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Attenzione il sottotetto ricavato da una intercapedine non è abitabile

In assenza di un volume già di per sé utilizzabile, praticabile ed accessibile, l'intervento si risolverebbe nella sopraelevazione di un piano ulteriore.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

Il Tribunale di Giustizia Amministrativa di Trento, con sentenza del 19 gennaio 2017, n. 20, nell'ambito di una controversia che ha riproposto la questione dei criteri distintivi tra recupero del sottotetto a fini abitativi o sopraelevazione, e che mirava ad ottenere l'annullamento della concessione edilizia comunale di un intervento [reputato] di sopraelevazione.

La ricostruzione delle parti I ricorrenti, proprietari di un appartamento (sito all'ultimo piano di uno stabile), con terrazza confinante con l'attiguo edificio di proprietà dei contro-interessati, contestavano infatti la validità del citato provvedimento autorizzativo, in quanto assumevano che la concessione fosse stata rilasciata in violazione delle previsioni delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del PRG comunale, che «consentono di soprelevare i sottotetti per renderli abitabili, recuperandone i volumi esistenti, solo se già accessibili e praticabili, almeno come deposito o soffitta».

Nel caso di specie – secondo la ricostruzione dei ricorrenti –, si sarebbe invece trattato di « mera intercapedine, ancorché occasionalmente accessibile, per operazioni di manutenzione e pulizia, per il tramite della scala retrattile indicata negli elaborati progettuali», come peraltro comprovato dalla stessa documentazione fornita dai contro-interessati a corredo della domanda di concessione – e dalla quale si evinceva l'esistenza di un solaio con funzione non portante, in quanto spesso circa 20 cm (a differenza degli altri solai dei piani intermedi, che misurano 40 cm), e che si presentava come una mera soletta con funzione di pensilina sporgente in facciata (con un'altezza media interna dello spazio in questione di 50/80 cm, con una luce solo in falda, senza vani interni, comunicanti col piano sottostante).

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L'Amministrazione comunale, costituitasi in giudizio, ha innanzitutto replicato che gli invocati articoli delle NTA del PRG, nel consentire il recupero a fini abitativi di sottotetti, «non richiedono misure o altezze minime, né indicano le caratteristiche tecnico-costruttive dei solai» – e una successiva circolare della medesima Amministrazione ha confermato detta interpretazione.

Inoltre, nel caso in questione, è stata provata e documentata «l'esistenza di un solaio praticabile, cui si accede mediante una scala retrattile, dotato di una luce (lucernario) e di impianto elettrico, sicché deve escludersi che si tratti di una mera intercapedine di ventilazione o isolamento».

La decisione Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa ha confermato la correttezza delle argomentazioni difensive dei ricorrenti, i quali hanno giustamente richiamato l'interpretazione fornita da T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 15 aprile 2003, n. 1007, e 2 aprile 2010, n. 970, in relazione all'art. 1 della L.R.

Lombardia 15 luglio 1996, n. 15 (in materia di recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti): i giudici amministrativi milanesi hanno chiarito che «presupposto per il recupero abitativo dei sottotetti è che sia identificabile come già esistente un volume sottotetto passibile di recupero, cioè di riutilizzo a fini abitativi.

Ciò richiede che il sottotetto abbia, in partenza, dimensioni tali da essere praticabile e da poter essere abitabile, sia pure con gli aggiustamenti che occorrono per raggiungere i requisiti minimi di abitabilità.

Solo a queste condizioni il “recupero”, che la legge regionale classifica come “ristrutturazione” (art. 3, secondo comma), è effettivamente ascrivibile a tale categoria di interventi, come definita dall'art. 31 della legge n. 457/78 (oggi, art. 3 d.p.r. 380/01), la quale postula che il nuovo organismo edilizio corrisponda a quello preesistente, senza alterarne in misura sostanziale sagoma, volume e superficie». (Nel caso di cui alla sentenza milanese, l'altezza massima dello spazio sottostante la copertura dell'edificio non raggiungeva un metro, una misura reputata insufficiente ad integrare un sottotetto suscettibile di recupero).

Pertanto, il TRGA Trento ha sì confermato, come ricordato dalla stessa Amministrazione comunale, che la disposizione delle NTA del PRG, nel disciplinare gli interventi di recupero dei sottotetti a fini abitativi, non fissa misure o altezze minime del volume esistente, né indica le caratteristiche tecnico-costruttive del relativo solaio; tuttavia, rammentando che l'art. 77, comma 1, della L.P.

Trento 4 agosto 2015, n. 15 configura come interventi di ristrutturazione edilizia «quelli volti ad adeguare l'unità edilizia o una sua parte a nuove e diverse esigenze, anche con cambio della destinazione d'uso con o senza opere», ha ritenuto che, anche nel caso in esame, debbano ritenersi valide le riferite considerazioni del T.A.R.

Lombardia in ordine alla riconducibilità degli interventi di recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti agli interventi di ristrutturazione edilizia; «di conseguenza, per essere assentito, il nuovo organismo edilizio deve corrispondere sostanzialmente a quello preesistente.

Diversamente opinando, “l'intervento si risolverebbe non già nel recupero di un piano sottotetto, ma nella realizzazione di un piano aggiuntivo, che eccede i caratteri della ristrutturazione per integrare un intervento di nuova costruzione” (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, n. 970/2010 cit.)» – ha concluso il TRGA Trento.

Non soccorre in senso contrario il chiarimento interpretativo reso con la circolare interpretativa del Comune invocata dal medesimo nelle proprie difese: non solo perché «la circolare interpretativa non è vincolante per i soggetti estranei all'amministrazione e, se contra legem, ben può essere disapplicata, anche d'ufficio, dal Giudice investito dell'impugnazione dell'atto che ne fa applicazione», ma soprattutto perché – ha chiarito il giudice amministrativo trentino –, seguendo la linea interpretativa di cui alla circolare, si finirebbe per concludere che «anche uno spazio avente un'altezza di soli 20 o 30 cm, ricompreso tra l'ultimo piano ed il tetto di un edificio, sarebbe qualificabile come un sottotetto suscettibile di recupero a fini abitativi mediante sopraelevazione».

Mansarda «mimetizzata» nel sottotetto. I Giudici non ci cascano.

Recupero del sottotetto a fini abitativi o sopraelevazione? Al riguardo, si osserva conclusivamente che, sul tema, si erano affermati orientamenti diversi fino all'intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. civ., sez.

Unite, 30 luglio 2007, n. 16794: nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che l'innalzamento di 50 cm delle mura perimetrali ed il corrispondente rifacimento del tetto al di sopra di esse, con la trasformazione delle preesistenti soffitte in due nuove unità abitative, costituisca una nuova fabbrica e debba essere considerato come sopraelevazione ai sensi del primo comma dell'art. 1127 c.c., con conseguente obbligo di corresponsione dell'indennità prevista dall'ultimo comma della stessa norma).

Le Sezioni Unite della Corte di legittimità hanno precisato che il criterio distintivo è analogo a quello cui viene fatto ricorso, in tema di edilizia, per distinguere le ipotesi della ristrutturazione e della ricostruzione da quella della nuova costruzione:

  1. può ravvisarsi l'ipotesi della ristrutturazione solo se gli interventi abbiano interessato un edificio del quale sussistano e, all'esito di essi, rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, e, quindi, le opere consistano in modificazioni solo interne, nel rispetto delle originarie dimensioni dell'edificio e delle dette sue componenti essenziali;
  2. va ravvisata l'ipotesi della ricostruzione quando dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, le componenti essenziali e l'intervento si traduca, tuttavia, nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle dimensioni dell'edificio stesso (in particolare, senza aumenti né della volumetria né, pur questa rimanendo immutata, delle superfici occupate in relazione all'originaria sagoma d'ingombro; diversamente, si verte in ipotesi di nuova costruzione. Cass. 27.4.06 n. 9637, 26.10.00 n. 14128; vedansi anche Cass. 2.2.04 n. 1817, 18.4.03 n. 6317).
Sentenza
Scarica Tribunale di Giustizia Amministrativa di Trento, del 19 gennaio 2017, n. 20
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