Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Si possono vendere immobili che vengono da una donazione?

Acquisto di beni provenienti da atto di liberalità: quali sono i rischi? Cos'è e come funziona l'azione di riduzione?
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

Uno dei modi più comuni di trasferire tra familiari la proprietà di un bene immobile è la donazione. Si tratta di un contratto a tutti gli effetti, con la particolarità che l'intento del donante è caratterizzato dallo spirito di liberalità, cioè dalla volontà di accrescere il patrimonio altrui a discapito del proprio.

I motivi che possono spingere a effettuare una donazione sono molteplici; il più comune è quello di regolare in vita la propria futura successione.

E infatti, la legge considera la donazione come un anticipo sull'eredità, tanto che, come vedremo, gli eredi che si sentono "defraudati" possono aggredire tale trasferimento. Di qui sorge spontanea una domanda: si possono vendere gli immobili che vengono da una donazione?

Sin da subito si può affermare che non sussiste una preclusione in tal senso: in altre parole, non c'è una norma di legge che impedisce di vendere le cose ricevute in donazione.

Tuttavia, il trasferimento successivo di beni donati potrebbe essere rischioso e far andare incontro a spiacevoli problemi.

Se l'argomento t'interessa, prosegui nella lettura: vedremo insieme se si possono vendere immobili donati e quali rischi ci sono.

Donazione: cos'è e come funziona?

Secondo l'art. 769 del codice civile, la donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione.

La donazione è dunque un contratto in piena regola, caratterizzato dall'impoverimento di chi lo compie e dall'arricchimento del beneficiario. Quest'ultimo può avvenire mediante:

  • il trasferimento di un diritto (ad esempio, della proprietà di un immobile)
  • l'assunzione di un obbligo (di pagare un debito, di versare una somma di danaro, ecc.).

La donazione è un contratto particolare perché necessita di una specifica forma: secondo la legge, la donazione deve essere fatta per atto pubblico in presenza di due testimoni, sotto pena di nullità. L'accettazione può essere fatta nell'atto stesso o con atto pubblico posteriore.

In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione è notificato al donante.

Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione (art. 782 c.c.).

Azione di riduzione: cos'è e come funziona?

Come ricordato nell'introduzione, la donazione rappresenta un anticipo sulla futura successione. In buona sostanza, se tuo padre ti intesta un'abitazione e, alla sua morte, non lascia a tuo fratello qualcosa che possa compensare l'immobile che ti è stato regalato, allora sarà possibile impugnare la donazione e "riequilibrare" la situazione ereditaria.

Per evitare disparità di trattamento, la legge consente agli eredi che ritengono che la propria quota sia stata lesa dalle donazioni di agire contro queste ultime mediante un'apposita azione, definita di riduzione: con quest'ultima è possibile ottenere quanto sarebbe spettato se la donazione non fosse mai avvenuta.

L'impugnazione della donazione avviene mediante azione di riduzione: si tratta di un'azione giudiziaria, da proporsi mediante atto di citazione, attraverso cui gli eredi legittimari la cui quota sia stata lesa possono ottenerne il ripristino (artt. 553 ss. C.c.).

L'azione di riduzione, quindi, serve a sanare la posizione degli eredi protetti dalla legge (coniuge, figli e ascendenti). Essa va esperita necessariamente dopo la morte del de cuius, allorquando si abbia certezza della lesione dei propri diritti. Solamente all'apertura della successione, appurata la violazione, è possibile per gli eredi agire con riduzione.

Impugnabilità della donazione: quando è possibile

L'azione di riduzione si propone citando in tribunale tutte quelle persone, anche diverse dai coeredi (e quindi, anche l'eventuale acquirente del bene donato), che hanno beneficiato ingiustamente del patrimonio del defunto.

L'azione di riduzione, però, presuppone un calcolo preciso: la legge stabilisce con esattezza le porzioni di eredità da attribuire a ciascun legittimario.

Per poter effettuare la giusta stima, è necessario valutare l'asse ereditario al netto dei debiti e delle donazioni fatte in vita.

Azione riduzione: prescrizione

L'azione di riduzione può essere esercitata dagli eredi che ritengono aver subito una lesione della propria quota entro dieci anni dall'apertura della successione.

Trascorso infruttuosamente questo termine, gli eredi non potranno più far nulla e la situazione diverrebbe immutabile. Se la lesione della quota di legittima è avvenuta con donazione fatta in vita dalla persona oramai defunta, allora si ritiene che il termine, sempre decennale, decorra dall'apertura della successione, cioè dalla morte del de cuius, atteso che gli eredi erano già consapevoli della violazione del loro diritto.

Si ricordi, infine, che l'azione di riduzione può venir meno non soltanto per il trascorrere del termine prescrizionale, ma anche per rinuncia da parte dei legittimari, rinuncia che non può essere fatta valere finché è in vita in donante, ma solamente alla sua morte.

Donazione casa ai figli, come funziona e quanto costa?

Si possono vendere immobili ricevuti in donazione?

Alla luce di quanto illustrato sino a questo momento, possiamo affermare che sicuramente si possono vendere gli immobili ricevuti in donazione.

L'unico problema, però, è che il compratore potrebbe vedersi compromesso l'acquisto nel caso in cui l'immobile sia stato donato al venditore ledendo la quota di legittima spettante agli eredi.

In un caso del genere, l'azione di riduzione può essere esercitata contro chiunque sia il titolare del bene al momento in cui essa è esercitata.

In pratica, significa che l'acquirente, se non presta le dovute attenzioni, rischia di dover restituire l'immobile agli eredi che hanno esperito vittoriosamente l'azione di riduzione, ovvero di dover pagare loro l'equivalente in danaro.

Acquisto beni immobili donati: come tutelarsi?

Poiché l'azione di riduzione si prescrive dopo dieci anni dall'apertura della successione, per essere certi che l'acquisto di un immobile donato sia inattaccabile si potrà verificare se il donante è deceduto da più di dieci anni.

E infatti, solo da questo momento può essere fatto valere il diritto del legittimario a vedersi riconosciuta la propria quota di legittima.

Va inoltre considerato quest'altro aspetto: la restituzione di un immobile donato può essere chiesta al donatario e ai successivi aventi causa entro massimo venti anni dalla trascrizione della donazione.

L'azione di restituzione (azione reale conseguente all'azione di riduzione) può essere esperita dal legittimario leso o escluso solo se non sono decorsi venti anni dalla donazione. Qualora i vent'anni siano invece trascorsi, non vi è alcun rimedio per il legittimario vittorioso nell'azione di riduzione, se il patrimonio del donatario è incapiente per soddisfare i crediti del legittimario stesso.

Fermo restando quindi il limite di prescrizione decennale dell'azione di riduzione, la legge ha previsto un ulteriore termine ventennale, decorrente dalla trascrizione della donazione, entro il quale il legittimario può esercitare l'azione di riduzione per ottenere la restituzione dei beni donati.

Trascorsi venti anni dalla donazione, infatti, il legittimario che non trovi nel donatario un patrimonio sufficiente a ripristinare la propria quota di legittima, non può avanzare più alcuna pretesa nei confronti di un eventuale terzo cui sia pervenuto il bene dal donatario.

  1. in evidenza

Dello stesso argomento


Donazione, se un giorno bussa alla porta un erede

Uno dei maggiori rischi derivanti della donazione è che un giorno un erede legittimario possa lamentare la lesione della sua quota legittima e chiedere la restituzione del bene o il corrispondente in denaro