Obbligo e facoltà di deliberare l'adozione di un regolamento condominiale
L'art. 1138, primo comma, c.c. impone nei condomini con più di dieci comproprietari, l'adozione di un regolamento.
Undici, quindi, è il numero di riferimento: undici condòmini cioè undici distinti proprietari di unità immobiliari. Se due o più persone sono comproprietarie un appartamento esse ai fini del calcolo in esame valgono come una, d'altra parte in assemblea è una sola quella che può dar voce all'interesse del gruppo.
Questa, quindi, è la prima regola in materia di regolamenti: solo al superamento di una determinata soglia è obbligatoria l'adozione, negli altri casi è facoltativa.
Regolamento di condominio, le domande più ricorrenti
Che cos'è il regolamento di condominio?
A che cosa serve?
Quale deve essere il suo contenuto?
Come può essere approvato?
Chi è tenuto a rispettarlo?
Quali le maggioranze per la sua modificazione?
Sono queste le domande più ricorrenti in materia.
Regolamento di condominio, la definizione e la funzione
Innanzitutto, dando risposta al primo quesito è possibile dire che il regolamento è una sorta di statuto interno al condominio che serve a disciplinare, usando un termine generico, la gestione delle parti comuni.
Statuto, così dicono espressamente gli studiosi e la giurisprudenza che si sono cimentati nella definizione di questo documento, affermando che «il regolamento di condominio, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione (accettazione da parte dei singoli acquirenti delle unità immobiliari condominiali del regolamento predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio oppure deliberazione dell'assemblea dei condomini votata con la maggioranza di cui all'art. 1136, secondo comma, c.c.), si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto convenzionale del condominio, che ne disciplina la vita e l'attività come ente di gestione (ferma l'inderogabilità di alcune norma concernenti specifici aspetti della disciplina legislativa), come atto volto ad incidere su di un "rapporto plurisoggettivo" concettualmente unico con un complesso di regole giuridicamente vincolanti per tutti i condomini» (Renato Scorzelli, Il regolamento di condominio, FAG, 2007, in senso conf. Cass. 29 novembre 1995 n. 12342).
Tipologie di regolamento condominiale: assembleare e contrattuale
Per capire fino in fondo a che cosa serva un regolamento è necessario, prima di tutto, operare una distinzione tra due tipologie regolamentari:
a) il c.d. regolamento di condominio assembleare;
b) il c.d. regolamento di condominio contrattuale.
Residua, secondo alcuni, la possibilità di addivenire all'adozione di un regolamento condominiale per via giudiziale.
Regolamento condominiale giudiziale
Regolamento di condominio assembleare, il contenuto
Quello assembleare, ai sensi dell'art. 1138, primo comma, c.c. può contenere esclusivamente «le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione».
Per approvarlo è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi del valore dell'edificio.
Esso deve essere rispettato da tutti i condomini e l'obbligo di rispetto si estende automaticamente anche agli aventi causa ed agli eredi (art. 1107 c.c.)
Un esempio: la legge (art. 66 disp. att. c.c.) impone che l'avviso di convocazione dell'assemblea debba essere comunicato almeno 5 giorni prima rispetto alla data di svolgimento. Il regolamento assembleare potrà prevedere un termini diverso (comunque mai minore).
Regolamento di condominio contrattuale, il contenuto
Il regolamento contrattuale, invece, oltre a rispettare il contenuto minimo previsto per quello assembleare, permette di adottare delle norme ulteriori, ed in alcuni casi derogatorie, rispetto a quanto previsto dalla legge; allo stesso modo sarà lecito introdurre limiti ai diritti sulla proprietà esclusiva.
L'esempio classico, per il primo caso, è quello delle deroghe alla ripartizione delle spese condominiali. Così un regolamento contrattuale potrà prevedere che le spese per la manutenzione delle scale debbano essere suddivise in parti uguali non sulla base dell'art. 1124 c.c.
Per i limiti si pensi al divieto di destinare la propria unità immobiliare ad ufficio, o a bed and breakfast; prima dell'entrata in vigore della legge n. 220 del 2012, si riteneva che i regolamenti contrattuali potessero contenere norme che vietassero la detenzione di animali. (es. Trib. Piacenza n. 527/2016).
Per essere valido, il regolamento contrattuale deve essere sottoscritto da tutti i partecipanti al condominio o quanto meno accettato da parte di tutti quanti attraverso un richiamo espresso contenuto nell'atto d'acquisto.
Regolamento di condominio contrattuale, la trascrizione
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha avuto modo di sottolineare che una volta effettuata la prima compravendita, se il regolamento, già accettato, viene anche trascritto nei pubblici registri immobiliari, allora varrà per tutti i successivi acquirenti, indipendentemente dalla sua accettazione. La trascrizione, infatti, lo rende opponibile ai terzi (Cass. 17 marzo 1994, n. 2546). La trascrizione per essere vincolare deve riguardare le specifiche clausole limitative dei diritti, con apposita menzione delle stesse nella così detta nota di trascrizione (Cass. 31 luglio 2014 n. 17493).
Modifiche al regolamento condominiale: procedure e maggioranze
In questo contesto si è soliti parlare di regolamento di origine assembleare e di regolamento di origine contrattuale.
Per la modificazione del primo nulla quaestio: le clausole possono essere modificate con le stesse maggioranze previste per l'approvazione.
Per il secondo caso, fino al 1999 la situazione era dubbia.
La Corte di Cassazione, intervenendo per dirimere un contrasto interpretativo sorto in relazione al binomio origine del regolamento - modificazione dello stesso, ha spostato la sua attenzione dalla origine del documento alla sua natura, o meglio ancora alla natura delle sue clausole.
In tale contesto, le Sezioni Unite del Supremo Collegio hanno affermato che: «a determinare la contrattualità dei regolamenti, siano esclusivamente le clausole di essi limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive (divieto di destinare l'immobile a studio radiologico, a circolo ecc.) o comuni (limitazioni all'uso delle scale, dei cortili ecc.), ovvero quelle clausole che attribuiscano ad alcuni condomini dei maggiori diritti rispetto agli altri (sent.nn. 208 del 1985,3733 del 1987,854 del 1997). Quindi il regolamento predisposto dall'originario, unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitano a disciplinare l'uso dei beni comuni pure se immobili» (così Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999 n. 943).
In definitiva mentre un regolamento assembleare non può mai essere contrattuale, quest'ultimo in relazione al contenuto delle sue clausole può avere quella natura.
Ciò significa che anche il regolamento contrattuale in alcune sue clausole (o in tutte a seconda della loro natura) potrà essere modificato con le maggioranze richieste per la modifica di quello assembleare.
Ove si addivenga alla modifica di clausole contrattuali che furono oggetto di trascrizione, per la loro opponibilità a terzi è necessario che anche la modificazione, ossia la nuova clausola, sia soggetta alla medesima procedura.