L'azione ex art. 844 c.c. è promossa dal proprietario per ottenere la cessazione dei rumori intollerabili da parte del vicino e non è equiparabile all'azione promossa dal Condominio per ottenere il rispetto delle norme del Regolamento condominiale che vietino rumori molesti.
Questo l'esito riportato nella sentenza della Corte d'Appello di Firenze n. 1233 del 17 giugno 2021.
Immissioni illecite e divieti di attività rumorose nel regolamento: la pronuncia
Alcuni condòmini citano in giudizio la Cooperativa Beta, proprietaria dei locali sottostanti i loro appartamenti, perché ritengono che in detti locali venga esercitata un'attività commerciale vietata dal Regolamento condominiale.
Infatti, affermano i condòmini attori, la Alfa Srl ha ricevuto in locazione le unità dalla Cooperativa Beta e nei medesimi gestisce un bar.
Posto che il Regolamento condominiale, predisposto dalla società costruttrice dell'edificio, trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Arezzo e menzionato negli atti di acquisto - tanto quelli dei condòmini attori, quanto quello della Cooperativa Beta - prevede che tutte le unità immobiliari, senza esclusioni, non possano essere destinate "(...) a gabinetto di cura per malattie infettive e contagiose, sedi di partito o sindacali o di associazioni, ritrovi, scuole in genere (e in particolare di musica, canto e ballo) e a qualsiasi uso che produca rumori molesti" e che "(...) è vietato suonare, cantare, ballare, tenere la radio, la televisione, impianti di diffusione sonora in genere a volume troppo alto soprattutto prima delle ore 9.00, nonché dalle ore 14.00 alle 16.00 e dopo le ore 22.00 (...)", i condòmini sostengono che l'attività di bar gestita dalla Alfa Srl crei rumori molesti e sia pertanto una violazione del Regolamento condominiale, al rispetto del quale sono tenuti anche i conduttori dei singoli condòmini.
Pertanto, i condòmini chiedono la condanna della Cooperativa Beta a far cessare la predetta attività ed a risarcire tutti i danni subìti.
La Cooperativa Beta si costituisce, affermando di non avere alcuna responsabilità in ordine alla condotta, semmai imputabile ad Alfa Srl quale conduttrice dei locali e chiede di chiamare costei in manleva.
Costituitasi anche la Alfa Srl, questa nega di produrre rumori intollerabili, deducendo contemporaneamente di aver avviato lavori per insonorizzare i locali e che gli stessi non sarebbero stati portati a termine a causa dell'ostruzionismo dei condòmini attori ed il diniego opposto da costoro all'ingresso alle proprie unità per l'esecuzione dei menzionati lavori. In via riconvenzionale, Alfa Srl chiede che la Cooperativa Beta sia condannata, laddove si accertasse che i locali concessi in locazione non erano destinabili a bar, al risarcimento dei danni nonché la condanna dei condòmini per i danni, anche all'immagine, provocati dal comportamento ostruzionistico.
Il Tribunale di Arezzo, accogliendo la domanda dei condòmini, afferma che:
- a fronte dell'istruttoria espletata, sia documentalmente che a mezzo di testimoni, risulta provato il bar gestito da Alfa Srl crei rumori molesti ed eccessivi, dato che lo stesso bar è risultato essere diventato un luogo di ritrovo, con stazionamento degli avventori in una zona ad esso antistante, con eventi sino a tarda notte, con un numero elevato di clienti e musica ad alto volume, il tutto provato anche dalle numerose denunce dei condòmini attori e dai verbali di intervento dei Carabinieri, nonché da un provvedimento del Sindaco volto a contenere i rumori e riportarli nei limiti di legge;
- l'azione promossa dai condòmini non è da qualificare come riconducibile all'art. 844 c.c. (immissioni), bensì come azione dei singoli condòmini volta alla tutela del Regolamento condominiale;
- per valutare se i rumori prodotti dal bar gestito dalla Alfa Srl siano o meno in violazione del Regolamento non è affatto necessario fare riferimento alla nozione di 'immissione intollerabile', prevista dall'art. 844 c.c., così disponendo una CTU fonometrica che misuri, letteralmente, il volume dei rumori prodotti, in quanto la qualificazione di rumore «molesto», indicata nel Regolamento, indica un grado di fastidio inferiore rispetto a quello insito nella qualificazione intollerabile, laddove quest'ultima connota rumori che non si possono fisicamente sopportare, i quali raggiungono un livello tale da essere pericoloso per la salute di chi li subisce, mentre i rumori molesti arrecano un fastidio senz'altro inferiore, ma ciò non esclude che essi siano comunque vietati, essendosi tutti i condòmini impegnati ad evitarli, tramite l'accettazione del Regolamento condominiale;
- circa la responsabilità della Cooperativa Beta, quale condòmina, nei confronti degli altri condòmini, essa è chiara: infatti, secondo il Tribunale, la Cooperativa Beta avrebbe dovuto indurre la propria conduttrice, Alfa Srl, a cessare le violazioni del Regolamento e, nonostante la Cooperativa Beta abbia dato prova di aver intimato una diffida stragiudiziale alla conduttrice, al mancato adempimento della stessa, avrebbe dovuto prendere provvedimenti, anche ponendo termine al contratto di locazione; siccome, afferma il Giudice, la Cooperativa Beta ha preferito continuare a ricevere i canoni, in danno di coloro che continuano a ricevere le molestie illegittime della conduttrice, merita la sanzione consistente nell'ordine di cessare l'attività molesta;
- il danno lamentato dai condòmini va riconosciuto, in quanto, ogni qual volta era stato violato il Regolamento condominiale, con l'emissione di rumori molesti, si era corrispondentemente compresso quel pieno godimento del bene (immobile) che era connaturato al diritto di proprietà; di qui, la liquidazione, in via equitativa, in difetto di facile ed agevole dimostrazione empirica del quantum del danno, di Euro 4.000,00 per ciascun condòmino attore a carico della Cooperativa Beta;
- a fronte dell'accertata violazione del contratto di locazione da parte di Alfa Srl, in quanto la stessa si era impegnata, nel medesimo contratto, a rispettare le norme del Regolamento condominiale, il Giudice condanna la stessa Alfa Srl a tenere indenne la Cooperativa Beta, locatrice, da qualsiasi conseguenza pregiudizievole in ordine alle condotte accertate nel presente giudizio, mentre è da rigettare la domanda riconvenzionale di Alfa Srl, per la medesima argomentazione, cioè perché Alfa Srl, accettando il Regolamento, sapeva ciò che poteva fare e fin dove poteva spingersi - quindi, tutte le somme, anche processuali, che la Cooperativa Beta è stata condannata a pagare ai condòmini sono in realtà imposte in manleva alla Alfa Srl.
Alfa Srl interpone appello, basando le proprie censure alla pronuncia di I° principalmente sulla circostanza per cui il Tribunale avrebbe errato, non considerando né qualificando la fattispecie come ricadente nella sfera dell'art. 844 c.c., così omettendo la CTU fonometrica e le considerazioni in ordine al volume dei rumori prodotti, all'area su cui insisteva il palazzo (area a destinazione commerciale e residenziale con intensa attività umana).
In realtà, Alfa Srl svolge un'eccezione che parte dall'interpretazione del Regolamento condominiale, sostenendo che lo stesso contiene divieti di due tipologie diverse: rileggendo la parte di Regolamento (già riportata sopra) che è stata applicata dal Giudice di prime cure, Alfa Srl sostiene che sussista un primo divieto, rivolto unicamente alle unità immobiliari destinate ad abitazione, le quali potevano essere destinate unicamente ad abitazioni civili, uffici, studi professionali, ambulatorio medico, se consentito dalla normativa tecnica del regolamento comunale, mentre il secondo divieto, applicabile esclusivamente alle unità immobiliari non aventi destinazione di tale tipo - tra le quali, evidentemente, anche i locali ricevuti in locazione dalla Cooperativa Beta - prescriveva di evitare di destinare l'immobile a, per quello che qui ci interessa, 'ritrovo' ed a 'qualsiasi uso che produca rumori molesti'.
Secondo Alfa Srl, il primo Giudice ha errato perché i locali ricevuti in locazione dalla Cooperativa Beta ricadevano unicamente sotto il secondo divieto. Facendo detto divieto riferimento alla nozione, alquanto vaga, di «rumore molesto», secondo Alfa Srl non si poteva prescindere da una valutazione riguardo la destinazione urbanistica dell'immobile - di qui, l'argomentazione circa la zona commerciale/residenziale di cui sopra svolta da Alfa Srl.
Immissioni illecite e violazione del regolamento: la decisione della Corte d'Appello di Firenze
Ritiene il giudice d'appello che il Regolamento condominiale fosse chiaro nel disporre che «è vietato suonare, cantare, ballare, tenere la radio, la televisione, impianti di diffusione sonora in genere a volume troppo alto soprattutto prima delle ore 9.00, nonché dalle ore 14.00 alle 16.00 e dopo le ore 22.00» e che tale divieto, a prescindere dalla qualificazione urbanistica delle singole unità immobiliari, si applicasse in via generale a tutti i condòmini ed ai loro aventi - causa - tra i quali i conduttori, come era Alfa Srl.
Rispetto alla differenza tra "rumore molesto" e "rumore intollerabile", la Corte conferma quanto enucleato dal Giudice di I° circa la differenza tra i rumori sanzionati dal Regolamento condominiale in esame e quelli previsti, sub specie di immissioni, dall'art. 844 c.c., con esclusione dell'applicazione di questa norma.
Ribadisce la Corte, pertanto, che la previsione regolamentare era più restrittiva di quella di cui all'art. 844 c.c., norma, quest'ultima, che sarebbe stata applicabile laddove i condòmini attori avessero agito nei confronti dei proprietari dei locali sottostanti i loro appartamenti per ottenere l'accertamento delle immissioni rumorose che superassero la normale tollerabilità, nel quale caso il Giudice avrebbe dovuto acquisire CTU fonometrica.
Quindi, il semplice verificarsi dei rumori indicati nel Regolamento, negli orari in cui vigeva il divieto quivi previsto, integrava la violazione dello stesso, senza necessità di scendere nell'esame della qualità del rumore.
Azione per immissioni illecite e tutela rafforzata del regolamento contro le attività rumorose
Molto spesso, i condòmini si rivolgono all'Amministratore condominiale per vedere cessare le immissioni, di qualsiasi tipo (rumori, odori, etc.) provenienti dalle unità immobiliari di altri condòmini, anche locate a terzi.
In questi casi, l'Amministratore spiega loro di avere le mani legate, laddove si intenda contestare l'immissione in sé e per sé, quindi laddove si lamenti che, come previsto dall'art. 844 c.c., uno o più condòmini propaghino fumo, calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili alle unità immobiliari di altri condòmini in modo tale da superare la normale tollerabilità delle suddette immissioni, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Infatti, si tratta, a ben vedere, di questione che attiene una molestia che una proprietà solitaria subisce a cagione della condotta di un'altra proprietà solitaria, quindi di questione tra privati che non coinvolge i beni o i servizi comuni.
La questione sarebbe già differente laddove le immissioni, pur generate da un singolo condòmino, andassero ad invadere, superando la normale tollerabilità, le parti comuni, poiché in tale caso l'Amministratore avrebbe potere di azione, in quanto tutore delle stesse ai sensi dell'art. 1130, n. 4), c.c.
La questione è del tutto diversa, invece, come accaduto nel caso aretino che abbiamo esaminato, qualora la condotta che porta alla generazione delle immissioni integri anche una violazione di norma dettata dal Regolamento condominiale.
Attenzione, però, non di ogni regolamento; nel caso di specie, ci si riferisce più volte alla natura contrattuale del Regolamento del Condominio, in quanto predisposto dall'originario costruttore ed accettato, per richiamo, dai singoli condòmini negli atti di vendita nonché trascritto, così da essere opponibile anche ai successivi acquirenti.
In materia, la Cassazione si esprimeva in questi termini già nei primi anni 2000, affermando che sono legittime le norme del Regolamento condominiale che contengano restrizioni alle facoltà inerenti la proprietà esclusiva, purché il Regolamento abbia natura contrattuale, cioè sia stato accettato da tutti i condòmini e sia opponibile ai loro aventi - causa (ovvero, i futuri acquirenti degli immobili) e le disposizioni siano formulate, quanto ad eventuali divieti o restrizioni, in modo espresso e non equivoco, così da non lasciare spazio a dubbi circa contenuto e portata, potendo anche imporre limitazioni al godimento che superino i limiti previsti dalla legge (quali sono quelli della normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c.), cosicché, in questi casi, non si deve avere riguardo alla norma di legge che pone il limite, bensì valutare la situazione in base al limite superiore imposto dal Regolamento, che diviene norma di paragone della condotta valutata (Cassaz., 07 gennaio 2004, n. 23).
Rammentiamo poi, per mera precisione, che la Cassazione ha sempre affermato che non sussiste litisconsorzio necessario laddove il Condominio rivolga la richiesta di accertamento della violazione e cessazione della molestia nei confronti del solo condòmino proprietario dell'immobile - ciò vale a dire che il condòmino locatore, chiamato in giudizio, non è tenuto a citare il suo conduttore - mentre nel caso appena esaminato la Cooperativa Beta, locatrice, ha chiamato in causa la sua conduttrice Alfa Srl (così Cassaz. 29 ottobre 2003, n. 16240). A fronte di quanto deciso dai Giudici di I° e appello nel caso di specie è tuttavia evidente che la chiamata in manleva del conduttore si traduca in una garanzia per il locatore che, condannato per violazione del Regolamento, chieda di essere tenuto indenne dal conduttore, ma va rammentato che, laddove si accerti che la violazione non sussisteva, non essendo la chiamata in causa del conduttore necessaria, il locatore, pure vittorioso verso il Condominio, potrebbe essere condannato a rifondere le spese al conduttore che ha dovuto partecipare ad un giudizio invano.