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Donazioni di quote ereditarie in comunione: quando sono nulle

Donazione di quote ereditarie e questioni giuridiche connesse.
Avv. Eliana Messineo - Foro di Reggio Calabria 

"La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo in favore di questa, di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione".

È quanto recita l'art. 769 c.c. che individua, quali elementi costitutivi della donazione: l'arricchimento del donatario e il depauperamento del donante, per spirito di liberalità: il c.d. "animus donandi" che consiste nella "consapevolezza dell'uno di attribuire all'altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione giuridica o morale".

Ne deriva che costituisce elemento necessario della donazione l'esistenza nel patrimonio del donante del bene che questi intende donare essendo il bene elemento costitutivo della donazione, poiché, è evidente, non si può realizzare la causa del contratto ossia l'incremento del patrimonio altrui e il depauperamento del proprio, se il bene è altrui.

La donazione di un bene altrui è nulla?

La donazione di un bene altrui deve, dunque, ritenersi nulla per difetto di causa.

La nullità della donazione di un bene altrui, a differenza della donazione di beni futuri che è specificamente sanzionata dall'art. 771 c.c., non è prevista dal codice civile, ma può desumersi dalla stessa disposizione di cui all'art. 769 c.c. da cui si evince chiaramente la necessità che il bene oggetto di donazione sia appartenente al donante poiché in mancanza, non può realizzarsi la causa tipica del contratto stesso.

D'altronde, l'art. 1325 c.c. individua tra i requisiti del contratto "la causa" e, ai sensi dell'art. 1418 secondo comma c.c., "la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325 c.c. produce la nullità del contratto".

Applicando tali disposizioni normative al contratto di donazione, è agevole dedurre il seguente corollario: se il bene non è presente nel patrimonio del donante (il bene è altrui) non si può realizzare la causa del contratto che è l'incremento del patrimonio del donatario e il depauperamento del patrimonio del donante e, dunque, la mancanza del requisito della "causa" (difetto di causa) comporta la nullità del contratto di donazione.

Affinché la donazione di un bene altrui sia valida ed efficace è necessario che l'altruità sia conosciuta dal donante e che tale circostanza risulti nell'atto pubblico ove il donante deve obbligarsi espressamente a procurare l'acquisto del bene dal terzo al donatario.

A queste conclusioni è pervenuta la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 5068 del 15 marzo 2016 alla quale è necessario far riferimento per rispondere all'interrogativo in epigrafe avendo essa compiuto una complessa ed articolata analisi sul tema della nullità della donazione di un bene altrui ed in particolare di donazione di quota ereditaria pro-indiviso, cristallizzata in un importante principio di diritto.

La donazione di un bene parzialmente altrui.

In base a quanto detto in qui, dal combinato disposto dell'art. 769 c.c. e degli artt. 1325 e 1418 secondo comma c.c., si giunge alla conclusione che la donazione di un bene altrui è nulla per difetto di causa, se il donante non assume, nell'atto pubblico, l'obbligazione di procurare l'acquisto del bene dal terzo al donatario.

Ma cosa accade, invece, nell'ipotesi in cui il bene da donare sia solo in parte altrui?

In tal caso, il singolo contitolare può validamente ed efficacemente disporre di un bene parzialmente altrui e, dunque, di una quota in comproprietà; possibilità questa, contemplata dal legislatore e segnatamente nell'art. 1103 c.c., secondo cui ciascun partecipante alla comproprietà può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota.

È il principio della piena disponibilità dei beni in comproprietà nei limiti della quota di titolarità del disponente che consente a questi di cedere e di donare la propria quota.

La donazione di quota indivisa di un bene facente parte di una massa ereditaria. Il concetto di bene "eventualmente altrui".

La questione si complica quando il bene in comunione fa parte di una massa ereditaria atteso che in tale caso il bene indiviso non è solo parzialmente altrui (come nel caso di comproprietà su un singolo bene ove il donante è contitolare del bene di cui può disporre nei limiti della sua quota), bensì anche "eventualmente altrui" (in tal caso, il donante che è un coerede, fino alla divisione della massa, è soltanto titolare di una quota di partecipazione alla comunione ereditaria e non del singolo bene).

È fondamentale ricordare un'importante distinzione: fino alla divisione della massa ereditaria, il coerede non può disporre, non della sua quota di partecipazione alla comunione ereditaria, bensì, per la sua quota, del singolo bene indiviso in comproprietà con gli altri coeredi.

È quanto si desume dall'art. 757 c.c., in base al quale, ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota (e non sul singolo bene che non può alienare sino a che non gli venga assegnato in sede di divisione).

Si parla di bene "eventualmente altrui" perché al pari del "bene altrui", il bene indiviso compreso nella massa ereditaria non è presente nel patrimonio del donante al momento dell'atto.

Fino alla divisione della massa ereditaria vi è, infatti, la possibilità che proprio quello specifico bene (di una pluralità di beni) non entri mai nella disponibilità del patrimonio del coerede; ne deriva che la quota sul singolo bene di una massa ereditaria non è differente dal bene altrui.

In conclusione, la posizione del coerede che dona la quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria non si distingue in nulla dalla donazione di qualsivoglia altro donante che al momento dell'atto disponga di un bene non incluso nel suo patrimonio (bene altrui).

Ne deriva che la donazione della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla al pari della donazione di bene altrui.

Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite.

"La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell'atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell'attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio.

Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante"."La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo in favore di questa, di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione".

È quanto recita l'art. 769 c.c. che individua, quali elementi costitutivi della donazione: l'arricchimento del donatario e il depauperamento del donante, per spirito di liberalità: il c.d. "animus donandi" che consiste nella "consapevolezza dell'uno di attribuire all'altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione giuridica o morale".

Ne deriva che costituisce elemento necessario della donazione l'esistenza nel patrimonio del donante del bene che questi intende donare essendo il bene elemento costitutivo della donazione, poiché, è evidente, non si può realizzare la causa del contratto ossia l'incremento del patrimonio altrui e il depauperamento del proprio, se il bene è altrui.

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La donazione di un bene altrui è nulla?

La donazione di un bene altrui deve, dunque, ritenersi nulla per difetto di causa.

La nullità della donazione di un bene altrui, a differenza della donazione di beni futuri che è specificamente sanzionata dall'art. 771 c.c., non è prevista dal codice civile, ma può desumersi dalla stessa disposizione di cui all'art. 769 c.c. da cui si evince chiaramente la necessità che il bene oggetto di donazione sia appartenente al donante poiché in mancanza, non può realizzarsi la causa tipica del contratto stesso.

D'altronde, l'art. 1325 c.c. individua tra i requisiti del contratto "la causa" e, ai sensi dell'art. 1418 secondo comma c.c., "la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325 c.c. produce la nullità del contratto".

Applicando tali disposizioni normative al contratto di donazione, è agevole dedurre il seguente corollario: se il bene non è presente nel patrimonio del donante (il bene è altrui) non si può realizzare la causa del contratto che è l'incremento del patrimonio del donatario e il depauperamento del patrimonio del donante e, dunque, la mancanza del requisito della "causa" ( difetto di causa) comporta la nullità del contratto di donazione.

Affinché la donazione di un bene altrui sia valida ed efficace è necessario che l'altruità sia conosciuta dal donante e che tale circostanza risulti nell'atto pubblico ove il donante deve obbligarsi espressamente a procurare l'acquisto del bene dal terzo al donatario.

A queste conclusioni è pervenuta la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 5068 del 15 marzo 2016 alla quale è necessario far riferimento per rispondere all'interrogativo in epigrafe avendo essa compiuto una complessa ed articolata analisi sul tema della nullità della donazione di un bene altrui ed in particolare di donazione di quota ereditaria pro-indiviso, cristallizzata in un importante principio di diritto.

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La donazione di un bene parzialmente altrui.

In base a quanto detto in qui, dal combinato disposto dell'art. 769 c.c. e degli artt. 1325 e 1418 secondo comma c.c., si giunge alla conclusione che la donazione di un bene altrui è nulla per difetto di causa, se il donante non assume, nell'atto pubblico, l'obbligazione di procurare l'acquisto del bene dal terzo al donatario.

Ma cosa accade, invece, nell'ipotesi in cui il bene da donare sia solo in parte altrui?

In tal caso, il singolo contitolare può validamente ed efficacemente disporre di un bene parzialmente altrui e, dunque, di una quota in comproprietà; possibilità questa, contemplata dal legislatore e segnatamente nell'art. 1103 c.c., secondo cui ciascun partecipante alla comproprietà può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota.

È il principio della piena disponibilità dei beni in comproprietà nei limiti della quota di titolarità del disponente che consente a questi di cedere e di donare la propria quota.

La donazione di quota indivisa di un bene facente parte di una massa ereditaria. Il concetto di bene "eventualmente altrui".

La questione si complica quando il bene in comunione fa parte di una massa ereditaria atteso che in tale caso il bene indiviso non è solo parzialmente altrui (come nel caso di comproprietà su un singolo bene ove il donante è contitolare del bene di cui può disporre nei limiti della sua quota), bensì anche "eventualmente altrui" (in tal caso, il donante che è un coerede, fino alla divisione della massa, è soltanto titolare di una quota di partecipazione alla comunione ereditaria e non del singolo bene).

È fondamentale ricordare un'importante distinzione: fino alla divisione della massa ereditaria, il coerede non può disporre, non della sua quota di partecipazione alla comunione ereditaria, bensì, per la sua quota, del singolo bene indiviso in comproprietà con gli altri coeredi.

È quanto si desume dall'art. 757 c.c., in base al quale, ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota (e non sul singolo bene che non può alienare sino a che non gli venga assegnato in sede di divisione).

Si parla di bene "eventualmente altrui" perché al pari del "bene altrui", il bene indiviso compreso nella massa ereditaria non è presente nel patrimonio del donante al momento dell'atto.

Fino alla divisione della massa ereditaria vi è, infatti, la possibilità che proprio quello specifico bene (di una pluralità di beni) non entri mai nella disponibilità del patrimonio del coerede; ne deriva che la quota sul singolo bene di una massa ereditaria non è differente dal bene altrui.

In conclusione, la posizione del coerede che dona la quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria non si distingue in nulla dalla donazione di qualsivoglia altro donante che al momento dell'atto disponga di un bene non incluso nel suo patrimonio (bene altrui).

Ne deriva che la donazione della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla al pari della donazione di bene altrui.

Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite.

"La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell'atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell'attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio.

Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante".

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