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I requisiti di opponibilità del regolamento contrattuale. Itinerari giurisprudenziali.

Efficacia del regolamento di condominio e modalità di opponibilità
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

Una delle questioni che la vita condominiale pone – a giudicare soprattutto dal consistente contenzioso che ne deriva – è l'efficacia del regolamento di condominio, più precisamente l'opponibilità di tale atto a tutti i partecipanti al medesimo, che si tratti degli originari acquirenti o, soprattutto, di successivi subentranti nella proprietà.

Il riferimento è al regolamento contrattuale o esterno, ossia quello che discende da un atto di accettazione da parte degli acquirenti delle varie porzioni di immobili, al momento dell'acquisto: esso viene di norma predisposto dal costruttore-venditore dell'edificio e disciplina sia i rapporti tra i singoli proprietari, quanto alcuni rapporti tra condomini e venditore. (Si rammenta inoltre che si definisce contrattuale anche il regolamento approvato dai condomini con una deliberazione assembleare unanime.)

Inoltre, il regolamento contrattuale, sia che venga materialmente allegato ai singoli atti d'acquisto sia che venga solo menzionato nei medesimi contratti, ne diviene parte integrante: al riguardo, ci si è spinti ad affermare che «Siffatto regolamento è opponibile non soltanto a coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano accettato esplicitamente o implicitamente il regolamento stesso, ma anche a coloro che, in epoca successiva alla trascrizione, per la prima volta acquistino piani dell'edificio o loro porzioni direttamente dal costruttore, anche in assenza di espressa previsione in tal senso nei singoli atti di acquisto, atteso che tutti costoro, non avendo partecipato all'approvazione del regolamento o alla stipulazione degli atti, devono ricomprendersi, prima della conclusione del loro acquisto, come terzi rispetto ai quali opera, ai fini dell'opponibilità dei vincoli suddetti, siffatta forma di pubblicità» (Cass. civ., 17 marzo 1994, n. 2546).

Importante conseguenza di tale orientamento è che il regolamento così approvato, in caso di successivi trasferimenti delle unità immobiliari, è senz'altro efficace nei confronti degli acquirenti-aventi causa dei venditori-condomini, senza che occorra una loro espressa accettazione.

Per la verità, altra giurisprudenza ha ritenuto che «Nell'ambito della propria autonomia negoziale, i condomini possono introdurre, attraverso il regolamento di condominio, particolari limitazioni al contenuto dei rispettivi diritti di proprietà esclusiva, ma le relative clausole, per l'effetto riduttivo che ne consegue, hanno carattere convenzionale, sicché ai fini della loro validità, se predisposte dall'originario unico proprietario dell'edificio, devono essere accettate dai singoli acquirenti ad esse interessati, nel contratto di acquisto o con atto separato, e, se deliberate in assemblea, devono essere approvate all'unanimità di tutti i condomini gravati» (Cass. civ., 16 settembre 2004, n. 18665).

Il punto controverso risiede proprio nella vincolatività di clausole – a volte anche fortemente limitative del diritto di proprietà – nei riguardi dei singoli acquirenti, a prescindere da una loro espressa accettazione o indipendentemente dalla trascrizione del regolamento medesimo (Cass. civ., 31 luglio 2009, n. 17886), soprattutto perché il regolamento contrattuale, che viene spesso allegato all'atto di vendita dei singoli appartamenti, altrettanto frequentemente viene soltanto richiamato nei rogiti notarili di compravendita; e, in quest'ultima ipotesi, ci si chiede quali caratteri debba avere la relatio al regolamento di condominio affinché tutti gli oneri dallo stesso derivanti ed eventualmente gravanti sull'immobile siano opponibili ai proprietari successivi al primo.

Va segnalato che, in un lasso di tempo davvero ristretto, la Suprema Corte è ripetutamente intervenuta sulla questione in oggetto – in particolar modo, in riferimento ai limiti posti dai regolamenti condominiali in materia di destinazione d'uso delle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva: così in Cass. civ.,28 settembre 2016, n. 19212, si è confermato che «Le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti, di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione nell'atto di acquisto, si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che – seppure non inserito materialmente – deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto».

La presenza, nel testo del contratto di compravendita, della clausola contrattuale relativa all'accettazione del regolamento condominiale lo rende vincolante ed opponibile, poiché tale atto rientra per relationem nel testo della compravendita medesima.

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E v'è di più: intervenuta l'accettazione, non è necessario l'ulteriore requisito dell'avvenuta trascrizione del regolamento ai fini della sua efficacia. I giudici di legittimità hanno infatti precisato che la trascrizione, destinata normalmente a risolvere i conflitti tra diritti reciprocamente incompatibili, opera solo laddove vi siano situazioni giuridiche soggettive concorrenti, che risultino in concreto inconciliabili, alla stregua dei titoli da cui rispettivamente derivano; tuttavia «una tale situazione di conflitto non si verifica quando una proprietà viene espressamente acquistata come limitata da altrui diritti, per i quali una precedente trascrizione non è quindi indispensabile, in quanto il bene non è stato trasferito come libero, né l'acquirente può pretendere che lo diventi a posteriori, per il meccanismo della “inopponibilità” (cfr Cass. n. 17886 del 2009)» (Cass., n. 19212/2016).

A distanza di poco meno di un mese, la Suprema Corte è intervenuta nuovamente in materia di previsioni di un regolamento condominiale (in quel caso convenzionale) che pongano limiti alla destinazione delle proprietà esclusive: dopo aver ricondotto questo tipo di clausole regolamentari alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obligationes propter rem, in quanto incidenti «non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino», ha statuito che «l'opponibilità ai terzi acquirenti dei limiti alla destinazione delle proprietà esclusive in ambito condominiale va regolata secondo le norme proprie di questa, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso.

A tal fine non è sufficiente indicare nella nota di trascrizione il regolamento medesimo, ma, ai sensi degli artt. 2659, primo comma, n. 2, e 2665 c.c., occorre indicarne le specifiche clausole limitative (Cass. nn. 17493/14 e 7515/86).

Fermo restando – è chiaro – che anche in assenza di trascrizione quest'ultimo può valere nei confronti del terzo acquirente, il quale ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d'acquisto» (Cass. civ., 18 ottobre 2016, n. 21024).

Dunque, clausole significativamente impattanti su diritti e facoltà dominicali, quale un limite o divieto di destinazione d'uso, possono dispiegare la propria efficacia nei confronti dei terzi (successivi) acquirenti solo a seguito di trascrizione della connessa servitù e solo a seguito di una puntuale indicazione delle disposizioni regolamentari medesime.

In ogni caso, in mancanza di trascrizione, il regolamento diverrebbe vincolante non per effetto di un generico rinvio o di una mera menzione nell'atto di acquisto, ma di una specifica presa d'atto – e, quindi, di una non superficiale conoscenza – in tal senso da parte dell'acquirente.

Se quindi Cass. n. 21024/2016 pare approdare ad un convincimento parzialmente differente, l'orientamento da ritenersi prevalente ritrova una netta conferma di lì a poco: in una controversia relativa al divieto di installazione di canne fumarie sui muri perimetrali per determinate unità condominiali – sempre peraltro in relazione alla specifica destinazione d'uso delle medesime –, e rispetto al quale i ricorrenti lamentavano, tra le altre cose, l'estrema genericità del rinvio al regolamento condominiale contenuto nel loro atto d'acquisto, la Corte ripropone la medesima conclusione di Cass., n. 19212/2016: pure in assenza di un'allegazione materiale all'atto di compravendita, il richiamo al regolamento contrattuale condominiale contenuto nel contratto stesso obbliga gli acquirenti, e ciò indipendentemente dalla trascrizione.

Accertato dunque il richiamo al regolamento nei vari atti di cessione, ne risulta accertata la sua conoscenza ed accettazione (Cass. civ., 3 novembre 2016 n. 22310).

Tale indirizzo interpretativo deve ad ogni modo reputarsi maggioritario ove si consideri che esso viene nuovamente riaffermato in Cass. civ., 7 novembre 2016, n. 22582, al termine di una lunga vicenda giudiziaria tra un Condominio e due condòmini – e che ha peraltro visto le stesse parti processuali agire prima come ricorrenti per cassazione o poi come contro-ricorrenti.

La Corte di legittimità è stata investita una prima volta della questione a seguito del ricorso promosso dai condòmini, condannati in primo e secondo grado alla demolizione delle opere realizzate sul terrazzo dell'appartamento di loro proprietà, e reputate lesive di una delle clausole del regolamento condominiale che i ricorrenti assumevano non fosse invece loro opponibile: con sentenza n. 3104/2005, la Cassazione accoglieva dunque l'impugnazione dei condòmini, rilevando «come l'obbligo genericamente assunto nei contratti di vendita delle singole unità immobiliari di rispettare il regolamento di condominio che, contestualmente si incarica il costruttore di predisporre, come non vale a conferire a quest'ultimo il potere di redigere un qualsiasi regolamento, così non può valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente in quanto è solo il concreto richiamo nei singoli atti di acquisto ad un determinato regolamento già esistente che consente di ritenere quest'ultimo come facente parte per relationem, di ogni singolo atto».

In sede di riassunzione della causa ad opera degli stessi condòmini, la Corte d'appello rigettava l'istanza del Condominio, dopo aver accertato che «i danti causa degli appellanti avevano acquistato l'immobile con contratto del 31 gennaio 1983, trascritto il 3 marzo 1983, e che il regolamento condominiale era stato depositato il 2 marzo 1983 per essere poi trascritto due giorni dopo. […] detto regolamento non era opponibile ai predetti appellanti, in assenza di un loro atto di accettazione posteriore».

Proponeva allora ricorso per cassazione il Condominio, che ha però visto disattese tutte le censure mosse alla sentenza impugnata. Per quello che qui rileva, il ricorrente:

· evidenziava come la Suprema Corte avesse richiesto al giudice del rinvio di accertare il contenuto del contratto di compravendita concluso dai condòmini, nonché gli «ulteriori elementi che avrebbero potuto dimostrare la riconoscibilità e accettazione, da parte loro, del regolamento del condominio e delle clausole compravendita del 1986»; ebbene, nell'atto di acquisto era previsto che l'immobile fosse trasferito ai contro-ricorrenti «con tutti i diritti e gli obblighi derivanti dal rapporto di condominio», e quel rapporto – si sottolineava nel ricorso – trovava la sua regolamentazione proprio nel regolamento condominiale;

· deduceva la tardività dell'eccezione di inopponibilità del regolamento condominiale, sollevata dai contro-ricorrenti solo in sede di appello; ribadiva come l'acquisto dell'unità immobiliare da parte dei medesimi fosse avvenuto il 27 maggio 1986, ossia in una data successiva sia all'approvazione del regolamento condominiale, avvenuta il 3 marzo 1983, che alla trascrizione dello stesso, avvenuta il giorno successivo.

Il Condominio ricorrente osservava inoltre che i contro-ricorrenti non avessero fornito alcuna prova riguardo alla mancata accettazione del regolamento da parte della propria dante causa, e quest'ultima – come pacificamente rilevato nei precedenti gradi di giudizio – aveva in ogni caso sempre accettato i vincoli derivanti dal nominato regolamento;

· richiamava infine il principio secondo il quale «indipendentemente dall'approvazione convenzionale del regolamento, ovvero dalla espressa previsione delle clausole nei singoli atti d'acquisto, i vincoli agli immobili (le riserve di proprietà, gli oneri reali o le servitù reciproche), costituiti con il regolamento contrattuale trascritto nei registri immobiliari, acquistano, in virtù della detta forma di pubblicità, efficacia nei confronti dei terzi».

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I giudici di legittimità hanno respinto tutti i motivi posti a fondamento dell'impugnazione del Condominio:

· all'esito del primo ricorso, nella sentenza che ha dato origine al giudizio di rinvio, la Suprema Corte si era pronunciata proprio sulla questione dell'opponibilità, che, in tal modo, aveva fatto il suo ingresso nel thema decidendum della causa; non appare dunque concludente l'affermazione secondo la quale l'eccezione di inopponibilità del regolamento condominiale sarebbe stata sollevata dai contro-ricorrenti solo in grado di appello;

· nella sentenza d'appello impugnata dai condòmini e poi cassata, si era data applicazione al prevalente indirizzo secondo il quale le clausole di un regolamento condominiale contrattuale che limitino i diritti domenicali dei condomini sulle parti di proprietà esclusiva «sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che – seppure non inserito materialmente – deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto (per tutte: Cass. 31 luglio 2009, n. 17886; Cass. 3 luglio 2003, n. 10523)».

La Corte d'appello, muovendo da tale assunto, dopo aver rilevato che «la dante causa dei condòmini aveva conferito alla società costruttrice e venditrice il mandato a predisporre il regolamento di condominio, a depositarlo presso il notaio incaricato del rogito e a operarne la trascrizione», aveva concluso che, in virtù di quell'incarico, il regolamento fosse opponibile non solo alla dante causa medesima, ma anche ai contro-ricorrenti: detto regolamento, accettato espressamente dal primo acquirente, vincolava infatti tutti i successivi aventi causa del detto soggetto.

La Suprema Corte, già con la sentenza n. 3104/2005, aveva invece rilevato che l'accettazione – espressa dall'acquirente in sede di compravendita di un immobile – di un regolamento di condominio che il costruttore avrebbe predisposto solo in un momento successivo non può configurarsi come approvazione di un regolamento allo stato inesistente: solo il concreto richiamo nel singolo atto d'acquisto ad un determinato regolamento consente di considerare quest'ultimo come facente parte, per relationem di tale atto (nello stesso senso, Cass. civ., 20 marzo 2015, n. 5657).

È da reputarsi dunque corretta la valutazione della Corte di Roma, formulata in sede di rinvio, riguardo l'inopponibilità ai contro-ricorrenti (e alla loro dante causa) del regolamento in questione, predisposto e trascritto successivamente al primo acquisto: «nella fattispecie non conta, infatti, che l'acquisto dell'unità immobiliare da parte dei controricorrenti ebbe luogo più di tre anni dopo l'approvazione e trascrizione del regolamento condominiale: rileva, in argomento, che il diritto di proprietà oggetto del trasferimento non scontava la limitazione derivante dalla previsione regolamentare, essendo questa inserita in un atto che si era formato in un momento successivo alla prima cessione.

Né poteva assumere rilievo, per quanto detto, il richiamo, all'interno del contratto di compravendita del 1983 (in favore della dante causa degli attuali contro-ricorrenti), di un regolamento all'epoca inesistente» – conclude Cass., n. 22582/2016;

· non rileva che l'acquisto dei contro-ricorrenti sia stato trascritto successivamente alla venuta ad esistenza e trascrizione del richiamato regolamento: la pubblicità immobiliare non può avere valore costitutivo.

Poiché, come si è pure già evidenziato, le clausole limitative contenute nel regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio costituiscono sulle proprietà esclusive una servitù reciproca, i successivi acquirenti sopporteranno le medesime soltanto se quel regolamento sia stato approvato dagli originari acquirenti dei singoli appartamenti: «solo se i vincoli gravino sul primo proprietario può porsi il problema del trasferimento di essi ai successivi acquirenti. È in tale ipotesi, solo in tale ipotesi, che può rilevare la trascrizione».

E chiarisce nei seguenti termini il rapporto tra approvazione del regolamento e trascrizione dello stesso:

«a) il regolamento condominiale che contenga limitazioni ai diritti di proprietà dei singoli condomini deve essere approvato da tutti i partecipanti al condominio con atto di natura negoziale;

b) per avere efficacia nei confronti dei successori a titolo particolare di coloro che hanno approvato dette limitazioni devono essere trascritte nei pubblici registri immobiliari;

c) la trascrizione non è tuttavia necessaria se il regolamento è richiamato nei singoli atti d'acquisto, perché in questo caso il vincolo scaturisce non dalla opponibilità, ma dalla accettazione delle disposizioni condominiali da parte degli acquirenti dell'immobile».

Priva di pregio è stata infine giudicata la censura riguardo la mancata dimostrazione, da parte dei contro-ricorrenti, di non aver approvato il regolamento di condominio in questione.

Invero, il Condominio attore avrebbe dovuto provare che la norma regolamentare che assumeva violata vincolasse la controparte.

E si richiamano, sul punto, pronunce che, sia pur risalenti, mantengono la loro pertinenza ed efficacia: «il condominio che invoca in giudizio una clausola del regolamento limitativa del diritto di proprietà esclusiva dei singoli appartamenti nei confronti dell'acquirente di uno degli appartamenti stessi, ha l'onere di provare che il regolamento era stato approvato dall'unanimità dei condomini (Cass. 22 luglio 1963, n. 2024); ancora: le eventuali limitazioni esistenti nei rispettivi titoli di acquisto – che non possono desumersi da un generico richiamo all'obbligo di rispettare le norme di un regolamento di condominio che non sia stato ancora approvato e che quindi non sia ancora esistente all'epoca in cui i singoli condomini abbiano acquistato i loro rispettivi diritti – debbono essere provate dal condominio (Cass. 24 marzo 1972, n. 899)».

Al termine di tale ricostruzione, si ritiene di rilevare che, sebbene le posizioni riferite appaiono prevalenti in giurisprudenza, la dottrina più attenta non ha tuttavia mancato di sottolineare l'anomalia di un regolamento che finisca per vincolare i singoli acquirenti per effetto di un mero rinvio, che non necessariamente implica consapevolezza delle disposizioni richiamate, e indipendentemente dalla trascrizione.

In materia di regolamenti condominiali (assembleare), va peraltro rammentato che l'art. 1138 c.c. contiene un nuovo comma 3: esso prevede l'allegazione del regolamento approvato dall'assemblea, secondo le maggioranze fissate dalla legge, «al registro indicato dal n. 7 dell'art. 1130», ossia al registro dei verbali delle assemblee: ebbene, in proposito si osserva che se l'obbligo di allegazione introdotto dalla nuova disposizione fosse ritenuto applicabile, in via di interpretazione estensiva, anche al regolamento contrattuale, si supererebbero le attuali difficoltà di reperimento di tale documento, ai fini della sua allegazione negli atti di trasferimento, e si renderebbero di conseguenza conoscibili ed opponibili al nuovo condomino gli eventuali pesi, restrizioni e/o limiti gravanti sull'unità immobiliare dallo stesso acquistata derivanti dal regolamento medesimo (Corona, La riforma del condominio.

Prime riflessioni su alcune delle nuove disposizioni di interesse notarile, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 320-2013/C).

Tra l'altro, nella prassi negoziale, l'obbligo di approvare il regolamento “contrattuale” di condominio deriva di frequente dall'imposizione di una clausola che è presente nei modelli di proposta irrevocabile di acquisto predisposti ed utilizzati, su vasta scala, dalle agenzie di mediazione immobiliare (spesso strettamente collegate ai costruttori): con detta clausola, come del resto rilevato, il futuro acquirente si obbliga nei confronti del costruttore/venditore non soltanto a sottoscrivere il contratto definitivo ma anche ad approvare il testo del regolamento condominiale predisposto e di darvi esecuzione.

Si genera quindi un evidente squilibrio tra le parti, considerando che, in tale prospettiva, il condomino/acquirente è del tutto impossibilitato a partecipare alla determinazione del contenuto del regolamento “contrattuale”; e si ravviserebbe un ulteriore e più grave profilo di vessatorietà nella sostanziale impossibilità per l'acquirente di prendere visione preventivamente e, comunque, con sufficiente consapevolezza, delle clausole regolamentari predisposte.

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