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Sottotetto condominiale, le sentenze in materia

Il sottotetto è quello spazio posto tra il tetto e l'immobile sito all'ultimo piano dell'edificio.
Avv. Eliana Messineo - Foro di Reggio Calabria 

Il sottotetto è annoverato nell'elenco delle parti comuni di cui all'art. 1117 c.c., quando è destinato, "per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune".

Il problema principale che si pone in ambito condominiale con riferimento al sottotetto è come verificare se trattasi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano o di uno spazio comune quindi di tutti i condòmini.

La giurisprudenza si è occupata in diverse occasioni di questo tema; vediamo pertanto di approfondirlo passando a rassegna le principali pronunce.

Sottotetto condominiale: proprietà esclusiva o comune?

La natura del sottotetto di un edificio, è innanzitutto determinata dai titoli e, soltanto in mancanza di indicazioni nei titoli di provenienza, per stabilire se il sottotetto è di proprietà comune oppure di proprietà esclusiva del condòmino dell'ultimo piano, sarà necessario verificare la funzione che esso svolge in concreto.

Il principio elaborato dalla giurisprudenza è il seguente: se il sottotetto svolge soltanto una funzione isolante e protettiva del piano più elevato del fabbricato (c.d. "camera d'aria"), allora si considera una pertinenza di quest'ultimo, mentre se si costituisce un vano utilizzabile da parte di tutti condomini, si considera una parte comune.

L'orientamento giurisprudenziale è consolidato ed è rimasto conforme nel tempo. Le pronunce della Cassazione, infatti, sono tutte improntate a questo principio; di seguito si riportano le principali pronunce in materia, da quella più remota a quella più recente, tenendo presente che i sottotetti sono stati aggiunti alle parti comuni di cui all'art. 117 c.c. (e solo se destinati per le loro caratteristiche all'uso comune) soltanto con la Riforma del Condominio e quindi a partire dal 2012.

Se il sottotetto assolve solo una funzione isolante e protettiva del piano più elevato del fabbricato, si considera una pertinenza di quest'ultimo (Cass., sent. n. 1106 del 14 febbraio 1980; sent. n. 6206 del 16 novembre 1988; sent. n. 5854 del 23 maggio 1991; sent. n. 5854 del 23 maggio 1991; sent. n. 6640 del 15 giugno 1993; sent. n. 9788 del 9 ottobre 1997; sent. n. 11488 del 19 novembre 1997 e n. 10244 del 27 giugno 2003).

Il sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall'umidità, tramite la creazione di una camera d'aria e non anche quando abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo; in questo caso l'appartenenza del bene va determinata in base al titolo e, in mancanza o nel silenzio del titolo stesso, non essendo il sottotetto compreso nel novero delle parti comuni dell'edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all'uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117, n. 1, cod. civ. può essere applicata soltanto nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulta destinato oggettivamente, sia pure in via potenziale, all'uso comune oppure all'esercizio di un servizio di interesse condominiale (Cass. n. 8968 del 20 giugno 2002 e n. 18131 del 9 settembre 2004).

Il sottotetto si considera invece di proprietà comune nel caso in cui, pur essendo suscettibile di uso come vano autonomo, mostri caratteristiche strutturali e funzionali tali da essere, sia pure in modo solo potenziale, oggettivamente destinato all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune (Cass., sent. n. 13555 del 4 dicembre 1999 e sent. n. 6027 dell'11 maggio 2000).

Ma la natura del sottotetto di un edificio deve essere determinata in primo luogo in base ai titoli e solo in difetto di questi ultimi può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune (Cass., sent. n. 18091 del 19 dicembre 2002).

La natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo (Cass. 9383 del 2020; Tribunale di Sulmona, 4 febbraio 2021 n. 33;)

L'appartenenza di un vano, non esplicitamente indicato dall'art. 1117 c.c., tra le parti comuni dell'edificio, si determina in base al titolo ed in mancanza alla funzione alla quale è destinato in concreto.

In particolare, il sottotetto è da considerarsi pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano allorché assolva all'esclusiva funzione di isolare e di proteggere l'appartamento dal caldo, dal freddo e dall'umidità fungendo da camera d'aria isolante.

Quando, invece, il sottotetto abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo, in tal caso l'appartenenza và determinata in base al titolo.

E, poiché il sottotetto non è compreso espressamente nel novero delle parti comuni dell'edificio, la presunzione di comunione è applicabile solo nel caso in cui il vano risulti in concreto per le sue caratteristiche, sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato all'uso comune oppure all'esercizio di un servizio di interesse condominiale (Tribunale di Roma, sent. N. 13958/2020)

Queste le principali pronunce che si sono susseguite nel tempo, ma ve ne è una che merita di essere approfondita poiché specifica le caratteristiche e condizioni perché il sottotetto possa considerarsi vano comune.

Si tratta della sentenza della Cassazione n. 26833 del 2011 che, nel confermare la decisione dei giudici di secondo grado che con riferimento alla fattispecie portata alla loro cognizione, ritenevano il sottotetto un vano comune, ha confermato tutta una serie di elementi, già individuati dai giudici di secondo grado, dai quali si doveva pervenire al convincimento circa l'attitudine a essere destinato al servizio di tutti i condomini.

Al riguardo, la sentenza ha evidenziato:

  1. l' accessibilità, con l'ausilio di una scala a pioli attraverso una botola di cm. 70 x 120 dal pianerottolo della scala comune e non dai singoli appartamenti dell'ultimo piano;
  2. l'idoneità del pavimento originario a sopportare il peso del calpestio e di deposito di oggetti, dato lo spessore della soletta e la capacità portante accertata dal consulente;
  3. le dimensioni e l'altezza originaria del sottotetto, misurata al colmo di metri 2,80, e della superficie di mq. 170, avendo al riguardo chiarito che all'altezza di metri 2,60 andavano aggiunti 40 cm. (20+20 cm.) relativi alla controsoffittatura e alla trave di colmo per un totale di m. 3,20;
  4. la mancanza di divisioni interne corrispondenti alle porzioni sottostanti ;
  5. la installazione di parti dell'impianto di riscaldamento comune a suo tempo esistente.

Sottotetto in condominio: l'uso più intenso da parte di un condòmino

Quando il sottotetto è parte comune, ci si chiede se possa essere utilizzato in maniera più intesa e diversa da parte del singolo condòmino.

A tale proposito, la Cassazione, con sentenza n. 18191 del 2 settembre 2020, ha elaborato il seguente principio Se può reputarsi consentito al singolo condomino trarre un più intenso vantaggio dalla cosa comune, nella specie aumentando, con opportune opere, la capacità di coibentazione del sottotetto e, ove ne ricorrano i presupposti, utilizzando lo stesso per riporre mobili di esclusiva proprietà, allo stesso tempo, tuttavia, la segregazione di una parte del medesimo, non risultando funzionale allo scopo (del maggior legittimo godimento), deve reputarsi vietata.

Il caso riguardava la chiusura da parte di alcuni condòmini del sottotetto con una parete che a loro dire non precludeva l' uso comune, essendo stata sin dall'inizio consegnata la chiave all'amministratore condominiale, tanto che si era avuto accesso per svolgere dei lavori di natura condominiale e che l' uso più intenso della cosa comune da parte del singolo condomino era consentita dall'art. 1102 c.c., stante che l' uso paritetico non importava l'uso identico e contemporaneo da parte di tutti i condomini.

Perché trasformare un sottotetto condominiale in un alloggio è illegale?

Per la Corte di Cassazione, invece, in base al disposto dell'art. 1102 c.c., il singolo condomino può apportare modifiche alla cosa comune al fine di farne un uso più intenso e, quindi, può, con riferimento al sottotetto aumentare, con opportune opere, la capacità di coibentazione, e ove ne ricorrano i presupposti, utilizzarlo per riporre mobili di esclusiva proprietà, tuttavia non può segregare una parte dello stesso poiché tale chiusura non può considerarsi funzionale al maggior legittimo godimento della cosa comune.

Sottotetto in condominio e usucapione

Quando il sottotetto è condominale, può essere usucapito da qualunque condòmino utilizzandolo in via esclusiva, ove ricorrano tutte le condizioni necessarie affinché possa aversi tale acquisto della proprietà a titolo originario.

In particolare occorre dimostrare: un uso esclusivo per venti anni, l'inibizione di accesso agli altri condòmini, di aver goduto del bene attraverso un possesso esclusivo con l'animus possidendi del proprietario e non come comproprietario, dimostrando agli altri l'intenzione di non possedere più come semplice compossessore.

Secondo la Cassazione, infatti, sentenza n. 20039/2016, il condomino può usucapire la quota degli altri, però, non è sufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dall'uso del bene comune, bensì occorre allegare e dimostrare di aver goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, provando di averlo sottratto all'uso comune per il periodo utile all'usucapione, mediante atti unicamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l'intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l'imprescrittibilità del diritto in comproprietà.

Proprietà del sottotetto, come valutarla?

Il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei comproprietari, in ragione della peculiare ubicazione del bene e delle possibilità di accesso ad esso, non è comunque, di per sé idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinatosi funzionale all'esercizio del possesso "ad usucapionem" essendo per converso comunque necessaria, ai fini di usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla res da parte dell'interessato attraverso un'attività apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene (Cass. n. 19478/2007).

Ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione di una porzione di sottotetto di proprietà del condominio e, dunque, di uno spazio di cui tutti i condomini possono fare uso, è idoneo soltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e che denoti inequivocamente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva.

Di talché, in presenza di un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale, il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva.

Né assume rilievo, a tal fine, la circostanza che al sottotetto possa accedersi unicamente passando attraverso l'appartamento di proprietà di un condomino, qualora (come nella specie) sia provato l'accesso all'anzidetto sottotetto da parte dei tecnici del condominio allo scopo di effettuare interventi di manutenzione degli impianti comuni e del tetto dello stabile (Tribunale di Milano, sent. n. 4049/2017).

Sottotetto esclusivo e mutamento di destinazione

Qualora il sottotetto è di proprietà esclusiva del singolo condomino, questi potrà procedere anche a ristrutturarlo per fini abitativi se il regolamento condominiale o delibere assembleari adottate all'unanimità non lo vietino, ovviamente previo rilascio delle autorizzazioni urbanistiche necessarie.

Qualora il regolamento di condominio ponga il divieto di eseguire qualsiasi intervento che possa interessare la struttura organica, la stabilità e l'aspetto dell'immobile, deve ritenersi vietato il mutamento di destinazione del sottotetto da vano inabitabile a vano abitabile (Cass. n. 312/99)

Il frazionamento di un alloggio con la creazione di una nuova unità abitativa autonoma e il mutamento della destinazione del sottotetto integra una innovazione di vasta portata, tale da giustificare la revisione delle tabelle millesimali (Tribunale Savona, 17 novembre 2015).

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