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Appropriazione del sottotetto previa autorizzazione di delibera assembleare a maggioranza in virtù del diritto di sopraelevazione

Titolarità e uso del sottotetto in un edificio condominiale.
Avv. Alessandro Moscatelli 

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 33037 pubblicata in data 20.12.2018 affronta la questione della titolarità e dell'uso del sottotetto in un edificio condominiale.

Il sottotetto è quella zona compresa tra la copertura dello stabile e l'ultimo piano. L'art. 1117 C.C. annovera il sottotetto tra le parti comuni del fabbricato, purché la sua conformazione sia tale da renderlo strutturalmente e funzionalmente destinato all'uso comune. Si tratta di un accertamento di fatto da eseguirsi volta per volta.

In ogni caso prevale il contenuto del titolo (atto d'acquisto e/o regolamento contrattuale).

Nella succitata sentenza, la Cassazione affronta le problematiche del sottotetto sotto diversi profili e fornisce spunti e chiarimenti per risolvere le varie questioni connesse.

Un condomino, proprietario dell'appartamento ubicato all'ultimo piano di un fabbricato condominiale, aveva occupato lo spazio del sovrastante sottotetto in verticale realizzando un nuovo locale.

Il Tribunale di Siena aveva accolto la domanda proposta da alcuni condomini accertando la illegittimità delle opere eseguite e ordinando il ripristino dello stato dei luoghi.

Mansarda «mimetizzata» nel sottotetto. I Giudici non ci cascano.

La Corte di Appello di Firenze con sentenza 08.02.2017 n.281 aveva confermato la decisione del primo grado sulla base dei seguenti rilievi: il condomino che aveva eseguito le opere non aveva dimostrato l'esistenza di un acquisto a titolo originario o derivativo del sottotetto; il manufatto in questione non aveva accesso dallo appartamento di proprietà esclusiva ma attraverso scale retrattili poste nel vano scala; nel sottotetto vi era il passaggio di canne fumarie e di cavi per utenze televisive provenienti dai vari appartamenti; nel sottotetto vi era una botola per accedere.

Il giudice dell'appello aveva del tutto escluso la utilità esclusiva del sottotetto, strutturalmente e funzionalmente destinato all'uso comune ed, in mancanza di un titolo contrario, aveva ritenuto che il sottotetto rientrasse tra le parti comuni.

Un ulteriore profilo era stato rappresentato dal proprietario dell'appartamento dell'ultimo piano il quale aveva evidenziato di aver eseguito le opere in virtù di delibera assembleare, adottata a maggioranza, che aveva autorizzato l'uso esclusivo del sottotetto.

Ma tale delibera, secondo la Corte di Appello, non incideva in alcun modo sulla natura condominiale del sottotetto non essendo stata adottata all'unanimità da parte dei condomini.

Il proprietario dell'appartamento all'ultimo piano ricorreva in Cassazione. La Corte di legittimità, confermava che il sottotetto rientrava tra le parti comuni ai sensi dell'art.1117 C.C. richiamando il suo unanime e consolidato orientamento in tal senso, rimanendo incensurabili nel merito gli apprezzamenti e le valutazioni di fatto espresse dal giudice di appello.

L'art. 1120, comma 2, c.c. (formulazione ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), vietava le innovazioni che rendono talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità secondo l'originaria costituzione della comunione.

Per tale motivo, secondo la Cassazione, era innovazione vietata, l'assegnazione al singolo condomino, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di un locale sottotetto di condominiale, in quanto determinava una limitazione dell'uso e del godimento che gli altri condomini avevano diritto di esercitare sul bene comune, con conseguente nullità della relativa delibera che, in tal modo, aveva oggetto non rientrante nella competenza dell'assemblea condominiale (Cass. SS.UU. 07/03/2005, n. 4806; Cass. 24/07/2012, n. 12930; Cass. 14/9/2017, n. 21339; Cass. 25/06/1994, n. 6109).

La Suprema Corte, ribadiva l'orientamento secondo cui la destinazione integrale di un sottotetto, per effetto di opere di modifica strutturale, all'uso e alla comodità esclusiva di un singolo condomino sacrifica del tutto le esigenze dei rimanenti comproprietari, e perciò impone l'unanimità dei consensi dei partecipanti (Cass. 27/05/2016, n. 11034; Cass. 14/06/2006, n. 13752).

Era certamente da qualificare nulla la deliberazione, vietata dall'art. 1120 C.C., lesiva dei diritti individuali di un condomino su una parte comune dell'edificio, rendendola inservibile all'uso e al godimento dello stesso, trattandosi di delibera avente oggetto non rientrante nella competenza dell'assemblea.

Secondo la Cassazione, alle deliberazioni prese dall'assemblea condominiale si applica, peraltro, il principio dettato in materia di contratti dall'art. 1421 C.C., secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d'appello, il potere di rilevarne d'ufficio la nullità, ogni qualvolta la validità (o l'invalidità) dell'atto collegiale rientri tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (Cass. 17/06/2015, n. 12582; Cass. 12/01/2016, n. 305; Cass. Sez. 15/03/2017, n. 6652).

Quando si può usucapire il sottotetto?

Un ultimo profilo concerneva l'eccezione del proprietario dell'ultimo piano che aveva ritenuto di poter effettuare le opere sul sottotetto, avvalendosi della facoltà di sopraelevazione ex art. 1127 C.C.

La Suprema Corte ha ribadito che, ai fini dell'art. 1127 C.C., la sopraelevazione di edificio condominiale è costituita soltanto dalla realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell'area sovrastante il fabbricato, per cui l'originaria altezza dell'edificio è superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove fabbriche, sicché non v'è sopraelevazione, agli effetti dell'applicabilità della richiamata disposizione, in ipotesi (quale quella in esame) di modificazione solo interna al sottotetto (peraltro di accertata proprietà comune), contenuta negli originari limiti strutturali, delle parti dell'edificio sottostanti alla sua copertura (Cass. 24/10/1998, n. 10568; Cass. 10/06/1997, n. 5164; Cass. 24/01/1983, n. 680; Cass. 07/09/2009, n. 19281).

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