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Pulizie: no al fai da te in condominio; si alle iniziative dell'amministratore

L'assemblea non può decidere che le pulizie delle scale siano effettuate personalmente dai condomini sulla base di un criterio turnario.
Avv. Gianfranco Di Rago 

L'assemblea non può decidere che le pulizie delle scale siano effettuate personalmente dai condomini sulla base di un criterio turnario. A meno che tutti siano d'accordo.

Per quanto strano possa sembrare, si arriva a questa conclusione sulla base di considerazioni legate al rispetto dei criteri fissati dalla legge per il riparto delle spese condominiali.

La pulizia delle scale è un servizio che solitamente viene affidato al custode o, sempre più spesso, a un'impresa esterna. Il relativo costo va suddiviso sulla base dei criteri previsti dal Codice Civile.

Di conseguenza, una delibera che affidasse il servizio direttamente ai condomini, sulla base di un criterio turnario, sarebbe da considerarsi nulla, perché si pretenderebbe in tal modo di modificare a semplice maggioranza il criterio legale di riparto delle spese relative ai beni e ai servizi comuni.

Cosa possibile soltanto all'unanimità, come ribadito più volte dalla giurisprudenza di legittimità.

I criteri di riparto della spese condominiali.

La Suprema corte ha infatti ribadito a più riprese che una deliberazione adottata a maggioranza con la quale si provveda a ripartire gli oneri derivanti dalla manutenzione delle parti comuni derogando ai criteri legali di cui agli artt. 1123 ss. c.c. è da ritenersi nulla per impossibilità dell'oggetto, in quanto esula dai poteri dell'assemblea quello di incidere sulla misura delle obbligazioni gravanti sui singoli condomini per forza di legge o di contratto.

In casi del genere, per superare questo limite, è quindi necessario raggiungere un accordo unanime da parte di tutti i condomini, nessuno escluso.

La ripartizione della spesa per la pulizia delle scale, secondo il nuovo art. 1124 c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012 di riforma del condominio, va effettuata per metà sulla base del valore dell'unità immobiliare servita dalle stesse e per metà in misura proporzionale all'altezza dal suolo del relativo piano.

A sua volta il criterio in questione costituisce applicazione dei principi generali di cui al primo e al secondo comma dell'art. 1123 c.c., in base ai quali le spese condominiali vanno ripartite in misura proporzionale al valore millesimale delle diverse proprietà ma, per quanto riguarda i beni destinati a servire i condomini in misura diversa, i relativi oneri devono essere da questi sostenuti in proporzione dell'uso che ciascuno può farne.

Infatti, da quest'ultimo punto di vista, si considera che i proprietari dei piani alti logorino le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani bassi (si veda, ad esempio, Cass. civ., sez. II, 12/01/2007, n. 432).

Tuttavia, come si accennava, i criteri di ripartizione delle spese comuni fissati dalla legge, quindi anche quelli relativi alla pulizia delle scale, possono essere derogati, ma soltanto con il consenso dell'intera compagine condominiale, quindi con una convenzione modificatrice contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale o in una deliberazione assembleare approvata all'unanimità da tutti i comproprietari e titolari di altri diritti reali.

Detta deroga, come specificato in altra decisione della Suprema Corte, deve comunque essere stata prevista espressamente (si veda Cass. civ., sez. II, 29/01/2000, n. 10033).

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Perché la pulizia delle scale non può essere affidata direttamente ai condomini.

Una delibera siffatta - come indicato dai Giudici di legittimità nella più recente Cass. civ., sez. VI, 13/11/2018, n. 29220 - potrebbe anche essere limitata al riparto di una singola spesa o a una specifica gestione annuale del condominio.

In altri termini, la deliberazione assembleare approvata dall'intera compagine condominiale ben può limitare la deroga dei criteri legali alla ripartizione del costo di una singola attività di manutenzione delle parti comuni o a una specifica gestione contabile.

Non è infatti necessario che l'accordo intervenuto tra tutti i condomini debba essere necessariamente finalizzato a sostituire una volta per tutte il titolo negoziale a quello legale o regolamentare, potendo anche disporre, per così dire, una sorta di sospensione di quest'ultimo limitatamente a una singola attività o a una determinata gestione.

Tuttavia, sempre secondo la predetta decisione di legittimità, poiché anche in questo caso l'accordo viene a incidere sulla misura degli obblighi dei singoli partecipanti al condominio, la deliberazione non può essere rimessa alla volontà della maggioranza assembleare, ma deve fondarsi su una volontà unanime, non limitata ai soli condomini presenti in assemblea.

Infatti il dovere dei condomini di contribuire alle spese in proporzione al valore della rispettiva unità immobiliare o all'utilità che gli stessi traggono dal bene o dal servizio comune trova la sua fonte nel diritto di proprietà e, quindi, non può rientrare nelle attribuzioni dell'assemblea una potestà di deroga ai criteri legali di cui agli articoli 1123 e seguenti del codice civile.

Nella predetta decisione del 2018 la Suprema Corte ha evidenziato come una delibera che affidi direttamente ai condomini la pulizia delle scale sulla base di un criterio turnario (anche ove i singoli condomini abbiamo a loro volta la possibilità di affidare il proprio turno a terzi, anche a un'impresa di pulizie) non ha una portata meramente organizzativa, concernente soltanto le modalità d'uso delle cose comuni o la gestione e il funzionamento dei servizi condominiali, materie che rientrerebbero nelle competenze assembleari.

Una decisione siffatta è al contrario da ritenersi al di fuori delle competenze dell'assemblea, con conseguente nullità della deliberazione.

Secondo la Cassazione occorre dunque conclusivamente affermare che il diritto-dovere di ciascun condomino, ex art. 1118 c.c., di provvedere alla manutenzione delle cose comuni, comporta certamente non solo l'obbligo di sostenere le spese, ma anche tutti gli obblighi di fare connessi alle modalità esecutive dell'attività manutentiva, rimanendo tuttavia affetta da nullità la delibera con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino a maggioranza i criteri legali o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell'interesse comune, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso l'imposizione di un obbligo di fare, ovvero di un comportamento personale, spettante in egual misura a ciascun partecipante e tale da esaurire il contenuto dell'obbligo di contribuzione.

L'amministratore e l'affidamento del servizio di pulizia.

Vale la pena ricordare come l'amministratore condominiale abbia comunque il potere di concludere il contratto di appalto di servizi per la pulizia delle parti condominiali, rientrando tale contratto nell'ordinaria amministrazione, che non richiede una preventiva deliberazione da parte dell'assemblea.

Infatti non vi è dubbio che il contratto di appalto per la pulizia dello stabile e per i servizi connessi (movimento e rotazione sacchi e bidoni, disinfestazione, ecc.) rientri tra i contratti necessari alla gestione e manutenzione ordinaria delle parti comuni, che l'amministratore può stipulare nell'esercizio delle proprie funzioni senza preventiva deliberazione dell'assemblea né successiva ratifica, vincolando tutti i condomini ex art. 1133 c.c..

Infatti all'amministratore sono riconosciuti poteri di ordinaria amministrazione per l'uso e la conservazione delle parti comuni dell'edificio, compresa la facoltà di stipulare i contratti che si rendano necessari per provvedere sia all'ordinaria amministrazione sia alla prestazione dei servizi di interesse generale.

La questione è stata recentemente oggetto di una decisione del Tribunale di Milano (sentenza n. 2198 del 25 marzo 2020), che ha appunto chiarito come la stipula del contratto di appalto per il servizio di pulizia delle parti comuni rientri tra i poteri di ordinaria gestione dell'amministratore condominiale.

Anche con la risoluzione del contratto, il condominio deve pagare il mancato guadagno dell'impresa.

Sentenza
Scarica Tribunale Milano 25 marzo 2020 n. 2198
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