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Il regolamento di condominio può imporre che l'amministratore sia laureato?

I requisiti minimi per amministrare un condominio sono dettati dalla legge, nulla vieta che l'assemblea possa prevederne di più stringenti, purché non rappresentino un arbitrario esercizio del potere deliberativo.
Avv. Alessandro Gallucci 

Il regolamento condominiale, sia esso di origine assembleare o contrattuale, può prevedere requisiti più stringenti di quelli dettati dalla legge per l'assunzione dell'incarico di amministratore condominiale.

Ciò vuol dire che, ad esempio, il regolamento di condominio votato dalla maggioranza prescritta dalla legge (maggioranza dei presenti e almeno la metà del valore dell'edificio) può stabilire che l'amministratore condominiale sia in possesso di un diploma di laurea.

La questione che affronteremo parte dal quesito di un nostro lettore, che ci scrive così:

"Cari amici di Condominioweb, ho un dubbio. Il regolamento del condominio in cui vivo prevede tra i requisiti per svolgere l'incarico di amministratore di condominio che la persona individuata (anche se legale rappresentante di una società di gestione immobiliare) debba essere in possesso di diploma di laurea in materia economica, tecnica o giuridica.

Un mio vicino che portava il preventivo di suo cognato, persona con diploma di un istituto tecnico commerciale, ha detto che quella clausola è nulla perché il regolamento non può derogare la legge e quindi se il suo candidato non verrà preso in considerazione per via dalla mancanza del detto requisito, allora impugnerà la decisione.

Aggiungo che il regolamento è assembleare, approvato una decina d'anni fa al momento della prima assemblea costitutiva del condominio".

Requisiti per svolgere l'incarico di amministratore di condominio

Per tanti anni la legge non ha previsto alcun requisito particolare, se non la capacità giuridica (leggasi maggiore età) per svolgere l'incarico di amministratore di condominio. La legge n. 220/2012 ha colmato la lacuna, introducendo nelle disposizioni di attuazione del codice civile l'art. 71-bis.

La norma, infatti, ai fini dell'assunzione dell'incarico prevede che l'amministratore possegga dei requisiti di onorabilità e professionalità tra questi ultimi, da intendersi in senso lato, la norma testé citata specifica che possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio, coloro che "che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado" (art. 71-bis lett. f) disp. att. c.c.).

Tale requisito, specifica il secondo comma dell'articolo in esame non è necessario qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile. Idem per il caso di scelta dell'amministratore tra persone che abbiamo svolto la professionale per almeno tre anni a far data, andando a ritroso, dal 18 giugno 2013: in tal caso basta la licenza di terza media e non è necessario nemmeno il corso di formazione iniziale.

Sebbene l'art. 71-bis disp. att. c.c. non sia espressamente qualificato quale norma imperativa, più d'un addetto ai lavori la considera tale. Ricordiamo che secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono norme imperative quelle poste a tutela di preminenti interessi dall'ordinamento aventi contenuti sufficientemente specifici, precisi e individuati.

Tali caratteri sono fondamentali in quanto una disposizione negoziale (e nel nostro caso una clausola regolamentare) che fosse contraria ad una norma imperativa sarebbe sanzionata con la nullità, cioè l'espunzione dall'ordinamento giuridico per violazione dei preminenti interessi tutelati dall'ordinamento.

Sull'argomento dei caratteri fondamentali delle norme imperative e della nullità delle disposizioni ad esse contrarie, si veda Cassazione civile Sez. Un. 15 marzo 2022 n. 8472.

Al riguardo, sembra potersi concludere con sufficiente grado di certezza che i requisiti posti per lo svolgimento dell'incarico di amministratore di condominio rappresentano elementi di fondamentale importanza posti dall'ordinamento giuridico a tutela di preminenti interessi pubblici, quali tra gli altri la corretta gestione del patrimonio immobiliare, la regolare concorrenza tra i professionisti in quel mercato di riferimento e come tale da qualificare l'art. 71-bis disp. att. c.c. quale norma imperativa.

L'eccezione prevista dal secondo comma, quella riguardante i così detti amministratori interni (per altro afferente solo ai requisiti di professionalità), va letta nell'ottica della tutela dell'autogestione quale forma di estrinsecazione dell'esercizio del diritto di proprietà, bene costituzionalmente protetto ex art. 42 Cost.

Incarico amministratore a società e requisiti professionali

Regolamento di condominio e requisiti per svolgere l'incarico di amministratore

Tanto premesso in termini generali e considerata la natura imperativa dell'art. 71-bis disp. att. c.c. è possibile entrare nel dettaglio e motivare la risposta data in principio al quesito del nostro lettore.

L'art. 1138, primo comma, c.c. deve contenere norme relative all'amministrazione. Tra queste, nulla vieta che il regolamento possa occuparsi della persona dell'amministratore, meglio dei requisiti che l'amministratore deve possedere ai fini dell'assunzione dell'incarico. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto:

  1. dei limiti di cui al quarto comma dell'art. 1138 c.c.;
  2. dei limiti di cui all'art. 72 disp. att. c.c.
  3. delle norme imperative dettate dall'ordinamento.

In questo contesto, pertanto, pare consequenziale poter concludere che i regolamenti condominiali, siano essi di natura contrattuale o assembleare, non possono contrastare il contenuto di norme imperative (derogandole), ma nulla vieta che possano prevedere requisiti financo più stringenti (nel più c'è il meno), purché coerenti con la finalità posta dalla norma.

Così, ad esempio, sarebbe nulla, per oggetto impossibile e non per violazione di una norma imperativa, una decisione dell'assemblea che circoscrivesse la scelta dell'amministratore tra i soli laureati in lettere e filosofia, perché quel requisito sarebbe inconferente con la gestione dell'edificio, ovvero che vietasse l'amministrazione dello stabile a persone con età inferiore ad un determinata soglia.

La particolare natura della deroga prevista per gli amministratori interni sembra suggerire che il requisito più stringente (quello della laurea) possa essere previsto, ma da un regolamento contrattuale, posto che esso andrebbe a limitare una facoltà propria dell'esercizio del diritto di proprietà, quale diritto costituzionalmente tutelato, atteso che l'art. 71-bis disp. Att c.c. non è incluso tra le norme assolutamente inderogabili indicate dal quarto comma dell'art. 1138 c.c. e dall'art. 72 disp. att. c.c.

In nessun caso, infine, può essere considerata nulla la decisione di un'assemblea che deliberasse con le maggioranze prescritte dalla legge e senza la presenza di una clausola regolamentare la nomina di un amministratore in possesso di una laurea a discapito di un amministratore con il diploma di scuola secondaria di secondo grado, salvo il caso di eccesso di potere.

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