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Panificio in condominio ed immissioni intollerabili: cosa si può pretendere dal giudice

In alcuni casi è possibile che i condomini molestati dalle immissioni “odorose” si rivolgano al Sindaco, soluzione che non sempre è praticabile. Vediamo per quale motivo.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Le norme sulle immissioni si applicano anche in tema di condominio, tanto nei rapporti tra unità immobiliari in proprietà esclusiva, quanto nei rapporti tra le unità immobiliari e le cose, i servizi e gli impianti di uso comune.

Qualora un condomino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini, il conflitto deve essere risolto secondo i criteri dettati dall'art. 844 c.c. secondo cui il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

In particolare, secondo un principio consolidato in giurisprudenza, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione e ad esercizio commerciale, il criterio dell'utilità sociale - che è alla base dell'art. 844 c.c. - impone di privilegiare, alla luce dei principi costituzionali (v. cost. art. 14, 31, 47) le esigenze personali di vita connesse all'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali (si veda la "storica" Cass. civ., sez. II, 15/03/1993, n. 3090).

Panetteria, immissioni insopportabili e decisioni del giudice

Così, ad esempio, è possibile che una panetteria presente in un locale facente parte di un caseggiato produca odori insopportabili per gli altri condomini che vivono nel palazzo.

Se la questione viene sottoposta al giudice, la domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole, senza essere in alcun modo vincolato nella scelta del rimedio migliore (Cass. civ., sez. II, 06/02/2020, n. 2757).

Così, ad esempio, un giudice di merito ha condannato i titolari del panificio ad adottare tutte le misure più idonee ad impedire il perpetrarsi dell'illecito tramite la realizzazione di un impianto autonomo di aerazione forzata dotata di estrattore aria centrifugo, con sezione filtrante e canali di estrazione dell'aria esausta; per quanto riguarda i rumori della saracinesca ha ordinato ai convenuti di adottare una delle tre proposte soluzioni: mettere in atto interventi manutentivi o sostitutivi sulla parte meccanica della serranda; adottare metodi antintrusione alternativi all'utilizzo quotidiano della serranda; procedere all'apertura di un accesso pedonale alternativo al laboratorio nel lato vano scala o nel cortile, da utilizzare in orario notturno (Trib. Asti 16 giugno 2020, n. 311).

Danno da immissioni rumorose e legittimazione dell'amministratore

L'intervento del sindaco

In una vicenda recente, il Tar Lazio ha valutato la legittimità dell'ordinanza con cui il Sindaco di un Comune, ai sensi degli artt. 30 d. lgs. n. 285/92 e 50 comma 5 d. lgs. n. 267/00, ha ordinato al titolare di una panetteria in un condominio di "effettuare nell'immediatezza tutte le attività e/o accorgimenti tecnici necessari per risolvere le situazioni di disagio che i fumi di cottura provocano ai condomini, dando corso a tutto quanto necessario al fine di tutelare l'incolumità, l'igienicità e la salubrità delle persone e cose".

Il panettiere si è rivolto al Tar sostenendo l'illegittimità del provvedimento impugnato in quanto contenete un ordine generico ed incomprensibile, fondato su un atto estrapolato da un accertamento condotto da altra autorità e sfociato in tutt'altro provvedimento volto a conseguire un risultato da considerare non di competenza pubblica.

Il Tar ha dato ragione al ricorrente, evidenziando l'incompetenza del Sindaco ad emanare l'atto impugnato per l'assenza di una situazione, a tal fine, legittimante.

Secondo il Tar il riferimento dell'atto impugnato al "pericolo per la pubblica e privata incolumità" induce a ritenere che l'ordinanza sia stata emanata in attuazione dell'art. 50 comma 5 d. lgs. n. 267/00 (mentre il richiamo all'art. 30 d. lgs. n. 285/92 è risultato non pertinente).

Tuttavia presupposto per l'adozione dell'ordinanza è il pericolo per l'incolumità pubblica dotato del carattere di eccezionalità, tale da rendere indispensabili interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell'imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato: tale pericolo però non può essere riconducibile alla segnalazione pervenuta nella fattispecie al Comune la quale potrà, se del caso, giustificare la tutela degli interessati davanti al giudice ordinario.

Come ha notato lo stesso Tar, la situazione di fatto posta a fondamento del provvedimento impugnato (l'emissione di fumi e fuliggine) ha riguardato due soli appartamenti situati al primo piano del caseggiato.

Secondo i giudici amministrativi tale situazione non costituisce certo quel pericolo per la pubblica incolumità o le ipotesi di "emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale", "urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana" alla cui sussistenza l'art. 50 comma 5 d. lgs. condiziona l'esercizio del potere sindacale di adottare ordinanze extra ordinem di necessità ed urgenza (Tar Lazio, sez. II bis, 10/11/2023).

Naturalmente il Comune e una condomina (controinteressata), in quanto soccombenti, sono stati condannati al pagamento delle spese legali.

Sentenza
Scarica TAR_Lazio_10_novembre_2023_n._13416
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