colpevole, o presunto tale, per il solo fatto di avere infastidito il vicino con il quale, forse, le relazioni sono già deteriorate, debba essere attaccato sul piano penale, oppure se si intenda ottenere una cessazione della molestia, agendo civilmente anche con la richiesta di un provvedimento di urgenza se ne sussistono i presupposti.

La scelta di uno dei due mezzi per far valere i propri diritti non è casuale o discrezionale, ma risponde a determinate condizioni.

Quando il disturbo integra la fattispecie di reato prevista dall'art. 659 c.p.

Per quanto quando si parla di immissioni in ambito condominiale si pensi sempre - come si dirà in seguito - alla tutela di tipo civile, che ha come norma di riferimento l'art. 844 c.c., vi sono dei casi in cui si presume che affidarsi ad un'azione penale sia il modo migliore (e forse più gratificante) per ottenere una doppia giustizia: la condanna del reo ed il risarcimento del danno come parte civile.

Ecco, allora che si ricorre all'art. 659 c.p., una norma il cui scopo è quello di garantire il riposo delle "persone" o preservarle dal disturbo, da "chiunque" causato, durante l'esercizio delle proprie occupazioni.

Quanto al contenuto, giova osservare che, per quanto si ritenga che le modalità, attraverso le quali il disturbo alle persone viene posto in atto, abbiano valore tassativo, tuttavia, non sembra che la loro portata sia esaustiva nel genus, potendo ciascuna di esse produrre una quantità notevle di effetti.

La formulazione letterale della disposizione ha portato la giurisprudenza a ritenere, in modo concorde, che "integra la fattispecie contravvenzionale di cui all'articolo citato la condotta idonea ad arrecare disturbo al riposo ed alle occupazioni di un numero indeterminato di persone, che sia posta in essere, seppur non siano superati i limiti di rumorosità di cui all'art. 4 D.P.C.M. 14 novembre 1997" (Cass. pen. 5 luglio 2006, n. 23130).

Concetto che era stato già espresso in un lontano passato (Cass. pen. 7 giugno 1996, n. 5714) allorché, con riferimento a rumori, schiamazzi e quant'altro, era stata evidenziata, ai fini dell'applicabilità dell'art. 659 c.p., come necessaria l'attitudine della fonte sonora "a propagarsi ed a disturbare un numero indeterminato di persone, e ciò a prescindere dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effettivamente disturbate".

Ancora di recente (Cass. pen. 17 gennaio 2024, n. 2071), infine, questi presupposti sono stati nuovamente ribaditi con riferimento ad un caso di esclusione di responsabilità di cui all'art. 659 c.p. per il condomino che, con emissioni rumorose, prodotte nelle prime ore del mattino e consistenti nel rumore dei tacchi sul pavimento e nello spostamento dei mobili, aveva disturbato il sonno del condomino abitante nel piano sottostante, ma non di altri che di nulla avevano avuto percezione e che nulla avevano lamentato.

Conseguenze della norma penale nel condominio

Da queste sintetiche osservazioni si può pervenire ad alcune conclusioni.

Se la fonte dei rumori - come ben argomentato nella recente sentenza - va individuato nel comportamento di un singolo condomino, percepibile e percepita solo dal proprietario di un immobile perché sito in prossimità del luogo dal quale il rumore stesso proviene, la condizione o presupposto della indeterminatezza delle persone lese, prima sancito dall'art. 659 c.p. ("persone") e, poi, confermato per via giurisprudenziale, non si realizza.

Allo stesso modo è da escludere l'operatività della norma nei confronti del condominio qualora la fonte sonora sia stata individuata nel cattivo funzionamento di un bene comune (ad esempio: un impianto di riscaldamento, l'ascensore, l'impianto di condizionamento), anche se le immissioni sonore interessino più persone.

Sul punto va, infatti, ricordato che la responsabilità penale è di carattere personale, mentre il condominio è un ente privo di personalità giuridica rappresentato dall'amministratore, il quale agisce a nome e per conto del medesimo.

Una eventuale responsabilità penale a carico dell'amministratore sarebbe configurabile non tanto se, malgrado i solleciti inviati dai condomini, egli non provveda, come previsto dalle attribuzioni legate al mandato conferitogli, ad eliminare le immissioni provenienti dai beni comuni (in questo caso, infatti, sarà l'assemblea a decidere se revocare o meno il mandato), quanto piuttosto se, accertata in via giudiziale che la causa del disagio sia attribuibile al condominio con conseguente emissione di un provvedimento del giudice che abbia prescritto una misura cautelare, l'ordine sia rimasto privo di esecuzione.

In tale ipotesi si realizzerebbe la fattispecie prevista dall'art. 388, co. 2, c.p. avente ad oggetto la "mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice" in merito alla elusione dell'esecuzione di un provvedimento del giudice civile ovvero amministrativo o contabile, che "… prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito".

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Immissioni e tutela civilistica

L'art. 844 c.c., collocato tra le disposizioni riguardanti la proprietà, è applicabile anche negli edifici in condominio qualora il condomino, nel godimento della propria unità immobiliare, dia luogo ad immissioni moleste o dannose che interferiscono con la proprietà altrui, a condizione che queste superino il valore della normale tollerabilità, siano valutate in relazione alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari.

Quando si entra nel terreno minato delle immissioni condominiali è evidente che le fonti sonore dalle quali promanano odori, rumori, scotimenti e quant'altro sono le più disparate e, per altro verso, come già rilevato, se al fine di una responsabilità penale valgono i rilievi precedenti, per quanto concerne la responsabilità civile, sempre collegata all'art. 844 c.c. i principi sono del tutto differenti.

Viene meno la distinzione se l'immissione sia percepita da un solo condomino (come, ad esempio, nel caso concernente la sentenza n. 2071/2024 della Corte di cassazione penale) piuttosto che da tutti o parte dei condomini, mentre assume rilevanza il fatto stesso della permanenza di rumori molesti che, se accertati, sono alla base di un provvedimento che ordini la cessazione del comportamento lesivo, ovvero che condanni il responsabile all'esecuzione degli interventi necessari per porre fine alla situazione nonché alla condanna del responsabile, privato o condominio nonché - ove richiesto - al pagamento del risarcimento dei danni patiti.

Riconoscimento che, ovviamente, non si sottrae all'applicazione dell'art. 2697 c.c., mentre l'accertamento della sussistenza delle immissioni potrebbe richiedere, nei casi tecnicamente complessi, anche l'esperimento di una consulenza tecnica d'ufficio.

La giurisprudenza in materia è sicuramente più che abbondante, vastissima, segno che ricorrere all'azione civile è il mezzo giuridicamente corretto per far valere i propri diritti in questo campo.

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