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Non ha natura contrattuale la clausola del regolamento di condominio che disciplina l'uso del cortile comune

L'assemblea, con la maggioranza semplice, può modificare le modalità d'uso del cortile destinato alla sosta delle autovetture.
Avv. Adriana Nicoletti 

In ambito condominiale l'assemblea può rendere più comodo l'utilizzo di un bene comune rendendolo più consono alle esigenze dei condomini. L'importante è che siano rispettati i diritti che ciascuno vanta sulle proprietà esclusive.

È questo l'oggetto di quanto deciso dalla Corte di cassazione nell'ordinanza n. 12255 depositata in data 9 maggio 2023, che ha confermato sul punto la decisione della Corte di appello di Roma, che aveva respinto la domanda di impugnativa di una delibera assembleare che aveva creato un nuovo posto macchina in un cortile comune da sempre destinato a parcheggio.

Resta fermo che se siano violati i diritti dei singoli e l'assemblea - come sua prerogativa - sostituisca, nel corso del giudizio, la delibera impugnata con altra regolare la circostanza potrebbe avere conseguenze sulla liquidazione delle spese di lite.

Destinazione del cortile comune a parcheggio e regolamento di condominio. Fatto e decisione

Due condomini impugnavano una delibera assembleare con la quale il condominio aveva creato un posto auto nel cortile nella parte compresa tra il cancello condominiale ed il box di loro proprietà.

La delibera veniva sostituita, in corso di causa, da altra delibera con la quale era stata individuata, con precisione, l'area da destinare a tale parcheggio e la Corte d'appello di Roma dichiarava la cessazione della materia del contendere, condannando gli attori - in ragione del principio della soccombenza virtuale - al pagamento delle spese processuali per la metà.

La Corte del merito, infatti, aveva ritenuto infondata l'impugnativa della delibera nella parte in cui era stata denunziata la illegittimità della stessa per violazione del quorum deliberativo previsto dal regolamento del condominio in relazione al divieto di occupare il cortile con costruzioni provvisorie o mobili.

A questo proposito il giudice del gravame aveva osservato che più volte l'assemblea si era espressa nel senso di destinare il cortile condominiale a parcheggio, non ritenendo che la decisione fosse ostacolata dalla norma regolamentare.

La decisione veniva impugnata dinanzi alla Corte di cassazione attribuendo, per quanto di interesse, al Collegio del merito l'errore di avere ritenuto che la delibera impugnata non avesse portata innovativa rispetto alle precedenti, dalle quali non emergeva l'intento dell'assemblea di modificare la clausola regolamentare in questione, da un lato e, dall'altro, che la variazione richiedeva l'unanimità dei consensi in quanto avente ad oggetto una clausola di natura contrattuale e non la maggioranza semplice.

Ad avviso dei giudici di legittimità, invece, la Corte romana aveva correttamente interpretato i verbali delle precedenti assemblee, che contenevano raccomandazioni ai condomini in merito alle modalità di parcheggio nel cortile condominiale, senza che tale valutazione potesse costituire motivo di impugnativa, traducendosi in un apprezzamento di fatto che è prerogativa del giudice del merito (Cass., sez. 1, 27 giugno 2018, n. 16987).

Parimenti infondato il motivo concernente l'asserito quorum deliberativo inferiore anche a quello previsto dal regolamento condominiale (ex art. 1136, comma 5, c.c.). Sul punto la Corte ha rilevato che "rientra senz'altro nelle facoltà dell'assemblea disciplinare nel modo più confacente l'uso del bene comune e quindi anche destinare il cortile condominiale al parcheggio delle vetture dei condomini, senza che ciò comporti di per sé la violazione del diritto di pari uso sancito dall'art. 1102 c.c." (Cass., sez. 2, 15 giugno 2012, n. 9877).

Ciò detto i giudici di legittimità, invece, hanno osservato che la Corte del merito, per determinare la soccombenza virtuale ai fini della liquidazione delle spese, avrebbe dovuto esternare la circostanza che l'assemblea, dopo avere deliberato la sosta di una ulteriore autovettura nel cortile comune e reso più difficoltoso l'accesso al box dei ricorrenti successivamente, aveva sostituito la deliberazione con altra che aveva deciso di rimodulare le dimensioni del nuovo posto macchina nei rispetto dei diritti spettanti, in particolare, agli attori.

Pertanto, visto che le domande erano state accolte parzialmente, nel dichiarare la cessazione della materia del contendere la Corte capitolina avrebbe dovuto considerare entrambe le circostanze da porre a fondamento della compensazione delle spese. La decisione, quindi, veniva correttamente cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Trasformazione del cortile in parcheggio: innovazione o modificazione della destinazione d'uso?

Considerazioni conclusive

Il caso sul quale la Corte di cassazione si è pronunciata riguarda, al di là della questione meramente processuale attinente alla liquidazione delle spese processuali per effetto della dichiarazione della cessazione della materia del contendere, un problema che si presenta quotidianamente in ambito condominiale: l'uso corretto del bene comune da parte dei condomini. In particolare, l'utilizzo del cortile condominiale già destinato a parcheggio di autovetture.

In questo ambito, inoltre, occorre anche fare i conti con le clausole che siano inserite in un regolamento condominiale (sia esso contrattuale che assembleare) e che prevedano specifiche modalità di uso del bene.

In via generale l'art. 1102 c.c., in virtù dell'espresso rinvio contenuto nell'art. 1139 c.c., consente ad ogni condomino di servirsi del bene comune purché non ne sia alterata la destinazione e non sia impedito agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il proprio diritto.

Dal punto di vista della compagine condominiale, invece, l'assemblea può - come affermato dalla Corte di cassazione - disciplinare l'uso del bene comune nell'interesse di tutti i condomini, ma nei limiti degli interessi dei singoli.

Anche se l'art. 1130 n. 2, c.c. riconosce all'amministratore il potere di "disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini" questo non significa che l'assemblea sia privata delle sue prerogative essendo, a seconda delle circostanze, necessario un passaggio obbligatorio in sede deliberativa finalizzato ad ottenere l'assenso dell'organo deliberante.

Ma vi è ancora un punto da considerare ed è la presenza in un regolamento di condominio di clausole che dispongano in merito all'utilizzo del bene comune, alle quali è stata riconosciuta mera natura regolamentare.

Pacifico, infatti, che "le clausole dei regolamenti che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni e quelle che attribuiscono ad alcuni di loro maggiori diritti rispetto agli altri hanno natura contrattuale e sono modificabili soltanto con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione, che deve essere manifestato in forma scritta, essendo esse costitutive di oneri reali o di servitù prediali da trascrivere nei registri immobiliari della conservatoria per l'opponibilità ai terzi acquirenti di appartamenti o di altre porzioni immobiliari dell'edificio condomini" mentre "per la variazione di clausole che disciplinano l'uso delle cose comuni è sufficiente la deliberazione assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 2, c.c." (ex multis: Cass., sez. 2, 14 agosto 2007, n. 17694).

Alla luce di tali principi, quindi, corretto ritenere infondate le domande di invalidità della delibera impugnata per violazione del quorum deliberativo, trattandosi nella specie di deliberazione avente ad oggetto un migliore utilizzo del cortile condominiale ad uso parcheggio, anche se tramite la definizione di un posto auto aggiuntivo.

Non corretta, invece, la deliberazione se considerata in relazione al diritto degli attori a non vedere compresso il loro comodo diritto di accedere alla proprietà esclusiva.

Circostanza che la Corte del merito avrebbe dovuto richiamare, unitamente al riferimento che la delibera impugnata era stata sostituita da altra valida, per poter procedere, come previsto, alla parziale compensazione delle spese di lite.

Sentenza
Scarica Cass. 9 maggio 2023 n. 12255
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