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Cambio di destinazione d'uso del locale portineria: tra limiti e opportunità

Dismissione del servizio di portineria e diverso utilizzo dell'alloggio.
Avv. Marcella Ferrari - Foro di Savona 

Sempre più spesso, il servizio di portineria viene dismesso e sorge l'esigenza di sfruttare il relativo alloggio in modo proficuo. Infatti, lasciarlo inutilizzato, rappresenta un onere per i condomini, su cui gravano le spese, in quanto bene comune.

Allora, che fare? Innanzitutto, occorre modificare la destinazione d'uso del locale portineria e poi decidere come impiegarlo vantaggiosamente: ad esempio, concederlo in locazione, per ricevere il canone, ovvero alienarlo a terzi (con l'ulteriore onere di modificare le tabelle millesimali) o ancora attribuirgli una funzione diversa, come quella di rimessaggio per le biciclette o di deposito o di sala riunioni. Le opportunità sono molteplici, così come le modalità per metterle in atto. Analizziamole brevemente.

Il locale portineria. Il locale portineria rientra nella proprietà comune di tutti i condomini [1], se non risulta diversamente dal titolo (art. 1117 c. 1 n. 2 c.c.). Invero, non sempre l'alloggio del portiere è una res communis, come recentemente ha spiegato la Cassazione.

Infatti, diversamente dalle altre parti condominiali, come il suolo, le fondazioni e i muri maestri (art. 1117 c. 1 n. 1 c.c.), i locali dello stabile contemplati dall'art. 1117 n. 2 c.c., «raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome: per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune.

In difetto di espressa disciplina negoziale, affinché un locale sito nell'edificio - che, per la sua collocazione, può essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa - diventi una parte comune ai sensi dell'art. 1117 n. 2 cit., occorre che, all'atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune.

Se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non può considerarsi come bene comune» (Cass. n. 14796/2017). Ciò premesso, vediamo cosa accade quando il servizio di portineria viene dismesso.

Soppressione del servizio di portierato. Solitamente, il locale portineria è un appartamento dedicato al servizio di portierato, composto da due o tre ambienti, a seconda del numero di componenti della famiglia del portiere [2].

Naturalmente, sinché dura l'attività di portierato, il suddetto alloggio è nella disponibilità dell'incaricato, sul quale incombe l'obbligo di rilascio, qualora venga licenziato o allorché il servizio sia soppresso (Cass. n. 18649/2012).

In relazione alla soppressione del portierato, occorre distinguere due ipotesi: 1) la fattispecie in cui il suddetto servizio sia previsto nel regolamento condominiale e 2) quella in cui non vi trovi menzione.

Orbene, nel primo caso, l'eliminazione del servizio di portierato postula una modifica del regolamento di condominio [3].

Pertanto, la delibera modificativa deve avvenire con la maggioranza degli intervenuti e la metà del valore dell'edificio (500 millesimi) (Cass. n. 3708/1995).

Nel secondo caso, invece, la delibera si assume con le ordinarie maggioranze per la validità delle assemblee, in prima e seconda convocazione.

Invero, preme sottolineare come la questione non sia così pacifica, infatti, secondo un orientamento giurisprudenziale, la conseguenza della soppressione del portierato consiste nel dare una diversa destinazione al locale de quo, traducendosi in un'innovazione e richiedendo la maggioranza degli intervenuti e 2/3 del valore dello stabile (art. 1136 c. 5 c.c.) ovvero richiedendo la maggioranza super-qualificata dei 4/5 introdotta dal nuovo art. 1117 ter c.c. Per questa ragione, onde evitare contestazioni [4], è opportuno procedere a due diverse deliberazioni:

  1. la prima, in ordine alla soppressione del servizio di portierato,
  2. la seconda, sul cambio di destinazione d'uso del locale portineria.

Soffermiamoci sul secondo aspetto.

Cambio di destinazione della portineria. La modifica della destinazione d'uso, in passato, veniva considerata pacificamente un'innovazione, con la conseguente applicazione delle maggioranze previste dall'art. 1136 c. 5 c.c. (maggioranza degli intervenuti e 2/3 del valore dell'edificio).

L'innovazione, infatti, non comprende solo un mutamento materiale, ma anche uno funzionale, come può essere il cambiamento di destinazione originaria del bene o del servizio.

L'esempio tipico è quello in cui l'assemblea delibera di adibire il cortile da stenditoio a parcheggio ovvero di impiegare diversamente il locale portineria.

La legge di riforma del condominio (legge 220/2012) ha attribuito un valore autonomo alla fattispecie della "modifica di destinazione d'uso di parti comuni", introducendo l'art. 1117 ter c.c.

La norma contempla tale possibilità, subordinandola a limiti, a condizioni e ad una specifica maggioranza.

Prima di analizzare questi aspetti, ricordiamo che con "destinazione d'uso", s'intende la funzione che il bene ha assunto sin dall'inizio e dalla quale i condomini possono trarre il relativo vantaggio.

Per esemplificare, di un locale lavanderia, i condomini possono giovarsi solo installandovi stenditoi; di un locale portineria, i comproprietari possono giovarsi per la presenza del portiere e null'altro.

Modificazione della destinazione e possibilità di utilizzo. I condomini possono decidere di trarre dagli spazi comuni un vantaggio diverso o ulteriore rispetto a quello originario. Infatti, il cambiamento delle abitudini di vita comporta spesso la necessità di operare delle modifiche. Nel caso del portierato, ad esempio, si può decidere di:

  1. concedere l'alloggio del portiere in locazione a terzi per trarne profitto;
  2. alienare l'unità abitativa, per liberarsi dai costi di un locale inutilizzato,
  3. trasformarlo in un locale per il rimessaggio delle biciclette o in un deposito o in una sala riunioni.

Prima di approfondire le diverse opportunità di utilizzo sopra esposte, analizziamo i limiti e il procedimento "aggravato" stabilito dalla legge.

Limiti: interesse condominiale, decoro e stabilità dello stabile. L'art. 1117 ter c.c. subordina la modifica di destinazione ad alcuni limiti.

Innanzitutto, occorre che il cambio d'uso risponda ad un interesse condominiale; in buona sostanza, la ragione del cambiamento deve trovare fondamento in un interesse collettivo, pertanto risultano escluse tutte le modifiche che siano rispondenti al vantaggio di alcuni condomini soltanto.

Inoltre, il cambio di destinazione non deve recare pregiudizio alla sicurezza e stabilità dello stabile, né alterare il decoro architettonico (art. 1117 ter c. 5). Sono vietate le opere che indeboliscano le fondamenta o le strutture portanti.

Si tratta di una disposizione analoga a quella prevista in materia di innovazioni (art. 1120 c. 4 c.c.), come in quel caso, il divieto non può essere superato neppure da una deliberazione assunta all'unanimità, in quanto trattasi di una norma di ordine pubblico.

Convocazione assembleare e deliberazione. La convocazione dell'assemblea prevista dall'art. 1117 ter prevedere una "procedura aggravata", infatti, dissimilmente dalla convocazione ordinaria, deve pervenire, mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, almeno 20 giorni prima della data di convocazione.

Inoltre, deve essere affissa per non meno di 30 giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati.

L'avviso di convocazione, a pena di nullità, deve indicare la parte comune oggetto di modifica, nonché la nuova destinazione d'uso proposta.

Il quorum assembleare per una siffatta modifica è molto alto: 4/5 dei partecipanti e 4/5 del valore del condominio (800 millesimi), una sorta di maggioranza "super-qualificata".

L'alloggio adibito a portineria condominiale è un bene comune?

La locazione del locale portineria ad uso abitativo. L'assemblea può deliberare di concedere in locazione uno spazio comune, allorché non sia possibile utilizzare il bene in modo diretto, frazionato o turnario (Cass. n. 22435/2011). La locazione, infatti, viene considerata un "uso indiretto" della cosa comune.

Anche in questo caso, onde evitare contestazioni, è d'uopo procedere con due deliberazioni: 1) la prima, per cambiare la destinazione, 2) la seconda, avente ad oggetto il contratto di locazione vero e proprio.

Infatti, per concedere in locazione il locale portineria, si rende necessario il cambio di destinazione d'uso con la procedura aggravata di cui sopra.

Il contratto di locazione, di per sé, si considera un atto di ordinaria amministrazione, volto a garantire il miglior godimento del bene comune e può essere deliberato a maggioranza semplice; o qualora vi abbia provveduto l'amministratore - senza previo mandato - l'adunanza assembleare può ratificare il contratto (Cass. n. 10446/1198).

Al contrario, è richiesta l'unanimità, solo in caso di locazione ultranovennale (art. 1108 c. 3 c.c.), oltre alla trascrizione in conservatoria (art. 2643 n. 8 c.c.).

Il canone locatizio, ricevuto a seguito del contratto, viene ripartito tra i condomini in base ai millesimi di proprietà; infatti, il diritto di ciascun condomino è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene (art. 1118 c. 1 c.c.).

L'assemblea può decidere che il ricavato sia suddiviso diversamente o destinato ad altro impiego.

L'affitto percepito per il locale di portineria va diviso tra tutti.

La locazione del locale portineria ad uso commerciale. Utilizzare il locale portineria per una locazione commerciale comporta qualche problematica ulteriore. Infatti, non è sufficiente adottare la delibera assembleare con la procedura aggravata sopra descritta, ma occorre anche l'autorizzazione dell'ente comunale.

Infatti, destinare tali locali ad un uso diverso da quello abitativo, come può essere un ufficio aperto al pubblico o un negozio, comporta il cambio di destinazione urbanistico-edilizia a cui segue un mutamento di classificazione catastale.

Occorre, pertanto, istruire un'apposita pratica in Comune, relativa al cambiamento di destinazione urbanistica.

Quindi, il Condominio che intenda modificare la destinazione d'uso dell'unità immobiliare - un tempo adibita ad alloggio del portiere - per trasformarla in un locale commerciale, deve agire su un duplice piano, civilistico (relativo ai rapporti interni) e pubblicistico (afferente rapporti esterni): si tratta di due strade parallele, che non interferiscono l'una con l'altra, ma che devono essere percorse congiuntamente.

Riassumendo, per modificare legittimamente la destinazione d'uso, da abitativa a commerciale, occorre:

  1. la delibera assembleare assunta ex art. 1117 ter c.c. (in virtù dei rapporti interni tra condomini);
  2. l'autorizzazione amministrativa del Comune (in base ai rapporti tra i proprietari del bene e la Pubblica Amministrazione

La vendita del locale portineria: unanimità. Atteso che l'alloggio del portiere rientra tra i beni comuni (salvo che non risulti diversamente dal titolo), per deliberare la compravendita dello stesso è necessaria l'unanimità dei consensi, manifestata per iscritto [5].

Infatti, occorre il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione sul bene comune (art. 1108 c. 3 c.c.).

Dopo la vendita del locale portineria, occorrerà modificare le tabelle millesimali. Infatti, nei millesimi di proprietà di ciascun condomino - anteriormente alla vendita - sono comprese anche le quote di comproprietà di tutti i beni comuni, compreso l'immobile oggetto di alienazione.

Il corrispettivo della compravendita viene suddiviso tra i comunisti in base ai millesimi risultanti al momento dell'atto e, solo dopo il rogito, le tabelle millesimali dovranno essere modificate, in considerazione della presenza di un nuovo condomino.

Adibire il locale portineria ad altro uso (deposito, sala riunioni, ricovero bicilette). I condomini possono decidere di continuare a godere direttamente del bene comune, modificandone la destinazione.

Ad esempio, molto spesso, manca un'apposita area per le riunioni condominiali, pertanto risulta estremamente pratico impiegare l'alloggio del portiere in tal modo.

Oppure, vista la crescente diffusione delle biciclette e l'endemica assenza di spazi in cui alloggiarle, l'assemblea può decidere di adibire il locale a rimessaggio o ancora di sfruttarlo come deposito.

Insomma, le opportunità sono molteplici, ma ciascuna richiede una maggioranza molto alta per essere adottata, proprio in ragione della necessità di impiegare il bene comune nell'interesse di tutti.

Avvocato del Foro di Savona


[1] Può anche accadere che l'alloggio del portiere sia di proprietà esclusiva di uno dei condomini. Una simile situazione, seppur rara, si verifica solitamente negli stabili originariamente appartenenti ad un solo proprietario, il quale, dopo l'alienazione delle varie unità abitative, si sia riservato il possesso della portineria.

[2] In tal senso, vedasi R. CUSANO, Il nuovo condominio, Napoli, Ed. Simone, 2015, 94

[3] Infatti, l'art. 1138 c.c., stabilisce che il regolamento condominiale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e, nella nozione di beni comuni, rientra anche quella di servizi comuni, come il portierato.

[4] R. CUSANO, Il nuovo condominio, cit.

[5] R. CUSANO, Il nuovo condominio, cit.

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