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Rumori di tacchi e trascinamento di mobili: si può parlare di disturbo della quiete pubblica?

L'articolo 659 c.p. mira chiaramente a tutelare la tranquillità e la serenità della collettività, minacciata da schiamazzi e rumori molesti di qualsiasi tipo.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Accade molto spesso che un condomino decida di utilizzare strumenti musicali in modo "indiscriminato" producendo dannose immissioni intollerabili che interessano i vicini. Allo stesso modo non può certo definirsi raro il comportamento del condomino che "mette a palla" lo stereo, magari ascoltando brani creati soprattutto per discoteche e rave. Tale uso improprio dell'unità immobiliare in condominio (il discorso può riguardare anche un garage trasformato in discoteca) può procurare responsabilità anche penali per il colpevole.

In particolare è configurabile il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1 (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone), quando il fatto costitutivo dell'illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto al superamento di limiti di rumore. A tale proposito si segnala una recente decisione della Cassazione (19 gennaio 2024, n. 2071).

Rumori di tacchi, trascinamento di mobili e disturbo della quiete pubblica. Fatto e decisione

Due condomini venivano condannati alla pena di € 200,00 di ammenda ciascuno per aver commesso il reato di cui all'art. 659 c.p.; in particolare i condannati sono stati ritenuti colpevoli di aver provocato all'interno del loro appartamento (dalla fine dell'ottobre 2017 fino al 10.3.2018), nelle prime ore del mattino, emissioni rumorose (rumori causati da tacchi delle scarpe e da spostamenti di sedie o trascinamento di mobili sul pavimento), eccedenti la normale tollerabilità.

Gli imputati congiuntamente proponevano, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione.

In primo luogo i condomini notavano che gli unici soggetti che avevano lamentato rumori molesti provenienti dalla loro abitazione erano due vicine, entrambe residenti nell'appartamento sottostante al proprio all'interno del medesimo stabile, senza che nessun altro condomino avesse mai svolto proteste o denunce al riguardo.

Inoltre sostenevano che il disturbo in questione non era penalmente rilevante, inidoneo quindi a turbare le occupazioni di una cerchia indeterminata di soggetti. Del resto facevano presente come nessun accertamento fosse stato svolto in ordine all'idoneità o meno del rumore di diffondersi all'interno dello stabile, né alle sue caratteristiche, neppure essendo stato verificato se si trattasse di un'emissione costante o occasionale o ricorrente nel tempo.

In ogni caso contestavano l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui i rumori provenienti dall'appartamento degli imputati sarebbero stati "percepiti anche da altri condomini", trattandosi di risultanza mai emersa dall'espletata istruttoria, ribadendo che nessun altro soggetto residente nello stabile era mai stato sentito in dibattimento, né antecedentemente nel corso delle indagini e che nessuna lamentela proveniente da soggetti diversi dalle due denuncianti era stata acquisita agli atti.

La Cassazione ha accolto il ricorso e annullato la sentenza. Secondo i giudici supremi è evidente che il ticchettio dei tacchi delle scarpe, così come lo strusciamento dei mobili sul pavimento, per quanto fonte di disturbo per gli abitanti al piano inferiore, non possano propagarsi oltre l'unità immobiliare del piano inferiore, risultando pertanto insuscettibili di concreta percezione da parte degli altri soggetti residenti nella zona o comunque anche solo di altri condomini abitanti in appartamenti ubicati nel medesimo edificio condominiale.

In ogni caso - come evidenziato dalla Cassazione - alle dichiarazioni dei condomini dell'appartamento sottostante non si sono aggiunte quelle di nessun altro condomino dello stabile, né eventuali denunce o lagnanze di altri soggetti residenti in zona.

Urla, rumori di mobili e tacchi in condominio: quando la maleducazione diventa reato?

Considerazioni conclusive

Bisogna ricordare che commette il reato di disturbo della quiete pubblica chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici; il colpevole è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a trecentonove euro (art 659 c.p.).

Si noti che per la configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che il disturbo venga arrecato a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche se raccolte in un ambito ristretto, come, ad esempio in un condominio.

In particolare perché ricorra tale figura di reato è necessario che le immissioni rumorose abbiano la capacità di propagarsi all'interno dell'intero stabile condominiale, arrecando così potenziale disturbo ad un numero indeterminato di persone, costituite dai condomini residenti e da chiunque altro si trovasse in quel frangente nell'immobile, e non soltanto agli occupanti degli appartamenti ubicati in prossimità della fonte rumorosa (Cass. pen., sez. VI, 30/06/2022, n. 33713).

Nel caso esaminato i rumori presi in considerazione (di tacchi o trascinamento di mobili) sono risultati insuscettibili di concreta percezione da parte degli altri soggetti residenti nella zona o comunque anche solo di altri condomini abitanti in appartamenti ubicati nel medesimo edificio condominiale.

L'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori (come le deposizioni testimoniali) in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno idoneo ad arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete.

In ogni caso non si può escludere che le immissioni possano configurare un illecito civile ai sensi dell'art. 844 c.c., ma non valgono ad integrare la materialità della contravvenzione che, come detto, si perfeziona quando le emissioni hanno l'effetto di arrecare disturbo a una cerchia più ampia di persone, anche a prescindere da quelle che se ne siano in concreto lamentate.

Sentenza
Scarica Cass. pen. 19 gennaio 2024 n. 2071
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