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Divisione beni condominiali: se e come è possibile?

È possibile chiedere la divisione dei beni condominiali giudizialmente oppure con il consenso di tutti i proprietari.
Avv. Marco Borriello 

I beni condominiali, si pensi a quelli elencati nell'art. 1117 cod. civ., sono naturalmente destinati a soddisfare una funzione comune. Ecco perché è lo stesso codice a sancire la regola di base secondo la quale essi non sono divisibili, poiché, contrariamente, tale funzione si perderebbe a discapito dell'interesse di tutti i proprietari "Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio (art. 1119 cod. civ.)".

Detto ciò, come si legge nella norma citata, la legge ammette, comunque, la possibilità che un bene condominiale possa essere diviso, precisando limiti e condizioni in presenza dei quali tale iniziativa sarebbe possibile.

Si è discusso di questo argomento nella recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 2616 del 29 gennaio 2024. In questa circostanza, gli Ermellini hanno valutato la legittimità di un verdetto emesso dalla Corte di Appello di Palermo a seguito del quale era stata respinta la domanda di divisione di un pianerottolo ubicato al primo piano di un edificio.

A giudici del Palazzaccio è spettato, dunque, il compito di stabilire l'ineccepibilità o meno della decisione vagliata, non perdendo l'occasione, però, di precisare in tema di divisione dei beni condominiali, se e come essa è possibile.

Beni condominiali: la divisione giudiziale

La legge ammette la divisibilità dei beni condominiali su richiesta di uno o più condòmini, ma soltanto nel rispetto di determinati presupposti. Per il codice civile, infatti, per chiedere la divisione giudiziale di un giardino o una terrazza, tanto per fare degli esempi, è necessario che, a seguito dell'operazione, l'uso del bene non risulti più incomodo per i vari proprietari, rispetto alla condizione originale.

A questo riguardo, la giurisprudenza si è cimentata nell'interpretare tale presupposto, precisando che per valutarlo ed ammettere la divisione, bisogna fare riferimento non soltanto alla funzione comune ed alla consistenza materiale del bene, ma alla concreta utilità che i condòmini ricavavano dal cespite e che otterrebbero successivamente all'operazione "In tema di condominio di edifici, poiché l'uso delle cose comuni è in funzione del godimento delle parti di proprietà esclusiva, la maggiore o minore comodità di uso cui fa riferimento l'art. 1119 c.c. ai fini della divisibilità delle cose stesse, va valutata oltre che con riferimento alla originaria consistenza ed estimazione della cosa comune, considerata nella sua funzionalità piuttosto che nella sua materialità, anche attraverso il raffronto fra le utilità che i singoli condomini ritraevano da esse e le utilità che ne ricaverebbero dopo la divisione. (Nella specie il progetto di divisione di una terrazza comune avrebbe privato il condomino assegnatario di una porzione, della veduta sul mare consentitagli nella permanenza dello stato di indivisione) (Cass. sent. n. 7667/1995)".

Insomma, per la giurisprudenza, per chiedere ed ottenere giudizialmente la divisione di un bene condominiale, è necessario che esso resti ugualmente usufruibile ed utile per tutti a seguito dell'operazione.

Non è invece necessario che la divisione giudiziale sia proposta con unanime consenso dai vari proprietari di un edificio "L'art. 1119 c.c. nel nuovo testo modificato dall'art. 4 della l. n. 220 del 201, va interpretato nel senso che "le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione", a meno che - per la divisione giudiziaria - "la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino" e - per la divisione volontaria - a meno che non sia concluso contratto che riporti, in scrittura privata o atto pubblico, il "consenso di tutti i partecipanti al condominio"; quest'ultimo requisito non è richiesto per la divisione giudiziaria (Cass. sent. n. 26041/2019)".

Divisione di comunione e condominio?

Beni condominiali: la divisione consensuale

Con il provvedimento in commento, nel solco della giurisprudenza sull'argomento opportunamente richiamata, la Cassazione conferma che è sempre possibile procedere alla divisione di un bene condominiale, se tutti sono d'accordo.

In quest'ultimo caso, non è, pertanto, necessario che a seguito della divisione, l'uso del bene e la sua utilità non sarebbero garantiti. In tale circostanza, infatti, sarebbe, evidentemente, una scelta condivisa e, perciò, legittima "non si comprende perché il consenso unanime dei condomini, raccolto non in una mera delibera, ma in una scrittura privata o atto pubblico ex art. 1350 cod, civ., non possa procedere alla divisione anche se si rendesse con ciò incomodo l'uso a uno dei condomini (ovviamente, consenziente) (Cass. sent. n. 26041/2019)".

In ragione di queste conclusioni, con l'ordinanza in commento, la Cassazione ha censurato la decisione della Corte di Appello di Palermo che aveva negato la possibilità di procedere alla divisione giudiziale del pianerottolo in questione, in quanto mancava il consenso di tutti i condòmini.

In questo caso, infatti, non era un elemento da considerare e sarebbe stato sufficiente valutare se, a seguito della proposta divisione, il bene sarebbe rimasto ugualmente usufruibile ed utile per tutti.

Ecco, dunque, spiegati i motivi dell'accoglimento del ricorso.

Sentenza
Scarica Cass. 29 gennaio 2024 n. 2616
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