L'amministratore di condominio deve riscuotere i contributi al fine di erogare le spese per la prestazione dei servizi e la manutenzione delle cose comuni (art. 1130 n. 3 c.c.).
L'amministratore di condominio deve agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai condòmini (dagli obbligati, specifica l'art. 1129 c.c.) nel termine di sei mesi decorrenti dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice (art. 1129, nono comma, c.c.).
L'amministratore di condominio ha, infine, la facoltà di agire in giudizio, senza preventivo assenso assembleare, chiedendo l'emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo laddove il credito sia fondato sullo stato di riparto approvato dall'assemblea (art. 63 disp. att. c.c.).
Due doveri ed una facoltà.
Il mix di queste norme ha portato il Tribunale di Torino, con decreto n. 1768 del 31 luglio 2019, ad affermare che l'omessa attivazione del recupero crediti per via giudiziale non è di per sé indice di male gestio: spetta all'amministratore valutare l'opportunità dell'azione giudiziale, anche in ragione della tipologia di morosità connessa all'andamento ordinario della gestione condominiale.
Utilizzo dei contributi condominiali per spese comuni
I contributi condominiali altro non sono che somme versate all'amministratore (o ad uno dei condòmini, in sua assenza) al fine di consentire l'erogazione delle spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni.
Lo schema classico è il seguente: L'assemblea approva spesa e riparto ed allora il condòmino deve pagare.
Può anche accadere che sia l'amministratore a richiedere le somme: in tal caso il condòmino è sempre tenuto a corrisponderle, salvo ricorso all'assemblea (art. 1133 c.c.) per una valutazione della richiesta.
In un caso e nell'altro, si diceva, il versamento dei contributi condominiali crea la riserva economica per affrontare le spese previste.
Quando Tizio versa 100 euro per una mensilità di condominio egli sta pagando la propria quota parte di tutti i servizi condominiali. Una visione strettamente connessa all'inesistenza giuridica del condominio vorrebbe che quella somma fosse ripartita in tanti rivoli quante sono le spese da affrontare.
D'altra parte, si dice, se il condominio non esiste e il condòmino corrisponde all'amministratore una quota per tante spese, perché questo non dovrebbe considerare quei soldi in questo modo?
Una teoria meno ortodossa, o meglio una teoria che considera il condominio quale centro d'imputazione d'interessi differente dai singoli condòmini e che riconosce alla compagine un'autonomia patrimoniale sia pur attenuata, considera i contributi condominiale quali provvista che, una volta versata all'amministratore, diviene parte di un patrimonio collettivo di cui lo stesso mandatario dispone secondo le necessità del condominio, fermo restando quanto stabilito con l'approvazione del preventivo.
Insomma se Tizio paga 100 euro e c'è da pagare un piccolo intervento fabbrile che costa 80 euro, allora l'amministratore potrà usare parte di quei 100 euro, perché quelle somme sono confluite nel patrimonio comune e possono essere utilizzate per i fini condominiali (art. 1130 n. 3 c.c.).
Contributi condominiali, quando si è morosi
Il preventivo di spesa, ovvero la delibera di approvazione delle spese, solitamente, indicano la scadenza della somma da versare.
Ricordiamo che ai sensi del combinato disposto degli artt. 1183-1219 c.c. per le somme dovute a titolo di contributi condominiali (è indifferente se ordinari ovvero straordinari) non è necessaria la così detta costituzione in mora se il termine perché la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore.
La rata deve essere versata entro il giorno 1: Tizio non esegue il versamento, allora dal giorno 2 è già in mora.
In ambito condominiale l'accezione moroso è utilizzata, solitamente, per indicare un condòmino che è fortemente arretrato con il pagamento dei contributi condominiali. Questa conclusione scevra da valutazioni tecniche, lo vedremo qui di seguito, ha assunto non poco rilievo nelle conclusioni cui è giunto il Tribunale di Torino con il decreto citato in principio
Recupero crediti condominiali, il decreto ingiuntivo
Quando lo stato di morosità nei pagamenti raggiunge dimensioni rilevanti (buona norma imporrebbe di attivarsi prima di questa situazione), l'amministratore non ha altra alternativa che agire in giudizio per il recupero dei crediti condominiali: si tratta del noto ricorso per decreto ingiuntivo condominiale.
L'art. 63 disp. att. c.c. riconosce alla richiesta fondata su uno stato di riparto particolare forza, in quanto questa consente di ottenere la provvisoria esecutività del decreto.
Dal complesso delle norme citate in principio, parrebbe che l'amministratore di condominio abbia un preciso obbligo di attivarsi per l'esazione dei crediti condominiali. Vero, l'art. 1129 c.c. impone di agire per via forzosa entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.
Che cosa succede se l'amministratore non si attiva? È soggetto a revoca giudiziale per gravi irregolarità nella gestione?
No, almeno non necessariamente. In una controversia avente ad oggetto tra le varie contestazioni, anche l'omessa attivazione dell'amministratore per il recupero delle somme dovute dai condòmini morosi, il Tribunale adito ha stabilito che non v'è stata irregolarità nella gestione in quanto può «ritenersi consentita all'amministratore un'attenta ponderazione circa l'opportunità di agire giudizialmente nei confronti dei condomini per la riscossione delle quote ancora dovute anche sulla scorta delle condotte abituali degli stessi, ossia in considerazione della circostanza che si tratti di condomini abitualmente solventi o meno, anche al fine di evitare l'inutile dispendio di attività giurisdizionale con conseguente possibile aggravio delle spese gravanti sul Condominio stesso» (Trib. Torino 31 luglio 2019 n. 1768).
In effetti quello previsto dall'art. 1129, nono comma, c.c. è un obbligo il cui inadempimento non è considerato automaticamente sintomo di grave irregolarità in grado di compromettere la normale gestione del condominio.
La valutazione del giudice torinese, sebbene non esattamente conforme al dettato normativo, pare cogliere nel segno: nessun automatismo tra omessa azione giudiziale nei confronti dei morosi e irregolarità nella gestione.
Si badi: qui il riferimento è all'azione giudiziale, non ai solleciti extra giudiziali che, invece, è doveroso siano eseguiti perché è dovere dell'amministratore riscuotere i contributi condominiali.