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Rumori e responsabilità penale: una sentenza guida

Tranquillità pubblica, schiamazzi e discoteche: il punto della Suprema Corte di Cassazione. Quando scatta il reato di disturbo della quiete pubblica?
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

Schiamazzi, rumori e tramestii vari sono all'ordine del giorno nelle realtà condominiali.

Questa condotte sono illecite allorquando superano la soglia della normale tollerabilità, sino a sfociare nel reato vero e proprio quando si tramutano in ciò che si suole comunemente chiamare "disturbo della quiete pubblica". Sull'argomento sono stati versati fiumi d'inchiostro ma vale ugualmente la pena di spendere qualche altra parola a riguardo di questo delicato argomento.

La Corte di Cassazione, infatti, sembra aver emanato una pronuncia che potremmo definire una vera e propria sentenza guida sui rumori e la responsabilità penale.

L'arresto in commento è il numero 2258 del 2021 (udienza del 17 novembre 2020), con cui la Suprema Corte ha stabilito con chiarezza quando i rumori molesti possono sfociare nel penale.

Si tratta di una sentenza importante perché applicabile sempre, in ogni contesto, al di là della compagine condominiale.

Se l'argomento ti interessa, prosegui nella lettura: basteranno soli cinque minuti per aver chiara la portata della sentenza della Suprema Corte.

Il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone

Prima di passare all'analisi della sentenza in oggetto, è bene riportare brevemente il disposto della norma che è oggetto della pronuncia.

Secondo l'art. 659 del codice penale, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309 chi, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero ancora suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici.

Si applica la sola ammenda da 103 a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità pubblica.

Insomma: la norma penale sembra punire chiunque faccia rumore oltre i limiti di tolleranza. Sin da subito, però, salta all'occhio il riferimento alla pluralità di persone le cui occupazioni o il cui riposo siano disturbati.

È infatti proprio questa la caratteristica del reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (comunemente definito "disturbo della quiete pubblica"): la pluralità di individui che abbiano ricevuto nocumento dalle immissioni rumorose.

Disturbo della quiete pubblica: il caso posto agli ermellini

Ricorreva per Cassazione il legale rappresentante e amministratore di una discoteca che era stato condannato per il reato di cui all'art. 659 c.p. in quanto ritenuto responsabile di non aver adottato misure idonee ad impedire la propagazione di musica, rumori e schiamazzi.

Nel merito, il ricorrente si doleva dell'erronea applicazione dell'art. 659 c.p.: dall'istruttoria dibattimentale, infatti, non era emerso che fossero state più persone a dolersi dei rumori provenienti dalla struttura ma solo una famiglia composta da due individui (che erano poi i denuncianti persone offese).

In pratica, l'imputato riteneva che il Tribunale avesse erroneamente applicato l'art. 659, comma primo, cod. pen., in quanto aveva ritenuto che la molestia a una sola famiglia, composta da due persone, fosse sufficiente a integrare il reato, in contrasto con la prevalente giurisprudenza sulla necessità del disturbo ad un numero indeterminato di persone.

Schiamazzi e rumori: la decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte accoglie il ricorso ritenendo fondata la doglianza dell'imputato. L'aspetto più interessante della sentenza riguarda il percorso logico che consente di giungere a tale conclusione.

Secondo gli ermellini, nel reato previsto dall'art. 659 cod. pen. l'oggetto della tutela penale è dato dall'interesse dello Stato alla salvaguardia dell'ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale.

Il bene giuridico protetto viene offeso dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, cagionato mediante rumori, e cioè da suoni intensi e prolungati, di qualunque specie e natura, atti a determinare il turbamento della tranquillità pubblica, o da schiamazzi.

Schiamazzi e rumori: come tutelarsi se i vicini non ascoltano le nostre lamentele?

La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare.

Fatta questa necessaria premessa, la Suprema Corte ritiene di dover accogliere il ricorso in quanto dalla sentenza impugnata risultava che nel giorno oggetto del capo di imputazione la condotta avrebbe disturbato il riposo di un solo nucleo familiare composto da due persone.

Ciò è tuttavia insufficiente a far scattare la condanna perché, come indicato, l'evento di disturbo deve essere potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone.

Disturbo della quiete pubblica: i precedenti

La sentenza in commento (Corte di Cassazione, n. 2258/21) si pone nel solco del granitico insegnamento della giurisprudenza di legittimità.

Schiamazzi notturni all'esterno del locale? La colpa è del gestore

Secondo i precedenti arresti, per integrare il reato di cui all'art. 659 c.p. è necessario che il fastidio non sia limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa (Cass., sent. n. 23529 del 13/05/2014) o agli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di propagazione (Cass., sent. n. 45616 del 14/10/2013), occorrendo invece la prova che la propagazione delle onde sonore sia estesa quanto meno ad una consistente parte degli occupanti l'edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed una idoneità a turbare la pubblica quiete.

Ancora, affinché i rumori del vicino facciano scattare la condanna penale non è necessaria né la vastità dell'area interessata dai rumori né il disturbo di un numero rilevante di persone (Cass., sent. n. 18521/2018), essendo sufficienti fastidi idonei a danneggiare un gruppo indeterminato di persone anche se conviventi in spazi ristretti, come i condòmini.

Non sfuggono a ripercussioni penali neanche l'iracondo che, urlando e rompendo vetri e oggetti, attiri l'attenzione dei passanti in strada (Cass., sent. n. 9361/2018) o il responsabile di una palestra che animi gli allenamenti con musica ad alto volume (Cass., sent. n. 17124/2018).

Secondo altra pronuncia (Cass., sent. 9 ottobre 2020, n. 33708), bastano anche solo tre condòmini disturbati per far scattare il reato di rumori molesti.

Sentenza
Scarica Cass. 17 novembre 2020 - 20 gennaio 2021 n. 2258
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