Vivere in condominio non è facile, soprattutto se le unità immobiliari sono numerose e gli inquilini irrequieti. Di fatto, chi abita in condominio si trova a dover affrontare una convivenza forzata, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di possibili litigi e controversie.
Non è un caso se le aule dei tribunali sono piene di vertenze che riguardano conflitti tra condòmini, la maggior parte dei quali inerenti a immissioni moleste, sconfinamenti di proprietà e perfino qualche reato, come le minacce e lo stalking.
Strategie efficaci per gestire i vicini disturbatori
Da un punto di vista giuridico, il miglior modo di tutelarsi è quello di bussare alle porte della giustizia per ottenere un provvedimento del giudice. Questa strada, però, non è sicuramente la più breve e nemmeno la più economica.
Ecco allora che, per far desistere i vicini dal reiterare le proprie condotte illecite, è possibile invitarli bonariamente a cessare dalle loro azioni in modo da risolvere la situazione in maniera amichevole.
Di certo, però, è più facile a dirsi che a farsi. Potrebbe risultare utile anche un tentativo di mediazione, così da coinvolgere una terza persona per placare gli animi. Infine, per le condotte più gravi, cioè la possibilità di sporgere denuncia innanzi all'autorità competente. Vediamo dunque quali sono gli strumenti per affrontare i vicini molesti.
Come redigere una diffida contro i comportamenti molesti
Il primo passo per affrontare i vicini molesti è quello di inviare loro una formale comunicazione scritta con cui si invita a rispettare le regole e a non infrangerle in futuro.
E così, se il vicino urla di notte, non rispetta le fasce di silenzio, cucina con le finestre aperte in modo che gli odori giungano negli appartamenti limitrofi oppure si macchia di altre condotte illecite, si può pensare di inviare una diffida formale.
L'atto può essere preparato dal diretto interessato oppure da un avvocato. Da un punto di vista giuridico, non c'è differenza tra la lettera scritta da un legale e quella preparata dal diretto interessato: in entrambi i casi, il valore di avvertimento sarà lo stesso.
È ovvio, però, che la diffida redatta e sottoscritta da un avvocato non solo potrà essere più dettagliata e precisa nei riferimenti giuridici ma potrà incutere maggior "timore" al destinatario, il quale comprenderà che chi l'ha inviata non è disposto a tollerare oltre e che è già assistito da un difensore.
La diffida deve contenere espressamente l'invito a cessare dal reiterare la propria condotta molesta, pena il ricorso all'autorità giudiziaria competente.
Vicini molesti: quando coinvolgere l'amministratore?
Se i vicini arrecano molestia e si vive in condominio, l'amministratore può essere coinvolto se la condotta illecita coinvolge anche una parte comune del condominio oppure viola il regolamento.
In altre parole, l'amministratore è tenuto a intervenire solo se il comportamento incivile degli inquilini tocchi una delle sue competenze; in caso contrario, egli non potrà essere coinvolto nella vicenda, nel senso che non gli si potrà chiedere di intervenire per redarguire il condomino molesto.
E così, se uno degli inquilini imbratta le parti comuni (cortile, androne, pianerottolo, ecc.) oppure non rispetta le fasce di silenzio stabilite nel regolamento, allora l'amministratore dovrà intervenire per chiedere il rispetto delle norme condominiali, magari provvedendo egli stesso a inviare una lettera di diffida oppure comminando una multa qualora il regolamento gliene dia facoltà.
In tutte le altre ipotesi, quando la molestia è arrecata solo al vicino (il quale, ad esempio, non riesce a dormire di notte perché l'inquilino del piano di sopra è particolarmente rumoroso), allora l'amministratore non avrà alcuna competenza a riguardo.
La mediazione per affrontare i vicini molesti
Se la lettera di diffida non sortisce effetti, prima di adire il giudice si potrà tentare la via della mediazione. In ambito condominiale la mediazione è obbligatoria in caso di liti condominiali che derivano dal mancato rispetto o dall'errata applicazione delle norme del Codice civile relative al condominio, come ad esempio:
- esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea dei condomini;
- uso delle cose comuni;
- riscossione dei contributi ed erogazione delle spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio;
- rendiconto della gestione;
- mancato pagamento dei compensi professionali in favore dell'amministratore.
La mediazione è obbligatoria anche tutte le volte in cui si agisce per la violazione del regolamento condominiale.
Restano invece escluse dalla mediazione obbligatoria le questioni di vicinato, quelle cioè che riguardano i rapporti tra i proprietari, ossia le proprietà private. È il caso, appunto, del vicino molesto perché ascolta la tv a tutto volume.
Mentre sono soggette al procedimento di mediazione le liti tra condominio e condòmini e quelle tra questi ultimi e l'amministratore, ne restano invece escluse le controversie in cui il condominio venga a contrapporsi ad un soggetto terzo: si pensi al debitore del condominio (ad esempio, l'appaltatore che non ha terminato i lavori).
Nel caso di azione di risarcimento danni (si pensi all'infiltrazione d'acqua) la mediazione è obbligatoria solo quando una delle due parti è il condominio; invece, quando la causa dell'infiltrazione è un appartamento privato, non vertendosi più in ambito condominiale, la mediazione non è più necessaria.
In ogni caso, anche quando la mediazione non è obbligatoria perché riguarda liti tra condòmini e, quindi, tra proprietà private, potrebbe valere la pena di tentare con questo strumento di conciliazione prima di giungere in giudizio.
Lo stesso dicasi quando i vicini molesti non abitano in condominio. In un caso del genere la mediazione non è obbligatoria ma si può comunque pensare di adire questa strada per non giungere in tribunale.
L'azione giudiziaria contro i vicini molesti
Se diffide, avvertimenti dell'amministratore e mediazione non hanno sortito effetti, non resta che agire in giudizio contro i vicini molesti.
L'azione civile dovrà essere calibrata a seconda della richiesta: ad esempio, nel caso di immissioni di qualsiasi tipo (sonore, olfattive, ecc.), bisognerà chiedere al giudice l'applicazione dell'art. 844 del codice civile e, di conseguenza, l'ordine di cessare la molestia e di risarcire i danni patiti.
Nell'ipotesi invece di occupazione illegittima della proprietà privata, bisognerà chiedere al giudice la restituzione di ciò che è proprio.
Procedura per sporgere querela contro i vicini disturbatori
Nei casi più gravi, si possono affrontare i vicini molesti promuovendo un'azione penale in piena regola. Alcune condotte possono infatti costituire reato oltre che rappresentare una violazione delle norme del vivere civile.
Ad esempio, secondo la Corte di Cassazione (sentenza del 9 ottobre 2020, n. 33708), bastano tre condòmini disturbati per far scattare il reato di rumori molesti (art. 659 cod. pen.). Per i giudici, infatti, non è necessario che tutto il vicinato percepisca le immissioni acustiche provenienti dall'appartamento del condomino per far integrare il reato.
Altro reato che può essere commesso in condominio è quello di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.). Lo stalking diventa condominiale quando una persona è vittima di una sistematica ed ininterrotta serie di condotte moleste, rese ancor più intollerabili dalla forzosa comunione condominiale che facilita l'insorgere di uno stato d'ansia e di un fondato timore di irriducibile e continua esposizione agli atti persecutori altrui.
In pratica, le molestie e le minacce ripetute nel tempo, quando commesse in condominio, si trasformano facilmente in stalking, in quanto la convivenza forzata nello stesso edificio rende ancora più intollerabili le angherie subite, favorendo la produzione di uno di quegli eventi (lo stato d'ansia, il timore per la propria o l'altrui incolumità, la modifica della abitudini di vita) che connotano il reato di atti persecutori.
Secondo la Corte di Cassazione (Cass., sent. n. 3795 del primo febbraio 2021), scatta lo stalking condominiale per le ripetute azioni di disturbo compiute dal proprietario dell'appartamento al piano di sopra contro il titolare del pub sottostante.