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Addio lavori se il sottotetto è condominiale perché ci passano tubi di sfiato e canne fumarie.

Annullato il permesso di costruire in sanatoria.
Avv. Edoardo Valentino 

Annullato il permesso di costruire in sanatoria: il locale non è di proprietà esclusiva in quanto non menzionato nel contratto di vendita e le spese di manutenzione sono ripartite in base ai millesimi

Il caso. Un condomino, proprietario di un appartamento sito all'ultimo piano del palazzo, decideva di appropriarsi di una parte del sottotetto e allargare la propria abitazione.

In particolare lo stesso, ritenendo la propria casa di dimensioni esigue, costruiva una scala abusiva che collegava il proprio appartamento al sottotetto, nel quale aveva costruito dei muri isolando la parte soprastante il proprio appartamento e così creandosi un secondo piano di abitazione.

La polizia municipale, a seguito di un'ispezione, aveva accertato l'abuso e pertanto il Comune aveva ordinato la demolizione del manufatto.

Quando scatta la presunzione di condominialità del sottotetto?

A seguito dell'ordinanza di demolizione, il condomino depositava domanda di costruzione in sanatoria ai sensi dell'art. 36 DPR 380/2001. Tale norma del Testo Unico dell'Edilizia afferma infatti che a seguito di un abuso il proprietario può "ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda" e ciò dietro al pagamento di una somma.

Nel procedimento relativo alla domanda l'ufficio tecnico del comune comunicava un preavviso di rigetto in quanto il proprietario non aveva alcun diritto esclusivo sul sottotetto, né aveva avuto alcun permesso da parte degli altri condomini, i quali - anzi - si opponevano alla sua domanda di sanatoria.

Il Comune in oggetto, in ogni caso, rilasciava il permesso di costruire in sanatoria facendo salvi i diritti degli altri condomini e dichiarando di non interferire nei rapporti tra i privati, da tutelare nelle sedi opportune.

Tale ricorso veniva, infatti, opposto dagli altri condomini in sede di giustizia amministrativa sulla base di un ricorso basato su due motivi. In prima battuta i ricorrenti assumevano la violazione da parte del condomino dell'art. 36 comma I DPR 380/2001 nella parte in cui egli sarebbe stato tardivo nel depositare la domanda di costruzione in sanatoria.

Il secondo motivo, invece, era basato sulla violazione dell'art. 11 del DPR 380/2001 e dell'art. 1117 del Codice Civile, per eccesso di potere della P.a. e difetto di istruttoria, non avendo valutato come il sottotetto in questione fosse parte comune e che, di conseguenza, i lavori realizzati dal condomino fossero certamente abusivi.

Si costituiva in giudizio il condomino resistente, negando gli addebiti e domandando il rigetto della domanda.

Quando si può usucapire il sottotetto?

La soluzione giuridica. Il Tar della Basilicata, con la sentenza 320 del 27 marzo 2019 accoglieva il ricorso dei condomini. In particolare, il primo di ricorso veniva rigettato in quanto secondo il giudice amministrativo il condomino che aveva realizzato i lavori aveva tempestivamente presentato la domanda di costruzione in sanatoria, il cui termine di novanta giorni era correttamente stato fatto decorrere dalla notifica dell'ordinanza di demolizione da parte del Comune.

Condivisibile, invece, risultava il secondo motivo di ricorso. Secondo i giudici, infatti, da nessun atto risulterebbe la proprietà della parte di sottotetto appropriata dal condomino. L'art. 1117 c.c. definisce, è vero, di proprietà comune solo i tetti e i lastrici solari in quanto aventi funzioni di copertura, ma nel caso in oggetto il sottotetto svolgeva funzione di passaggio delle tubazioni di sfiato del sistema fognario condominiale.

Oltre a isolare dalle intemperie e dal freddo gli appartamenti dell'ultimo piano, quindi, il manufatto aveva importanti funzioni anche per il condominio intero.

In termini di funzione, quindi, il sottotetto in oggetto correttamente era da considerarsi parte comune in quanto asservito ai bisogni del condominio e dei suoi abitanti. Nel sottotetto quindi non poteva essere costruita alcuna unità immobiliare, dato che doveva sempre essere possibile accedere al locale per effettuare la manutenzione del tetto condominiale e delle predette tubazioni.

Alla luce delle suddette considerazioni, quindi, il Tar Basilicata accoglieva il ricorso e annullava il provvedimento autorizzativo del Comune, compensando le spese del giudizio.

Conclusioni. La sentenza in oggetto pare chiara e corretta. Dal punto di vista strettamente codicistico, infatti, il sottotetto non è annoverato tra le parti necessariamente comuni dell'edificio.

Tale mancata inclusione, tuttavia, non deve far presagire l'appropriabilità del sottotetto, dato che - qualora esso sia asservito al condominio - diventa di fatto inviolabile parte comune.

A pensarci il condominio non è che l'unione di parti private e parti comuni unite alle prime con un vincolo di strumentalità.

Ragionava correttamente, quindi, il Tar poc'anzi commentato affermando che il sottotetto avesse qualità di cosa condominiale per due ordini di motivi: l'assenza di prova sulla proprietà dello stesso o di parte dello stesso in capo ad un condomino e la sussistenza di elementi (ad esempio il passaggio di tubazioni comuni) che non lasciavano dubbi sulla sua utilità per il palazzo e quindi la sua condominialità.

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