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Due comproprietari di due abitazioni valgono come un solo condòmino

Quando uno o più appartamenti in condominio sono in comproprietà, come vengono calcolati i comproprietari nei casi in cui si deve fare il conteggio dei condomini, così ad esempio per la costituzione dell'assemblea e l'assunzione delle delibere?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

Il conteggio dei condomini

Spesso ci si interroga di come debba essere calcolato, ai fini della costituzione dell'assemblea e della validità delle deliberazioni, un condomino che ha più unità immobiliari ovvero due soggetti che hanno in comunione più alloggi nel medesimo palazzo.

Nel primo caso si tiene conto della persona, valendo come 1, o degli appartamenti valendo il soggetto tante volte quanti sono questi ultimi? Se gli alloggi sono in comproprietà e sono due o più, si tiene conto che questi asseriscono alla comunione, quindi ad una unità, o si fa riferimento al numero degli alloggi?

Determinarne il corretto calcolo è importante sia per la presenza in assemblea, sia per le decisioni dell'assise condominiale. Di conseguenza viene in rilievo anche l'eventuale impugnazione della deliberazione, se il ragionamento fatto è stato errato e il relativo voto è stato determinante.

Tre alloggi, di cui due in comproprietà

Il caso è stato nuovamente affrontato di recente dal Supremo Collegio con la decisione del 23 luglio 2020, n. 15705.

La fattispecie attiene ad una realtà di tre unità immobiliari, una di proprietà esclusiva di un soggetto e le altre due in comunione tra due fratelli.

I giudici di merito, sia il Tribunale sia la Corte di Appello hanno ritenuto che dovessero applicarsi le norme in tema di comunione, e non quelle sulla maggioranza dettate in tema di condominio, pur qualificando la fattispecie come "condominio minimo" perché il numero di partecipanti era inferiore a tre.

Si evidenzia poi che a questo ragionamento non osta l'art. 67, comma 2, disp. att., c.c., vecchia versione, visto che i fatti risalgono al 2011.

I due comproprietari ben possono designare un rappresentante per ciascuna delle loro unità immobiliari in comunione, con ciò non mutando la composizione personale del condominio, portando a tre il numero dei partecipanti aventi diritto al voto.

Il precedente delle Sezioni Unite

Risulta strano che la qualificazione sia stata individuata nella comunione, visto che la Cassazione a Sezioni Unite del 31 gennaio 2006, n. 2046 aveva osservato che l'edificio composto da due soli condomini, dove vi è la presenza di parti di proprietà individuale e parti di proprietà comune è pur sempre un condominio e non una comunione. Quest'ultima infatti è data dalla sola presenza di comproprietà.

Infatti, come evidenziato dalle Sezioni Unite, l'assemblea di un condominio formato da due soli condomini, si costituisce e decide validamente con la presenza di tutti e due i condomini, non essendovi alcun ostacolo all'applicazione dell'art. 1136 c.c. in tema di assise condominiale.

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Il rappresentante dei comproprietari

Ritornando al caso di specie, l'art. 67, comma 2, disp. att., c.c. ha ad oggetto il condominio e non la comunione. Questa norma detta il principio sulla cui base se vi è comunione in condominio, cioè più proprietari pro indiviso, essi devono nominare un rappresentante che esprima un voto e una volontà unica.

Ove i comproprietari siano in contrasto sui temi da decidere in assemblea, è una questione che si pone anteriormente all'assemblea stessa, tra i soli comproprietari, non potendo inficiare la riunione.

Il voto personale del condomino

Com'è noto, l'art. 1136 c.c. prescrive in forma inderogabile le maggioranze assembleari. L'approvazione delle deliberazioni necessita di un certo numero di partecipanti al condominio e un certo valore dell'edificio di cui alle rispettive quote.

Da ciò si ritiene che ogni condomino intervenuto possa esprimere un solo voto, quale ne sia l'entità della quota.

In questi termini deve essere anche considerato il caso in cui la quota sia data da più unità immobiliari, dovendo dare prevalenza al voto personale rispetto al valore, sia pure minimo, della quota rappresentata dal singolo condomino.

"Se, pertanto, due o più persone siano tutte comproprietarie pro indiviso di due o più unità immobiliari nello stesso edificio, esse non hanno diritto ad esprimere tanti voti quanti siano i distinti rappresentanti che designano.

Il diritto di intervento attribuito dall'art. 67, comma 2, disp. att. c.c. non altera il numero dei "partecipanti al condominio" con riguardo all'elemento personale supposto dall'art. 1136 c.c., nel senso che, ai fini delle maggioranze numeriche, i comproprietari delle medesime unità immobiliari "contano per uno", e cioè esprimono un solo voto".

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L'assemblea del condominio minimo

Nel caso di specie si è in presenza del condominio minimo, in quanto costituito da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni, per il quale operano le norme in tema di organizzazione e funzionamento dell'assemblea, pur essendo impedito il ricorso al principio di maggioranza.

Si ha quindi che l'assemblea del condominio minimo è validamente costituita con la presenza di entrambi i condomini e delibera validamente soltanto con decisione unanime di tutti e due.

Se non raggiunge l'unanimità, visto che il numero dei partecipanti è solo due, vi è l'obbligo di adire l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c.

Così ad esempio quando i due soggetti decidono in modo discordante tra loro o se, malgrado la giusta e corretta convocazione, uno dei due non si presenti alla riunione.

Da qui il seguente principio di diritto: "Allorché i partecipanti ad un condominio siano uno proprietario esclusivo di una unità immobiliare ed altri comproprietari pro indiviso delle restanti unità immobiliari comprese nell'edificio, atteso che i medesimi comproprietari, con riguardo all'elemento personale supposto dall'art. 1136 c.c., sebbene abbiano designato distinti rappresentanti, esprimono comunque un solo voto, deve ravvisarsi un "condominio minimo", per il quale opera la disciplina dettata dal codice civile in tema di funzionamento dell'assemblea condominiale, pur essendo impedito il ricorso al principio di maggioranza; ne consegue che, ove non si raggiunga l'unanimità, è necessario adire l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c. c."

Sentenza
Scarica Cass. 23 luglio 2020 n. 15705
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