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Divisione di parti comuni, normativa e principi in materia.

Quando si tratta di divisione di beni comuni, la normativa stabilisce che il lastrico solare può essere oggetto di contenzioso, ma la sua divisibilità è limitata dalla necessità di garantire un uso non incomodo per tutti i condomini.
Avv. Laura Cecchini 
Dic 17, 2021

Quando si eredita la quota di un bene immobile sono frequenti le vertenze che investono i novelli comproprietari tra cui, certamente, ricadono la richiesta di scioglimento della comunione e di divisione materiale per vedersi attribuita una distinta e determinata porzione dello stesso.

Nella vicenda portata alla attenzione del Tribunale di Patti (sentenza 02 dicembre 2021) la questione attiene alla domanda di divisione del lastrico solare avanzata da un fratello, che ne ha acquistato la proprietà al 50%, a seguito di scioglimento della comunione ereditaria derivante da successione legittima della defunta sorella, nei confronti dell'altro, già intestatario per altro e diverso titolo della residua uguale quota.

Ebbene, dalla sintetica ricostruzione dei fatti esposti, si intuisce sin da subito come, stante la materia oggetto di lite, il nodo della disamina del Giudicante attenga e coinvolga i presupposti necessari per determinare la divisibilità o meno del bene su cui verte il contenzioso che, per quanto concerne il lastrico solare, rappresenta una parte comune ex art. 1117, comma I, n.1) c.c.

Divisione di parti comuni, normativa e principi in materia: iter giudiziale

La causa trae origine dalla domanda giudiziale promossa da uno dei due comproprietari del lastrico solare verso l'altro con la quale è stata chiesta, in via principale, la divisione, previo scioglimento della comunione ordinaria dello stesso, nonché la attribuzione in proprietà esclusiva di una delle due porzioni che lo compongono.

Contestualmente, in via istruttoria, l'attore ha formulato richiesta di espletamento di consulenza tecnica d'ufficio (CTU) per l'accertamento dei requisiti atti a consentire la divisione.

Parte convenuta si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, rilevando che il lastrico solare non poteva ritenersi, nel caso, bene divisibile e, comunque, che dalla stessa non sarebbe conseguita alcuna utilità.

Ravvisata e condivisa la esigenza di procedere ad una CTU, acquisite le valutazioni e conclusioni recepite nella stessa, il Tribunale ha respinto la domanda per i motivi in appresso illustrati.

Caratteristiche e normativa sul lastrico solare come bene comune

Prima di entrare nel merito delle indagini e delle risultanze della consulenza tecnica esperita, che è stata dirimente al fine del decretare la divisibilità o meno del bene, è opportuno inquadrare la fattispecie ricordando la qualificazione del lastrico solare quale bene comune, come indicato espressamente nella elencazione di cui all'art. 1117, comma I, n.1 c.c.

Sul punto, occorre evidenziare che la presunzione di condominialità del lastrico solare è strettamente correlata e connessa alla funzione che esso svolge, quale copertura dell'edificio.

Come noto, i lastrici solari rappresentano parti essenziali del fabbricato tanto in considerazione della loro struttura che per la destinazione impressa, costituendo il tetto a protezione dei piani sottostanti.

Nella vicenda che ci occupa, la querelle che è all'origine del giudizio afferisce alla sussistenza o meno, in concreto, della possibilità di dividere il lastrico solare in due porzioni con assegnazione in utilizzo esclusivo ai due comproprietari.

Sotto tale profilo assume rilevanza il disposto dettato in materia, e codificato all'art. 1119 c.c., in rispondenza al quale «Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio».

Dalla lettura del richiamato articolo si evince come, affinché possa intervenire ed essere disposta la divisione sulle parti comuni del condominio, sia requisito indefettibile, nella ipotesi di divisione giudiziale, "l'uso non incomodo" della cosa rispetto ad ogni condomino, risultando necessario il consenso unanime solo nel caso di divisione volontaria.

Sul tema, è costante l'indirizzo della Giurisprudenza nel ritenere come, per un corretto accertamento in punto di fatto, non si possa prescindere dal sottolineare la tutela che la norma vuole approntare, individuata nella facoltà d'uso riservata ai singoli condomini sulle parti comuni, riconoscendo che «poiché l'uso delle cose comuni è in funzione del godimento delle parti di proprietà esclusiva, la maggiore o minore comodità di uso cui fa riferimento l'art. 1119 c.c. ai fini della divisibilità delle cose stesse, va valutata oltre che con riferimento alla originaria consistenza ed estimazione della cosa comune, anche attraverso il raffronto fra le utilità che i singoli condomini ritraevano da esse e le utilità che ne ricaverebbero dopo la divisione» (Tribunale Frosinone, 03/12/2020, n.845; Cassazione civile sez. II, 23/01/2012, n.867).

Da ciò ne deriva che, in rispondenza alla ratio della citata disposizione, la destinazione d'uso dei beni comuni, qualora intervenga una domanda di divisione, è posta in secondo piano rispetto alla valutazione della possibilità di utilizzo degli stessi da parte dei condomini la cui tutela è prevalente.

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Risultati e motivazioni della consulenza tecnica d'ufficio sulla divisibilità

L'accertamento di fatto, unitamente alla giusta analisi delle implicazioni che la divisione avrebbe potuto comportare nell'utilizzo, ha condotto il nominato CTU ad escludere la divisibilità del bene.

Invero, partendo dalla presa d'atto dello stato dei luoghi, il consulente ha osservato che per addivenire alla divisione sarebbero state eseguite opere, quali un muro di gelosia e l'apertura di un vano d'accesso, che avrebbero irrimediabilmente limitato la «comodità e/o sfruttabilità dell'uso del lastrico solare».

A titolo esemplificativo e per meglio comprendere il responso negativo del CTU in relazione alla divisibilità del lastrico solare, non potendo il suo giudizio esimersi dal vagliare ed apprezzare i riflessi concreti che la divisione avrebbe determinato, nella relazione il medesimo ha ravvisato come «l'installazione di attrezzature per l'accumulo e la produzione di energia alternative sarebbero viziate dal diverso orientamento e dall'ombreggiatura del muro di gelosia, che creerebbe limitazione all'insolazione e/o riduzione dell'accumulo e conseguente produzione di energia».

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Sentenza
Scarica TRIBUNALE DI PATTI n. 898 del 02/12/2021
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