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Recupero crediti contro condòmini morosi, perché non è necessaria la diffida?

Diffida al condomino moroso, sebbene sia prassi inviarla, la sua spedizione può essere evitata. Perché?
Avv. Dario Balsamo - Foro di Foggia 

Il recupero degli oneri condominiali da parte dell'amministratore, anche per il periodo sfavorevole di congiuntura economica, non è forse mai stato tema più presente nelle aule dei tribunali italiani. Cerchiamo quindi di fare il punto della situazione, richiamando, da ultima, la sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 8 gennaio 2020 n. 247.

Occorre fin da subito fugare ogni dubbio ed evidenziare che, seppur si è affacciata, tempo fa, una tesi in giurisprudenza secondo cui, per il recupero delle spese condominiali, ci sarebbe sempre bisogno della previa lettera di diffida da parte dell'amministratore, specie in situazioni di contitolarità dell'immobile tra più persone (G.d.P.).

Taranto, sent. del 01.03.2016), la tesi maggioritaria, supportata da numerose pronunce della Suprema Corte, ritiene invece legittimo il decreto ingiuntivo per oneri condominiali anche senza la previa lettera di messa in mora nei confronti del moroso.

Difatti, a più riprese, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che il sollecito al condomino moroso non è obbligatorio, né può essere una condizione di procedibilità del recupero del credito.

Fatta questa debita precisazione, passiamo ad analizzare il caso di specie, in riferimento al tema in oggetto.

Diffida al condomino moroso, la vicenda

A seguito di ricorso in via monitoria proposto da un condominio romano, il Giudice di Pace di Roma, aveva emesso decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, chiesto a titolo di quote condominiali scadute e non pagate, oggetto di delibere condominiali che avevano approvato il bilancio preventivo della gestione condominiale per gli anni di gestione dal 2014 al 2016 ed i relativi piani di riparto.

Il condomino moroso, in sede di opposizione avverso il decreto ingiuntivo, aveva eccepito l'inesistenza del credito non essendo oggetto di bilanci preventivi e consuntivi regolarmente approvati e non essendo stato l'opponente mai convocato per le assemblee condominiali.

Da ultimo, aveva inoltre sostenuto di non aver ricevuto alcuna richiesta di pagamento degli oneri condominiali e nessuna lettera di messa in mora.

Diffida al condomino moroso, la decisione del Tribunale

Il Tribunale di Roma adito, in funzione di Giudice di appello, ritenuti assolutamente prive di pregio e non fondate le motivazioni poste a fondamento della richiesta di riforma della sentenza impugnata, rigettava integralmente l'appello.

Tra i motivi con i quali la corte articola la propria decisione, ci si sofferma su quelli che riguardano l'argomento in esame.

Diffida volta ad evitare la deliberazione. E' possibile?

Ebbene il Giudice romano, nella sentenza, asserisce che la delibera assembleare di approvazione della spesa e ripartizione degli oneri, costituisce titolo di credito del condominio e prova, di per sé, l'esistenza di tali crediti, legittimando, senz'altro, la concessione del decreto ingiuntivo.

Quando, quindi, il credito condominiale diventa esigibile?

Fatta questa precisazione, il Giudice afferma che non può sostenersi che il credito condominiale diventi esigibile solo dopo la diffida.

Difatti, il credito condominiale si considera "certo" e "liquido" con l'approvazione assembleare dello stato di ripartizione, indifferentemente che si tratti di riparto preventivo o consuntivo nonché "esigibile", quando la scadenza del termine, eventualmente riferito alle singole rate, rende attuale l'obbligo di pagamento ai sensi dell'art. 1182 c.c.

In tal senso, l'articolo 63 delle disposizioni attuative del codice civile è chiaro nel disporre che "per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore può ottenere decreto di ingiunzione".

Questa norma non richiede quindi affatto che l'ingiunzione di pagamento sia preceduta da una diffida stragiudiziale.

Né il nuovo articolo 1129 del codice civile - che impone all'amministratore di agire per la riscossione forzosa entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito è compreso - fa supporre l'obbligo di questo adempimento formale.

Del resto, l'articolo 1219 del codice civile precisa che la costituzione in mora non è necessaria quando, scaduto il termine del pagamento, la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore (in questo caso, presso l'amministratore).

Ma vi è di più. Come sancito dalla Cassazione con la sentenza n. 9181 del 16 Aprile 2013, gli ermellini, hanno evidenziato che l'omessa preventiva messa in mora dei condomini non precluderebbe, di per sé, il ricorso al decreto ingiuntivo presso l'autorità competente, neppure se la diffida scritta fosse imposta da un'apposita clausola del regolamento condominiale.

Difatti, in tal caso, tutt'al più si potrebbe solo lamentare una mera responsabilità da inesatto adempimento del mandato, che non vanificherebbe in alcun modo la validità del provvedimento emesso.

E' evidente quindi che con la riforma del condominio, introdotta con la legge 220/2012, è stato rafforzato ancora di più il ruolo dell'amministratore e, di riflesso, si sono volute offrire maggiori garanzie ai singoli condomini.

Prova ne sono i novellati artt. 63 disp. att. c.c. e 1129 c.c., in base ai quali il ricorso alla procedura monitoria rappresenta addirittura un obbligo per l'amministratore che deve provvedere in tal senso entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio di gestione nel quale il credito è compreso.

Nulla da fare pertanto per il condomino debitore che dovrà inoltre pagare anche le spese del giudizio di opposizione.

Quali sono le conseguenze della morosità?

Sentenza
Scarica Trib. Roma 8 gennaio 2020 n. 247
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