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Discrezionalità assemblea e impugnabilità

Anche l'eccesso di potere può invalidare un'assemblea condominiale, ma solo a determinate condizioni.
Avv. Marco Borriello 

È noto che in ambito condominiale le decisioni vengono assunte a maggioranza. È quasi impossibile, infatti, raggiungere l'unanimità e la gestione del fabbricato non può essere paralizzata dal dissenso o dal disinteresse della minoranza.

Quest'ultima, però, ha il diritto di impugnare l'assemblea qualora ritenga che non siano state rispettate le regole stabilite dalla legge in materia.

È ciò che accaduto anche nella vicenda esaminata dal Tribunale di Roma e culminata con la sentenza n. 17752 del 15 novembre 2021, dove, però, è stato giudicato un caso particolare. Nello specifico si è discusso, infatti, della discrezionalità dell'assemblea e della possibilità, per un magistrato, di valutare il merito di un deliberato.

Insomma, si è risposto a questa domanda: il giudice può invalidare una decisione inopportuna assunta dalla maggioranza dei condòmini, nonostante sia stata espressa senza alcuna sostanziale violazione di legge?

Prima di sciogliere questo dubbio, vediamo cosa è accaduto in questo condominio romano.

Discrezionalità assemblea e impugnabilità: il caso concreto

Con una decisione presa nel corso di un'assemblea del febbraio del 2017, la maggioranza aveva deciso di eseguire dei lavori di ristrutturazione di un locale comune, allo scopo di adibirlo ad autorimessa a servizio della collettività.

Nel dicembre del 2018, però, l'assemblea ritornava sulla propria decisione annullando il deliberato precedente e abbandonando l'idea di trasformare il predetto locale.

Le ragioni di tale dietro front erano molteplici. Per i lavori di trasformazione erano, infatti, necessari ben 250.000 euro. Inoltre, il vantaggio acquisito non sarebbe stato ottimale, visto che si sarebbero ricavati soltanto 38 posti auto a fronte di ben 63 appartamenti. Insomma, il rapporto costi/benefici dell'operazione non era proprio dei migliori. Per questo motivo, l'assemblea aveva cambiato idea.

Uno dei proprietari dissenzienti, però, decideva d'impugnare l'assemblea contestandone la nullità.

In particolare, secondo l'attore, si era trattato di un provvedimento senza alcuna utilità per coloro che l'avevano votato oltreché pregiudizievole per la minoranza. Era stato, infatti, impedito di utilizzare un locale comune per parcheggiare, a titolo gratuito, la propria vettura. A riprova del danno, l'attore invocava il costo per affittare un posto auto all'esterno del fabbricato.

Insomma, per l'anzidetto proprietario si era di fronte ad un vero e proprio atto emulativo, visto che il deliberato non aveva avuto altro scopo se non quello di nuocere o arrecare molestia ad altri (Art. 833 c.c.). Per questo motivo, era nullo.

Il Tribunale di Roma, ascoltate le difese del condominio, ha rigettato integralmente la domanda proposta e ha condannato l'attore al pagamento delle spese di giudizio.

Invalidità assemblea e presupposti

In moltissime pubblicazioni è stato già affrontato il tema dei vizi dell'assemblea. È noto, perciò, in quali casi è possibile invalidare un deliberato e se il difetto della decisione può condurre all'annullabilità o alla nullità del provvedimento.

Sappiamo, quindi, che una riunione in cui si è espressa una maggioranza in difetto di quella precisata dalla legge conduce all'annullabilità dell'assemblea, invocabile dai dissenzienti o dagli assenti alla convocazione. Oppure, siamo consapevoli che una votazione espressa sul pianerottolo del fabbricato, senza alcuna preventiva riunione e successiva verbalizzazione, è certamente nulla.

Al di là, però degli esempi anzidetti, ci si chiede se possa rientrare nell'ambito dell'invalidità di un'assemblea anche una decisione assunta con eccesso di potere. In altri termini, si potrebbe contestare una decisione formalmente ineccepibile, ma del tutto inopportuna?

Secondo il Tribunale di Roma la risposta è positiva, ma solo a determinate condizioni.

Bocciatura del rendiconto ed eccesso di potere dell'assemblea

Assemblea condominiale: quando l'eccesso di potere determina l'invalidità

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Roma conferma quella posizione giurisprudenziale secondo la quale le scelte discrezionali di un'assemblea condominiale non sono sindacabili dalla magistratura.

Questa, pertanto, non può essere chiamata a valutare l'opportunità di un deliberato espresso alla maggioranza dei condòmini, ai quali è lasciato il potere di decidere cosa è meglio per il fabbricato.

Tuttavia, l'ufficio capitolino non esclude che ci siano dei casi, anche se rari, in cui il consesso dei proprietari si è espresso con eccesso di potere, con ciò producendo un provvedimento del tutto arbitrario in favore di qualcuno ed a danno dei condòmini.

Nello specifico il Tribunale di Roma fa degli esempi «si fa in dottrina il caso dell'autorizzazione all'amministratore a non richiedere le quote ad un condomino; del comodato gratuito di un locale condominiale ad un condomino a fronte di altri condomini interessati ad utilizzarlo a pagamento».

In questi casi, quindi, è evidente che la maggioranza ha perseguito delle finalità contrarie agli interessi della collettività oppure a danno del fabbricato. Se, però, ciò non è riconoscibile in una decisione assembleare, essa non può essere dichiarata invalida.

Tornando, quindi, al motivo della lite in esame, si conclude, facilmente, che l'assemblea è ritornata sui suoi passi, semplicemente, perché ha meglio valutato i costi/benefici della trasformazione del locale comune.

Nel dietro front della maggioranza non c'è stata, quindi, alcuna volontà di danneggiare i condòmini e tanto meno è stato raggiunto uno scopo contrario all'interesse di tutti i proprietari. Per questi motivi, la domanda dell'attore era infondata ed è stata rigettata.

Non c'è eccesso di potere dell'assemblea se il lastrico è condominiale

Sentenza
Scarica TRIBUNALE CIVILE di ROMA n. 17752 del 15/11/2021
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