Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

La delibera deve essere scritta e non può essere provata per testimoni

Per la Corte d'Appello di Genova non è possibile ricorrere alla prova per testi per definire il contenuto della decisione assembleare, dovendo questa risultare in forma documentale.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Nell'ambito del giudizio avente ad oggetto la contestazione di una delibera condominiale, non è ammissibile il ricorso alla prova testimoniale per dimostrare una volontà assembleare diversa da quella emergente dal verbale. Ciò in quanto la delibera condominiale deve risultare in forma documentale (ex art. 1136 ultimo comma c.c.).

Si tratta di un orientamento ormai maggioritario, che prende le mosse da una pronuncia della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 2101/1997) e che ha trovato sempre maggior seguito nelle pronunce di merito (cfr. Trib. Salerno 7 ottobre 2016 e Tribunale di Roma 22 Marzo 2011). Più di recente, vi ha aderito anche la Corte d'Appello di Genova, con la sentenza n. 106 del 29 gennaio 2021.

La vicenda esaminata dalla Corte ligure origina dall'istanza di alcuni condomini tesa alla dichiarazione di annullamento di una deliberazione assembleare, accolta parzialmente dal Tribunale, che la riteneva invalida per indeterminatezza in relazione al criterio di riparto delle spese di sostituzione dell'impianto idrico.

Il giudice di prime cure rilevava come fossero stati previsti due possibili criteri alternativi, tuttavia, a verbale, non era stata specificata la volontà assembleare, non essendo stato indicato quale criterio fosse stato approvato.

I criteri per l'interpretazione della delibera assembleare

Una conclusione contestata in appello dal Condominio, il quale ritiene che un errore nella verbalizzazione della delibera assunta dall'assemblea abbia determinato un'apparente oscurità della determinazione assembleare finale, incertezza superabile con l'applicazione dei criteri di cui all'art. 1362 e ss. del codice civile.

In effetti, rammenta la Corte territoriale, "le delibere dell'assemblea condominiale, ove esprimano una volontà negoziale, devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e seguenti c.c., privilegiando, innanzitutto, l'elemento letterale, e quindi, nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti" (cfr. Cass. 28763/17).

Nel caso di specie, la Corte territoriale evidenzia come dalla lettura del verbale risulti chiaramente solo che fu posto in votazione uno dei due criteri proposti, mentre mancano elementi per ritenere che fu proprio il primo criterio proposto ad ottenere la maggioranza dei voti favorevoli. È di palese evidenza, dunque, la mancanza di un passaggio decisivo per identificare l'oggetto della votazione.

E, secondo il giudice del gravame, tale omissione non può essere colmata facendo riferimento ai criteri di cui all'art. 1362 c.c., dal momento che nessuna espressione usata rimanda alla prima opzione, né ricorrendo al comportamento complessivo delle parti (non essendoci elementi per ritenere che i condomini intendessero confermare il criterio precedentemente adottato), né applicando il principio di cui all'art. 1367 c.c., dal momento che entrambe le opzioni avrebbero consentito alla delibera di produrre effetti, mentre il punto è capire quale fu la scelta dell'assemblea.

Contenuto delibera assembleare: esclusa la prova testimoniale, sempre necessaria la forma scritta

A differenza di quanto indicato dal Condominio appellante, il Collegio sottolinea come non sia neppure possibile ricorrere alla prova per testi per chiarire ogni dubbio, in quanto la volontà dell'assemblea deve infatti risultare in forma documentale secondo quanto previsto dall'art. 1136 del codice civile.

Sul punto si richiama l'orientamento giurisprudenziale secondo cui vi sarebbe "un vero e proprio obbligo di redazione del verbale anche nel caso in cui nessuna decisione venga deliberata dall'assemblea, in quanto essa costituisce una delle prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale (avviso di convocazione, ordine del giorno, etc.), la cui inosservanza comporta l'impugnabilità della delibera, in quanto non presa in conformità della legge" (Cass. 5014/99).

L'inquilino può far scattare l'accertamento a carico del padrone di casa

Il verbale dell'assemblea, spiega la Corte d'Appello, costituisce la fonte di informazione e di prova in merito a tutte le decisioni assunte dall'organo sovrano del condominio, ovvero l'assemblea dei condomini, ed è volto a consentire un adeguato controllo, formale e sostanziale, della validità e legittimità di tali decisioni, al punto che il codice civile prescrive la tenuta da parte dell'amministratore di un registro dei verbali il cui inadempimento costituisce motivo di revoca dell'amministratore (artt. 1129, co. 12, n. 7 e 1130 n. 7 c.c.).

L'importanza del verbale appare ancor più evidente ove si consideri che questo costituisce l'unica fonte di conoscenza delle decisioni assembleari per il condomino assente e che dalla sua comunicazione decorre il termine per impugnare la delibera, ai sensi dell'art. 1137 del codice civile.

Per queste ragioni, conclude la Corte ligure, non è accettabile un contenuto "a sorpresa", che emerga magari a distanza di tempo, proprio tramite testimoni, quando i termini per impugnare sono preclusi.

Di conseguenza, deve escludersi il ricorso alla prova testimoniale per definire il contenuto della decisione assembleare, poiché una simile conclusione rischia di tradire le esigenze di certezza e di tutela degli assenti.

Conferma dell'amministratore, la mancata indicazione del nome sul verbale non rende la delibera invalida

Infine, nonostante si discuta se la forma scritta del contenuto delle delibere sia "ad substantiam" o "ad probationem", in ogni caso, si legge in sentenza, si applica la disciplina di cui agli artt. 2722 e 2725 del codice civile.

Infatti, "la giurisprudenza ammette sì che il divieto contenuto in tali norme non operi quando la prova testimoniale serva a fornire elementi idonei a chiarire o interpretare il contenuto del documento, ma non quando, diversamente, essa serve per identificare gli elementi essenziali del documento.

Cosa che avverrebbe nel caso di specie, in cui la prova testimoniale sarebbe finalizzata a sopperire alla mancanza dell'oggetto della votazione (qual era la decisione approvata dall'assemblea). Correttamente, dunque, il Tribunale non ha dato corso alla prova testimoniale per essere la causa documentale.

Sentenza
Scarica App. Genova 29 gennaio 2021 n. 106
  1. in evidenza

Dello stesso argomento