L'art. 2051 c.c. configura una responsabilità oggettiva che si basa sul rapporto di custodia del bene che ha causato il danno. É onere di parte di chi lamenta le infiltrazioni dimostrare il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento lesivo, mentre chi ne è il custode, per poter escludere la sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fatto estraneo, imprevedibile e/o eccezionale, che sia di misura tale da interrompere il nesso di causalità cosa in custodia/danno. (Trib. Cosenza n. 770 del 2 maggio 2023).
Il singolo condomino può agire in giudizio al fine di conseguire il ristoro dei danni causati dalle infiltrazioni verificatesi nella sua proprietà esclusiva a causa del malfunzionamento di un impianto comune o per i difetti di una parte comune ex art. 2051 c.c. dato che la custodia e la manutenzione delle parti comuni spetta al condominio.
Questi può essere altresì chiamato ad eseguire i lavori per eliminare le infiltrazioni nonché i lavori di ripristino dello stato dei luoghi oltre che pagamento dei beni che risultino danneggiati (arredi, suppellettili e rivestimenti) (Trib. Benevento, 24/01/2022, n.155).
È proprio questo il caso portato davanti al Tribunale di Lecce del 16 febbraio 2024 n. 616.
Responsabilità ex art. 2051 c.c. dei danni causati per infiltrazioni. Fatto e decisione
Nel caso di specie, due soggetti diventati condomini in comproprietà per successione, agiscono contro il condominio onde A) Accertare e dichiarare che i fenomeni lamentati in narrativa sono causati da infiltrazioni provenienti dalle parti comuni del condominio; B) Accertare le opere ed i lavori necessari a rimuovere le cause dei predetti fenomeni infiltrativi, nonché ogni intervento utile al risanamento dei locali ed alla riparazione dei danni causati agli stessi; C) dichiarare tenuto e conseguentemente condannare il condominio, alla esecuzione delle opere necessarie a rimuovere le cause delle infiltrazioni, riparare i danni e risanare le pareti dei medesimi locali, secondo le modalità da accertarsi e determinarsi a mezzo di apposita consulenza tecnica d'ufficio, nonché a risarcire i danni procurati in conseguenza del colposo comportamento tenuto, compresi i danni stante il mancato utilizzo dei locali "box".
Espongono gli antefatti della fattispecie: sono proprietari di quattro "box" auto, situati nel piano interrato del condominio. Questi erano stati vistosamente interessati da evidenti e copiose infiltrazioni d'acqua, che avevano provocato, sulle pareti esterne, vistose crepe, macchie di umidità e distacchi di intonaco; anche internamente, il continuo stillicidio aveva danneggiato le pareti, ammalorandole in diversi punti, con formazione di muffe maleodoranti, distacchi di intonaco, che rendevano "malsano" i locali. Oltre a comportare l'impossibilità di uso dei "box", come documentato per via fotografica allegata.
Queste infiltrazioni derivavano dal sovrastante scoperto di pertinenza dell'edificio, mentre ulteriori fenomeni di percolazione avevano causa nella non idonea tenuta dei pluviali condominiali di scolo.
Lo stato di degrado oltre a non permetterne l'utilizzo aveva comportato una diminuzione significativa del valore commerciale degli immobili. Le segnalazioni e richieste rivolte al condominio erano rimaste lettera morta.
Il condominio si costituisce evidenziando che l'amministratore aveva sempre svolto con solerzia e tempestività la manutenzione delle parti comuni dell'edificio, domandando il rigetto della domanda.
Si dispone la prova orale e l'espletazione di CTU.
Si giunge quindi alla decisione.
Il Tribunale dà ragione agli attori sulla base delle risultanze istruttorie che hanno confermato l'esistenza del nesso di causalità tra i danni lamentati e la condotta del condominio.
I testi hanno confermato l'esistenza delle varie infiltrazioni, che mai hanno costituito oggetto di intervento del condominio.
Il CTU ha constatato che le cause delle infiltrazioni sono state molteplici. "Le cause accertate dei fenomeni infiltrativi tutt'ora attivi, lamentati dall'attore sono ascrivibili in parte dalla scarsa tenuta: a) impermeabilizzante della sovrastante terrazza condominiale e lungo il confine con la finestratura a servizio dello spazio di manovra comune antistante gli accessi ai box sottostanti dello stato della rizzola di confine; b) dell'imbocco del pluviale interno, a servizio della totalità delle superfici scolanti proprie delle coperture dei box in linea presenti, collocato all'esterno del box individuato con il sub di proprietà per 1⁄2 del ricorrente; c) dalla scarsa tenuta dell'impianto idrico nelle vicinanze di una pilozza presente nello scoperto condominiale/privato, attualmente recintato, di proprietà del signor e in minima parte da fenomeni di umidità di risalita alla base della muratura perimetrale".
La sua conclusione è che la situazione si è verificata a causa della scarsa tenuta impermeabilizzante della sovrastante terrazza condominiale e dell'imbocco del pluviale interno, anch'esso condominiale, posto a servizio della totalità delle superfici scolanti proprie delle coperture dei box; il CTU peraltro ha definito "scoperto condominiale/privato" quello attualmente delimitato da muro in uso all'immobile, al piano, ove è presente una "pilozza"; solo in minima parte il Consulente ha riscontrato fenomeni di umidità da risalita.
Ne consegue la responsabilità del condominio, quale custode delle proprietà e degli impianti condominiali comuni, ex art. 2051 c.c., per non aver rimosso per tempo le cause delle infiltrazioni, che hanno creato e continuano a procurare danno alla proprietà.
Condanna del condominio per infiltrazioni e risarcimento danni
Il Tribunale condanna il condominio all'esecuzione delle opere e dei lavori necessari a rimuovere le cause delle infiltrazioni, a riparare i danni subiti dagli immobili, e a risanare le pareti dei medesimi locali, secondo le modalità accertate dal CTU, il quale ha quantificato anche le spese necessarie per l'esecuzione delle opere.
Diverso è il discorso sulla quantificazione dei danni.
Dall'istruttoria si ricava che l'unico box rimasto inutilizzato in ragione delle infiltrazioni in oggetto è stato solo il box più piccolo, maggiormente danneggiato, mentre i tre box privi di tramezzature sono stati regolarmente utilizzati dall'attore. Il CTU ha quantificato il valore locatizio complessivo dei quattro vani box oggetto di causa in € 400,00 mensili.
Valutato che gli attori non hanno provato di avere avuto richieste di natura commerciale, e di non avere potuto locare o vendere i box a causa delle cattive condizioni manutentive, il danno subito per il mancato utilizzo del bene viene quantificato complessivamente, in via equitativa, in € 3.000,00 (prendendo come riferimento la valutazione del CTU e considerati nn.5 anni di mancato utilizzo, a partire dalla instaurazione del presente giudizio sino ad oggi), oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.
Nessun altro danno può essere riconosciuto in assenza di adeguato supporto probatorio.