Bisogna ricordare che commette il reato di disturbo della quiete pubblica chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici; il colpevole è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a trecentonove euro (art 659 c.p.).
Si noti che per la configurabilità della contravvenzione in questione non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che il disturbo venga arrecato a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche se raccolte in un ambito ristretto, come, ad esempio in un condominio.
Il reato di disturbo della quiete pubblica in condominio
In particolare perché ricorra tale figura di reato è necessario che le immissioni rumorose abbiano la capacità di propagarsi all'interno dell'intero stabile condominiale, arrecando così potenziale disturbo ad un numero indeterminato di persone, costituite dai condomini residenti e da chiunque altro si trovi in quel frangente nell'immobile, e non soltanto agli occupanti degli appartamenti ubicati in prossimità del locale destinato a bar (Cass. pen., sez. I, 01/03/2018, n. 9361).
La circostanza che solo alcuni dei soggetti potenzialmente lesi dalle emissioni sonore se ne siano lamentati non esclude la configurabilità del reato allorquando sia stata accertata l'idoneità delle stesse ad arrecare disturbo non solamente a un singolo ma a un gruppo indeterminato di persone, quali gli abitanti nel medesimo condominio, con la conseguente incidenza della condotta sulla tranquillità pubblica e la lesione dell'interesse protetto dalla disposizione, che è costituito, appunto, dalla quiete e dalla tranquillità pubblica.
In applicazione di tali principi generali si è pertanto ritenuto che laddove l'attività di disturbo si verifichi all'interno di un edificio condominiale, perché possa essere integrato il reato non basta che i rumori arrechino disturbo o "siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti gli appartamenti inferiori o superiori rispetto alla fonte di propagazione, ma occorre una situazione fattuale di rumori atti a recare disturbo ad una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, poiché solo in questo caso può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica (così, Cass. pen., Sez. I, 14/10/2013, n. 45616).
In ogni caso - come ha recentemente evidenziato la Cassazione - va considerato che l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale ben può fondare il proprio convincimento sugli elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete, non limitato agli appartamenti attigui alla fonte rumorosa, derivando in tal caso l'affermazione di responsabilità sia dall'entità del superamento del differenziale consentito a seguito dell'accertamento compiuto dall'appartamento ubicato al piano superiore, sia dalle deposizioni di soggetti altrove residenti (Cass. pen., sez. III, 10/05/2023 n. 19594).
Verbale assembleare e prova della commissione del reato di disturbo della quiete pubblica: fatto e decisione
Il gestore di un'osteria, facente parte di un condominio, veniva sottoposto a procedimento penale per il reato di disturbo alla quiete pubblica.
In particolare, l'imputato veniva accusato di disturbare la quiete pubblica perché, oltre a diffondere in orario notturno musica ad alto volume (con grave pregiudizio degli abitanti della zona cui veniva impedito il riposo), ometteva di intervenire nei confronti di numerosi avventori che stazionavano nei pressi del locale e che schiamazzavano sino alla prime ore del mattino.
Tale situazione si era protratta per diversi anni, tanto è vero che, in un verbale dell'assemblea del condominio si dava atto della richiesta dei condomini di segnalare alla polizia municipale i rumori e gli schiamazzi provenienti dal locale.
Nel corso del procedimento molti condomini (e un brigadiere) confermavano la prolungata esistenza di rumori e schiamazzi provenienti dal locale. Il Tribunale condannava il gestore alla pena di 300 euro di ammenda, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 659 c.p.; successivamente la questione veniva rimessa alla Corte di Cassazione.
Nel ricorso il condannato, tra l'altro, notava che alcuni condomini, non avevano percepito alcun rumore molesto; inoltre sottolineava come la condanna, in assenza di accertamenti tecnici di misurazione dell'entità del rumore, si basasse solo su valutazioni di carattere soggettivo.
La Cassazione (sentenza n. 45262 del 16/09/2020) ha condiviso pienamente le conclusioni a cui è pervenuto il Tribunale. Ciò perché il giudice monocratico, per affermare la sussistenza del reato contestato, si è basato non solo sulle dichiarazioni contenute nel verbale dell'assemblea del condominio ma anche sul pertinente richiamo a un numero non esiguo di dichiarazioni dei condomini, ciascuno dei quali ha confermato l'esistenza degli schiamazzi, pur risiedendo in abitazioni diverse, tutte, però, limitrofe al locale rumoroso.
Secondo i giudici supremi, quindi, nel caso esaminato non era necessario un accertamento fonometrico, essendo sufficienti le prove acquisite (cioè il verbale assembleare e le concordi testimonianze delle persone residenti vicino al locale).
In ogni caso, per tale reato l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, non può essere dichiarata in caso di reiterazione della condotta (nel caso esaminato i rumori intollerabili si erano manifestati per 3 anni), in quanto si configura, in tale evenienza, un'ipotesi di "comportamento abituale" che non consente il riconoscimento del beneficio.