La pronuncia
La vicenda da cui prende le mosse il giudizio è di frequente esame nei nostri Tribunali: Tizia, proprietaria di un fabbricato con giardino pertinenziale, quest'ultimo in comproprietà con Caia e con usufrutto a favore dei genitori di Caia, Mevia e Filano, propone azione di divisione: chiede cioè al Tribunale di Verbania di procedere alla divisione del suddetto giardino, ovvero chiede che il Giudice proceda a sciogliere la comunione tra lei, Caia e Mevia e Filano quali usufruttuari.
Mentre Tizia, ritenendo che il giardino, per una serie di considerazioni di fatto inerenti lo stato dei luoghi, non sia comodamente divisibile in natura, chiede che il Giudice proceda ad assegnarle l'intera proprietà dello stesso, con liquidazione della quota a conguaglio a favore degli altri comunisti, Caia, Mevia e Filano, previa richiesta di differire lo scioglimento, che secondo loro pregiudicherebbe l'interesse degli usufruttuari, Mevia e Filano, tenuto anche conto della loro età, pur non opponendosi allo scioglimento, sostengono che lo stesso sarebbe invece perfettamente divisibile in natura, con formazione cioè di due proprietà distinte insistenti sul medesimo giardino, da assegnare l'una in proprietà esclusiva a Tizia e l'altra a Caia, con usufrutto a favore di Mevia e Filano.
Esperita infruttuosamente la Mediazione, obbligatoria ai sensi dell'art. 5 del D. Lgs. 28/2010 s.m.i., preliminarmente al giudizio, nonché tentata un'ulteriore conciliazione in corso di causa, dopo l'istruzione probatoria avvenuta tramite CTU ed escussione di testimoni, il Tribunale di Verbania, pronuncia la sentenza n. 46 del 25 gennaio 2022, con la quale, accoglie la domanda di divisione di Tizia, ma assegna il giardino con ripartizione 'in natura', cioè secondo le porzioni individuate dal CTU, con permanenza di una porzione in comproprietà, condannando i convenuti alla refusione delle spese di lite - nonostante la differenza tra la parte dispositiva, dove si legge «condanna parte attrice» e la parte motiva, dove il Giudice dispone invece che «Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico di parte convenuta», si ritiene si tratti di errore materiale che spetterà a Tizia di far correggere tramite l'apposito procedimento previsto dal Codice di procedura civile.
Vediamo allora i punti più interessanti di questo procedimento di divisione per come affrontati nella pronuncia in commento.
Divisione ordinaria: presupposti, parti del giudizio, procedura
Premettiamo brevemente, per chiarire al nostro lettore il quadro in cui ci muoviamo esaminando la sentenza del Tribunale di Verbania, alcuni cenni sulla divisione ordinaria.
Innanzitutto, chiamiamo 'divisione ordinaria' lo scioglimento di una comunione (cioè del diritto di comproprietà o di un altro diritto reale) che non derivi dall'apertura della successione di un soggetto; infatti, quella viene comunemente definita 'comunione ereditaria' e trova il proprio titolo nella morte del de cuius, cioè del soggetto dei cui beni si tratta e nella chiamata alla successione, per cui i soggetti determinati dalla legge e in parte dal de cuius subentrano insieme nella proprietà dei beni facenti parte dell'asse ereditario, così trovandosene comproprietari.
Così, mentre lo scioglimento della comunione ordinaria è disciplinato dall'art. 1111 c.c., quello della comunione ereditaria è invece regolato dagli art. 713 c.c. e seguenti in materia di successioni.
Attenzione, per conseguire la divisione della comunione ordinaria non è sempre necessario rivolgersi al Tribunale: infatti, laddove sia possibile, le parti potrebbero addivenire ad un accordo, utilizzando ad esempio l'opera di un Notaio oppure in sede di procedura di Mediazione ex art. 5 D. Lgs. 28/2010 s.m.i. - quest'ultima essendo peraltro, a partire dal 2010, uno step necessario prima dell'avvio del giudizio.
Qualora invece sia controverso il diritto di procedere alla divisione oppure i condividenti non siano d'accordo sulle modalità della stessa (o non si raggiunga l'accordo in Mediazione), sarà necessario rivolgersi al Tribunale.
Quindi, il procedimento di divisione deve accertare il diritto di ottenerla e poi lo deve attuare: infatti, il giudizio di divisione ha due fasi, l'una dichiarativa e l'altra esecutiva, la prima utile ad accertare esistenza e consistenza della comunione ed il diritto potestativo di colui che ne chiede lo scioglimento e la seconda necessaria a trasformare in porzioni fisicamente individuate le quote ideali di comproprietà sul bene comune.
Chi può promuovere il giudizio di divisione? Ciascuno dei condividenti, cioè uno qualsiasi dei comproprietari del bene.
Chi deve essere chiamato nel giudizio di divisione, quindi chi è il convenuto? Tutti gli altri condividenti, cioè tutte le altre persone (fisiche o giuridiche) che vantano un diritto di comproprietà sul bene.
Nel caso di specie, come abbiamo visto, sono stati evocati in giudizio anche Mevia e Filano, usufruttuari, non comproprietari, del bene oggetto di divisione (di comproprietà tra Tizia e Caia). Il Tribunale di Verbania ritiene che l'integrazione del contraddittorio nei confronti di costoro sia corretta, a mente dell'art. 1113, 3° comma, c.c., il quale prevede appunto che debbano essere chiamati a intervenire, affinché la divisione abbia effetto nei loro confronti, coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della domanda di divisione giudiziale.
Ciò significa che, essendo l'usufrutto di Mevia e Filano stato trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari prima della domanda di Tizia in merito alla divisione, essi devono essere parte del procedimento di divisione che costei ha instaurato.
Questo significa anche che chi attiva un giudizio di divisione ordinaria farà bene ad eseguire una visura ipotecaria presso la Conservatoria dei RRII, onde rendersi conto di quante persone dovrà citare in giudizio e per non incorrere in decadenze.
Inoltre, sempre esaminando il caso di specie, alla luce delle premesse procedurali di cui sopra, il Tribunale di Verbania, pur dando atto che la titolarità del compendio da dividere risulta provata in capo a Tizia e Caia, procede comunque, seppur brevemente, a dare altrettanto atto dei titoli e degli elementi da cui detta titolarità promana - l'acquisto da parte di Caia della quota del giardino, l'acquisto da parte di Tizia del proprio immobile con la quota sul giardino - in quanto, lo rammentiamo, in assenza della prova del diritto di procedere alla divisione non è possibile nemmeno dare avvio al giudizio, che si dovrebbe chiudere con pronuncia in rito di inammissibilità.
Modalità esecutive della divisione
Chi domanda la divisione sta sostanzialmente chiedendo di poter ottenere 'una parte del tutto', cioè una porzione fisicamente distinta dell'intero che sino a quel momento condivideva con altri.
È pertanto evidente che il fulcro della divisione consista nella materiale individuazione di queste porzioni.
L'art. 1114 c.c. dispone che la regola debba essere la divisione 'in natura': immaginiamo l'esempio della torta, che può essere tagliata in fette di spessore identico.
Pertanto, il Giudice nominerà un CTU che elaborerà un progetto di divisione con indicazione delle quote in natura.
Solamente laddove il bene non possa essere comodamente diviso in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti, si dovrà optare per il sistema della liquidazione in denaro del bene con attribuzione del ricavato in base al valore delle quote - non otterrò il bene, ma il suo equivalente in denaro. In quel caso, si andrà a vendere il bene all'incanto, con procedura gestita da ausiliario del magistrato.
Il Tribunale di Verbania richiama i criteri individuati dall'opera pretoria della Corte di cassazione (in questo senso da ultimo Cassazione civile, Sez. II, sent. 28 luglio 2021, n. 21612) per aiutare il giudice del merito a decidere se un bene sia o meno divisibile in natura: essi sono:
- il criterio strutturale, cioè la possibilità di ripartire materialmente l'immobile tra gli aventi diritto;
- il criterio economico funzionale, cioè il mantenimento dell'originario valore del cespite indiviso senza dispersione di ricchezza, evitando che ai partecipanti vengano assegnate porzioni inidonee alla funzione economica dell'intero.
Occorre poi evitare servitù, limitazioni e spese eccessivamente gravose per rendere le porzioni autonome.
Proprio sulla concreta attuazione di questi punti si incentra la vicenda esaminata dal Tribunale di Verbania.
Infatti, Tizia contestava la divisione in natura del giardino, portando a sostegno il pregio naturalistico - paesaggistico dell'intero immobile, giardino incluso, che affaccia sul Lago d'Orta e gode di un'abbondante esposizione solare durante l'intero anno.
Secondo Tizia, la divisione prospettata dal CTU, con le due porzioni di giardino divise, comprometterebbe il valore del proprio immobile, concepito come un unicum insieme al giardino.
Inoltre, avendo il CTU progettato una divisione in tre porzioni, di cui la terza costituirebbe una sorta di zona franca che andrebbe in comproprietà - di nuovo - di Tizia e Caia, la divisione, a dire di Tizia, sarebbe frustrata nel suo nascere, dato che si riporta parte del bene oggetto di ripartizione all'interno di una comunione tra le medesime condividenti.
Secondo il Tribunale di Verbania, che accoglie totalmente le osservazioni del CTU ed il suo progetto di divisione, «la conservazione di una porzione in comune a scopo di accesso non osta alla divisione in natura del bene, tenuto conto della funzionalità della detta area alla conservazione dell'accesso già esistente - porta metallica in corrispondenza del muro posto a nord-ovest sul confine con il mappale 21 - a vantaggio di entrambe le proprietà esclusive e della conseguente natura condominiale dell'aria [recte, "area", N.d.A.] di accesso (stante la funzione accessoria della porzione comune alle porzioni in proprietà esclusiva), che non impone la costituzione di una servitù».
Rispetto invece al deprezzamento del bene, il Giudice conclude: «Del tutto irrilevanti invece appaiono le allegazioni di parte attrice [Tizia] in merito al deprezzamento della propria proprietà esclusiva, dovendosi effettuare la valutazione solo in relazione al valore ed alla funzione economica del bene comune, che all'evidenza non ha una destinazione oggettiva unitaria, potendo essere adibito sia a giardino, che ad orto».
Le problematiche relative alla trascrizione
Leggendo la sentenza, si potrebbe rimanere sbalorditi nell'apprendere che
«Nulla può invece disporsi in relazione alla trascrizione della sentenza, dovendo preliminarmente le parti procedere al frazionamento catastale, funzionale alla individuazione delle particelle di rispettiva proprietà esclusiva (frazionamento la cui mancanza non preclude la divisione e che, peraltro, costituisce oggetto di un'autonoma domanda che non è stata proposta dai convenuti, Cfr. Cassazione civile sez. II, 26/03/2019, n.8400)»,
in quanto, come noto, l'art. 2659 c.c., che disciplina il contenuto della Nota di Trascrizione, prevede un richiamo all'art. 2826 c.c., in materia di ipoteche, il quale a sua volta prevede che gli immobili siano identificati tramite indicazione dei dati catastali, che ne costituiscono potremmo dire le generalità, proprio come nome, cognome e data di nascita operano per una persona fisica, cosicché, si potrebbe obiettare, una sentenza di divisione che non indichi i cespiti nati dalla scissione con i rispettivi dati catastali sarebbe inutile.
La questione è complessa, pertanto è necessario esaminare, dato il richiamo alquanto criptico del Tribunale di Verbania, quanto a sua volta esaminato e deciso dalla sentenza richiamata, cioè la n. 8400 del 26 marzo 2019 della Sezione II della Cassazione, la quale rinvia alla sentenza 14 dicembre 2017, n. 30073 della medesima Sezione.
In entrambi i casi, la Corte aveva rigettato l'esame delle questioni relative agli errori di identificazione delle porzioni attribuite alle parti di un giudizio di divisione: come sappiamo, la Cassazione può esaminare unicamente questioni di legittimità, cioè profili attinenti la violazione di norme di diritto o di errores in procedendo o in iudicando, ma non può entrare nel merito della vicenda, che si chiude durante il II° grado di giudizio.
Ebbene, secondo la Cassazione, «i profili attinenti al frazionamento catastale ed alla conseguente mancata trascrivibilità della sentenza di divisione attengono alla redazione del documento tecnico indicante in planimetria le particelle catastali, al fine della voltura catastale, ma non rivestono rilievo quali violazioni di norme di diritto incidenti sullo scioglimento della comunione. La redazione dei documenti, necessari alla trascrizione dei diritti nascenti dalla sentenza, può del resto avvenire pure in sede stragiudiziale, sulla base di un accordo tra le parti, senza impedire l'attribuzione giudiziale delle quote a ciascuno dei condividenti. Né, altrimenti, l'emanazione di una sentenza dichiarativa di scioglimento di una comunione di fabbricati relativi ad unità immobiliari urbane può essere subordinata alla preventiva corretta identificazione catastale delle porzioni ed al riferimento alle planimetrie depositate in catasto».
Ancora più chiaramente la pronuncia del 2017 così precisa: «Circa il mancato frazionamento catastale e la conseguente mancata trascrivibilità della sentenza, P.P. [una delle parti in quel giudizio, N.d.A.] sostiene che, a differenza di quanto detto nella sentenza impugnata, non occorresse una specifica domanda di frazionamento catastale, essendo essa implicita nella domanda di divisione.
In realtà, questa Corte ha al contrario affermato in passato che la domanda di frazionamento di un immobile sia cosa diversa, per "petitum" e "causa petendi", da quella di divisione dell'immobile stesso, avendo la prima ad oggetto la redazione di un documento tecnico indicante in planimetria le particelle catastali frazionate, al fine della voltura catastale, mentre la seconda ha ad oggetto lo scioglimento della comunione (così Cass. Sez. 3, 28/04/1999, n. 4240).
La decisione impugnata, in realtà, ha preso atto della mancanza di un'espressa domanda delle parti per procedere al frazionamento-accatastamento ed alla relativa trascrizione (si veda, peraltro, anche Cass. Sez. 2, 28/05/2010, n. 13112), ed ha perciò concluso di non dovervi necessariamente provvedere»
Con medesima frase, ma più specifica, la pronuncia del 2017 specifica che «La redazione di tali documenti, necessari alla trascrizione dei diritti nascenti dalla sentenza, può del resto avvenire pure in sede stragiudiziale, sulla base di un accordo tra le parti che utilmente sopraggiunga prima che sia approvato il verbale di sorteggio dei lotti, il quale soltanto determina la definitiva attribuzione delle quote a ciascuno dei condividenti».
Indicazioni, queste, che si rivelano utili per gli addetti ai lavori e per la predisposizione di domande giudiziali in materia di divisione.