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Barbecue e grigliate: il problema distanze legali ed immissioni intollerabili

Tale attività tipica della bella stagione non è così semplice per chi abita in condominio richiedendo anche verifiche preliminari.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In estate barbecue e grigliate in terrazza o in giardino sono quasi inevitabili. L'utilizzo del barbecue per le tipiche grigliate estive però non deve risultare sgradito e dannoso per gli altri condomini le cui abitazioni vengono inevitabilmente invase da fumi e odori dei vicini.

Le verifiche preliminari

Prima di procedere alla grigliata è necessario leggere attentamente il regolamento di condominio che può contenere una norma di natura contrattuale (accettata da tutti i condomini nei rogiti) che vieta espressamente l'uso di barbecue o ne impedisce indirettamente l'uso, vietando la cottura di cibi negli spazi pertinenziali privati.

Se esistono tali disposizioni è irrilevante che le immissioni di fumo siano tollerabili: infatti le grigliate sono di fatto proibite (anche al conduttore) e ogni condomino può pretendere, anche giudizialmente, il rispetto del regolamento. Se poi non esiste "l'ostacolo regolamento" si deve tenere conto dei regolamenti comunali (potrebbe essere impedita l'accensione di fuochi, di qualsiasi genere e anche in luoghi privati).

Barbecue e distanze legali

Se il barbecue utilizzato è costituito da un manufatto in muratura con annesso comignolo deve essere qualificato come forno e, conseguentemente, risulta applicabile l'art. 890 c.c. per il quale, per la costruzione di forni o camini nei pressi dei confini, si devono osservare le distanze stabilite dai regolamenti (comunali o di Ps) o, in mancanza, adottare le distanze sufficienti ad evitare pericoli alla solidità, salubrità e sicurezza.

Ciò sta a significare che per gli anzidetti manufatti vige una presunzione assoluta di nocività o pericolosità, superabile solo con l'adozione degli opportuni accorgimenti, ovviamente variabili in base alle situazioni concrete (Cass. civ., sez. II, 20/06/2017, n. 15246).

Per evitare conflitti non resta che contenere al massimo le conseguenze dell'uso di tali apparecchi che, anche se "mobili", devono rispettare la normativa sulle immissioni, nonché le norme sulle distanze e le eventuali rigorose prescrizioni contenute nei regolamenti comunali e condominiali.

Le immissioni intollerabili

Il comportamento dannoso del proprietario di unità immobiliare posta in edificio condominiale consistente nell'emissione di fumo prodotto dalla cottura di cibi alla brace sul proprio terrazzo, attribuisce al proprietario del limitrofo appartamento il diritto di chiederne la cessazione, qualora dimostri il superamento del limite di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c., dovendo, però, il giudice aver riguardo alla condizione dei luoghi, alle esigenze di vita ed alle abitudini della popolazione del luogo (Trib. Nocera Inferiore 17 luglio 2000).

Come è stato precisato, i fumi e gli odori provenienti dal barbecue, vista la vicinanza e le immissioni che la cottura è in grado di sviluppare, sono idonee a provocare un sensibile disturbo e disagio in un'abitazione privata e contribuiscono a deprimervi la qualità della vita, rendendo quindi applicabile la fattispecie di cui all'art. 844 c.c. (G.d.P. Torino 10 giugno 2010).

Tale disposizione precisa, tra l'altro, che le immissioni di fumo provenienti dal fondo del vicino, non possano superare la normale tollerabilità.

Non è necessario, però, aver provocato direttamente un danno, in quanto basta l'attitudine stessa dei fumi ad essere molesti, situazione che in ambito giudiziale, non deve necessariamente essere accertata mediante perizia, ben potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura (come eventuali dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle emissioni prodotte).

Si deve considerare, poi, che l'azione può essere esperita sia dal o contro il condomino, ma anche dal o contro l'inquilino.

In ogni caso, se le immissioni sono insopportabili e frequenti, il giudice può condannare il condomino proprietario del barbecue non solo all'adozione di misure idonee ad evitare immissioni sul fondo del vicino ma anche al ristoro dei pregiudizi non patrimoniali subiti dal danneggiato.

L'accertata esposizione ai fumi intollerabili, però, non costituisce di per sé prova dell'esistenza di un danno alla salute, la cui risarcibilità è subordinata all'accertamento dell'effettiva esistenza di una lesione fisica o psichica.

Così, in caso di immissioni di fumo eccedenti il limite della normale tollerabilità, è da escludersi che possa essere risarcito il danno non patrimoniale consistente nella modifica delle abitudini di vita del danneggiato, qualora difetti una specifica prospettazione di un danno attuale e concreto alla sua salute o di altri profili di responsabilità del proprietario del fondo da cui si originano le immissioni (Cass. civ., sez. II, 22/10/2022, n. 26882).

Spetta, quindi, al danneggiato provare di aver subito un effettivo pregiudizio in termini di disagi sofferti a seguito delle subite immissioni, potendosi a tal fine avvalersi anche di presunzioni gravi, precise e concordanti, sulla base, però, di elementi indiziari diversi dal fatto in sé dell'esistenza di immissioni di rumore superiori alla normale tollerabilità.

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