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Anticipazioni dell'amministratore: l'approvazione del rendiconto successiva al decreto ingiuntivo va considerata nel giudizio di opposizione

L'oggetto del giudizio si estende all'accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Nel sistema delineato dal codice di procedura civile, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo rappresenta un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione.

In particolare, ciò avviene con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza, e non a quello anteriore della domanda o dell'emissione del provvedimento opposto.

Dunque, nel giudizio di opposizione contro il decreto ingiuntivo che ha riconosciuto all'amministratore il rimborso delle somme a titolo di anticipazione effettuate nel corso dell'incarico, il giudice dell'opposizione dovrà tener conto dell'eventuale delibera di approvazione del consuntivo, nonché dell'invio del modello 770, nonostante siano successivi al decreto ingiuntivo oggetto di opposizione.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 15702/2020 accogliendo il ricorso di un ex amministratore che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del Condominio a titolo di compensi dovuti e anticipazioni effettuate nel corso dell'incarico di amministrazione condominiale.

Anticipazioni dell'amministratore nell'esecuzione del mandato

Come noto, in virtù del rapporto di mandato che si instaura fra condomini e amministratore condominiale, ai sensi dell'art. 1720 del codice civile il mandante (condominio) è obbligato a restituire al mandatario (amministratore) le anticipazioni fatte nell'esecuzione del mandato.

Affinché l'amministratore possa ottenere il rimborso delle somme anticipate, per la giurisprudenza è necessario che il rendiconto approvato dimostri l'esistenza di un disavanzo colmato da parte dell'amministratore; in assenza di tale rendiconto, invece, l'amministratore non potrebbe ricorrere in giudizio per ottenere la restituzione delle somme anticipate (cfr. Cass., n. 19348/2005).

Tuttavia, si ritiene che il solo rendiconto dal quale emerga un disavanzo (maggiori uscite rispetto a quanto riscosso) non sia sufficiente a far sorgere, in via deduttiva, un diritto di credito in capo all'amministratore per le anticipazioni effettuate. Al tal fine è indispensabile anche che l'amministratore stesso fornisca una prova dell'esistenza del credito e del suo ammontare.

In particolare, la giurisprudenza ritiene che l'amministratore debba dimostrare, attraverso documenti giustificativi, gli esborsi effettuati nell'interesse del condominio e la causale degli stessi, nonché tutti gli elementi di fatto funzionali all'individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, affinché l'assemblea dei condomini possa stabilire (anche in relazione ai fini da perseguire e ai risultati raggiunti) se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (cfr. Cass. n. 1186/2019).

Prova degli esborsi effettuati dal mandatario

Sull'argomento la Suprema Corte è tornata con la recente ordinanza n. 15702 pubblicata il 23 luglio 2020: la sesta sezione civile ha accolto il ricorso di un ex amministratore condominiale che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del Condominio a titolo di compensi dovuti e anticipazioni effettuate nel corso dell'incarico.

A seguito dell'opposizione del condominio, la Corte d'Appello conferma il pagamento dei soli compensi, riconosciuti come dovuti dal Condominio, mentre non viene ritenuta raggiunta la prova del credito per la parte relativa alle anticipazioni dedotte in sede monitoria.

A tal fine, per la Corte territoriale non poteva tenersi conto né della deliberazione di approvazione del rendiconto, né dell'invio documentato del modello 770, in quanto si trattava di prove entrambe successive al decreto ingiuntivo oggetto di opposizione.

La Corte di Cassazione, in prima battuta, rammenta come il credito dell'amministratore per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio si fondi, ex art. 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini.

Pertanto, è l'amministratore che deve offrire la prova degli esborsi effettuati, trattandosi del mandatario che agisce in giudizio per il recupero delle spese e delle anticipazioni sopportate per l'esecuzione dell'incarico: a quest'ultimo spetta dimostrare i fatti che ne costituiscono il fondamento, dunque l'esecuzione del negozio gestorio e l'esborso effettuato in occasione di esso.

I condomini (quindi il condominio), quali mandanti, saranno tenuti a rimborsare le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e dovranno dimostrare di avere adempiuto all'obbligo di tenere indenne l'amministratore da ogni diminuzione patrimoniale in proposito.

Non sempre l'amministratore di condominio ha diritto al rimborso delle somme anticipate personalmente

Ricognizione del debito

Spetta dunque all'amministratore fornire la dimostrazione dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle spese sostenute. All'assemblea, invece, spetta il potere di approvare, col conto consuntivo, gli incassi e le spese condominiali.

Tuttavia, gli Ermellini precisano che solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore (cfr. Cass. n. 8498/2012).

Peraltro, "la deliberazione dell'assemblea di condominio, che procede all'approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro proprio, in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell'organo collegiale in relazione a poste passive specificamente indicate (Cass. Sez. 2, 09/05/2011, n. 10153)".

Per la Suprema Corte non costituisce idonea prova del debito neppure l'accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente, per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili.

Infatti, spetta pur sempre all'assemblea l'approvazione del conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero al fine di valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore.

Potere di spese dell'amministratore di condominio

La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, dunque, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata (cfr. Cass., n. 8498/2012).

Fatti costitutivi successivi al decreto ingiuntivo

Nel caso di specie, al fine di valutare la sussistenza del credito dell'ex amministratore per il recupero delle somme anticipate ex art. 1720 c.c., la Corte d'Appello ha sbagliato a ritenere di non poter tenere conto delle prove successive al decreto ingiuntivo oggetto di opposizione (peraltro corroborate dall'atteggiamento difensivo dell'opponente Condominio, il quale, in sede di conclusioni, ha ridotto l'importo in contestazione).

La giurisprudenza di legittimità, della quale non ha tenuto conto il giudice a quo, precisa che "il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel sistema delineato dal codice di procedura civile, si atteggia come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento - con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza, e non a quello anteriore della domanda o dell'emissione del provvedimento opposto -, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione".

Pertanto, qualora il giudice dell'opposizione accerti che l'ingiunzione era stata emessa in difetto dei presupposti processuali, non potrà limitarsi a revocare l'opposto decreto, ma dovrà pronunciare nel merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione e tenere conto di tutti gli elementi di giudizio comunque ritualmente acquisiti agli atti.

Dunque, nella specie, "occorreva tener conto della delibera di approvazione del consuntivo, nonché dell'invio del modello 770, senza che rilevi in contrario l'eventuale posteriorità dell'accertato fatto costitutivo al momento dell'emissione suddetta, potendo influire la mancanza o l'insufficienza degli elementi probatori sulla cui base fu pronunciato il decreto soltanto sul regolamento delle spese processuali (Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7448; Cass. Sez. 2, 17/11/1994, n. 9708; Cass. Sez. 1, 22/05/2008, n. 13085; Cass. Sez. L, 17/10/2011, n. 21432)". In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio.

Sentenza
Scarica Cass. 23 luglio 2020 n. 15702
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