Dalla costituzione all'estinzione del portierato. La trascrizione del regolamento e le maggioranze previste. Il licenziamento del portiere, gli aspetti normativi della disciplina e le norme contrattuali. La locazione e la vendita dell'immobile precedentemente utilizzato come portierato.
L'aspetto normativo e il titolo di proprietà. Uno degli argomenti spesso dibattuti in ambito condominiale è quello inerente il rapporto di lavoro con il portiere.
Le norme del codice civile di cui agli artt. 1117 e ss., non affrontano in alcun modo l'argomento; l'unico riferimento è quello contenuto nell'art. 1117 c.c. secondo il quale, se non è specificato diversamente dal titolo, si devono considerare di proprietà comune i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere (art. 1117, n. 2, c.c.).
A tal proposito è opportuno sottolineare che per titolo si intende l'atto di proprietà della prima unità immobiliare venduta dall'originario unico proprietario oppure il regolamento contrattuale laddove sia stato trascritto presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari.
La priorità tra il primo atto di acquisto e un eventuale successivo regolamento di condominio, va senza dubbio all'atto d'acquisto, quindi se nell'atto è indicato che l'alloggio del portiere è di proprietà comune a tutti i condòmini, nulla vale una dichiarazione di esclusività dell'alloggio sul regolamento di condominio anche se contrattuale.
Pertanto è importante trascrivere il regolamento di condominio per renderlo opponibile ai terzi. In poche parole, trascrivere un atto in conservatoria attribuisce data certa al documento e lo rende utilizzabile come prova vera e propria per dimostrare che l'atto esisteva a quella data, rendendolo appunto opponibile ai terzi.
Se invece, negli atti non vi è scritto nulla, in questo caso, seguendo la logica dell'art. 1117 c.c., l'alloggio del portiere andrà considerato una parte comune di proprietà di tutti i condòmini secondo le rispettive quote di proprietà (presunzione di condominialità).
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