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Spese portierato, criteri regolamentari e legali, quali si applicano?

Quando e in che modo l'assemblea potrà legittimamente derogare ai criteri legali di ripartizione delle spese di portierato in condominio.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Il tema della ripartizione delle spese di portierato, qualora la figura del portiere sia presente in Condominio, è spesso foriero di dubbi e incertezze, come dimostrano i numerosi interventi della giurisprudenza che si è pronunciata in materia a seguito delle istanze dei condomini stessi.

I giudici di legittimità e di merito sono pressoché concordi nel ritenere che tali spese rientrino tra gli oneri condominiali e vadano ripartite ai sensi dell'art. 1123 c.c., dunque in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno dei condomini (cfr. Cass. 25 giugno 2020 n. 12659).

Si giunge a tale conclusione poiché trattasi di un servizio, per sua natura, tale da assicurare la custodia e la vigilanza dell'intero fabbricato, la cui applicabilità può essere legittimamente negata solo se risulti una contraria convenzione oppure qualora si accerti che il servizio, per particolari situazioni di cose e luoghi, non può considerarsi reso nell'interesse di tutti i condomini (cfr. Trib. Roma 22 giugno 2011 n. 13684).

Un'ulteriore conferma in tal senso giunge dalla recente sentenza n. 1804 del 5 dicembre 2020 con cui la Corte d'Appello di Palermo si è pronunciata in merito all'impugnazione di alcune delibere assembleari che, tra le altre cose, avevano approvato un nuovo regolamento condominiale, confermando però parzialmente il precedente (datato 1960) nella parte in cui prevedeva la ripartizione delle spese del servizio di portierato non in misura proporzionale, bensì con quota fissa per appartamento.

Innanzi ai giudici del gravame, i condomini insistono nella declaratoria di invalidità della delibera che aveva confermato il regolamento del 1960 e approvato il piano di riparto delle spese di portierato con criterio "capitario", ritenendola viziata in quanto approvata a maggioranza e non all'unanimità, in violazione dell'art. 1123 del codice civile. Motivo che la Corte territoriale ritiene meritevole di fondamento.

Spese portierato: come si ripartiscono?

In primis, il Collegio rammenta, ai sensi del citato art. 1123 c.c., che le spese per la prestazione dei servizi nell'interesse comune, quali quelle di portierato, devono essere sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

A tal fine sarà, tuttavia, necessario il consenso unanime dei condomini, in assenza del quale le delibere delle assemblee di condominio che deroghino "una tantum" ai criteri legali di ripartizione delle spese comuni dovranno ritenersi nulle.

La Corte d'Appello dà seguito a quel principio di diritto alla stregua del quale "in mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità, espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell'art. 1123 c.c., comma 1, e, pertanto, non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire con criterio capitario le spese necessarie per la prestazione di servizi nell'interesse comune" (cfr. Cass. n. 27233/2013).

Nella fattispecie in esame, la delibera condominiale della quale si eccepisce l'invalidità ha inteso adottare il criterio di riparto delle spese di portierato già previsto nel regolamento di condominio del 1960 e dalle relative tabelle millesimali. E nulla vieta all'assemblea, che è sovrana nel prendere le proprie decisioni, di concludere in tal senso.

Tuttavia, poiché il regolamento al quale l'assemblea ha fatto riferimento contiene una clausola che prevede la ripartizione delle spese dei servizi comuni con un criterio difforme da quello legale, previsto dall'art. 1123 c.c., per la sua approvazione non sarebbe stata sufficiente la maggioranza, occorrendo al contrario l'unanimità.

Deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese condominiali e spese di portierato

Un assunto ritenuto pacifico e ribadito anche dalla Suprema Corte, la quale ha spiegato che "i criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'art. 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta o nel regolamento condominiale (che perciò si definisce di natura contrattuale), o in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità ovvero col consenso di tutti i condomini" (cfr. Cass. n. 16321/2016 e n. 641/2003).

Si ritiene, infatti, che la natura delle disposizioni contenute nell'art. 1118, comma 1, c.c. e nell'art. 1123 c.c. non precluda l'adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà.

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In assenza di limiti posti dall'art. 1123 c.c., si ritiene che la deroga convenzionale ai criteri codicistici di ripartizione delle spese condominiali possa arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni e addirittura a prevedere l'esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall'obbligo di partecipare alle spese medesime (cfr. Cass. n. 5975/2004 e n. 6844/1988).

Ripartizione convenzionale spese di portierato: quando la delibera è nulla?

Tuttavia, viene imposta a pena di radicale nullità l'approvazione di tutti i condomini per le delibere dell'assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall'art. 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento cosiddetto "contrattuale" (cfr. Cass. n. 6714/2010, n. 17101/2006 e n. 126/2000).

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Quanto alle conseguenze in caso di deliberazioni adottate senza rispettare tale principio, la Corte d'Appello effettua però un'ulteriore precisazione. Saranno affette da nullità, che potrà essere fatta valere anche da parte del condominio che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessarie per esse il consenso unanime dei condomini.

Saranno invece annullabili e dunque impugnabili nel termine di cui all'art. 1137, ultimo comma, c.c., le delibere con cui l'assemblea, nell'esercizio delle attribuzioni previste dall'art. 1135, n. 2 e n. 3, c.c., determini in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all'art. 1123 c.c., qualora la delibera non abbia compiuto alcuna determinazione in ordine ai criteri di riparto da adottare, ma si sia limitata a ripartire le spese sulla base delle tabelle millesimali nel presupposto che si trattasse, ad esempio, di spese per servizi di cui tutti i condomini usufruivano, perché relativi a beni di uso comune (cfr. Cass. n. 19651/2017).

Nel caso esaminato, la Corte siciliana conclude dunque per la radicale nullità della delibera che ha disapplicato i criteri stabiliti dalla legge in relazione alle spese di portierato senza l'unanimità dei condomini.

Sentenza
Scarica App. Palermo 5 dicembre 2020 n. 1804
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