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Parcheggio in cortile, se un condomino contesta la sosta dell'auto del vicino

Parcheggi in condominio, come affrontare le problematiche sugli abusi nel diritto all'uso?
Avv. Alessandro Gallucci 

Il parcheggio è sovente oggetto di litigio. Se poi il parcheggio riguarda l'uso di spazi comuni in un edificio in condominio, dagli alterchi è facile passare alle vere e proprie controversie giudiziarie.

In questi casi, nei quali non v'è la possibilità di fare intervenire i vigili urbani - il corpo di polizia non può sanzionare divieti posti in zone di transito private chiuse al pubblico - la soluzione, salvo il caso di sanzioni per violazioni per regolamenti di condominio, delle quali si dirà in fondo, è sta nell'azione giudiziaria.

Di tanto in tanto, quindi, le cronache giudiziarie condominiali ci raccontano di controversie per violazione dell'art. 1102 c.c. in relazione all'uso di parcheggi condominiali.

La Cassazione, per citare uno dei tanti esempi, con la sentenza n. 14245 depositata in cancelleria in 23 giugno 2014, è tornata ad occuparsi della questione dell'uso delle cose comuni, fornendo un interessante spunto di riflessione sulla valutazione della legittimità dell'uso individuale sancendo la sostanziale indifferenza della contestazione da parte di un solo condomino o dell'intera compagine.

Che cosa hanno detto gli ermellini ?

In tema di parcheggio in una parte comune di un edificio in condominio, qualora uno dei condomini contesti la legittimità della sosta dell'autovettura di un suo vicino lamentando la violazione dell'art. 1102 c.c. il giudice chiamato a valutarne la liceità deve farlo tenendo in considerazione non solamente il diritto d'uso del condomino contestatore, ma di tutti gli altri partecipanti alla compagine.

Uso della cosa comune e parcheggio: ruota attorno a questi due concetti la decisione in commento.

Uso della cosa comune

Ai sensi dell'art. 1102, primo comma, c.c.

«Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa».

Secondo la Cassazione, chiamata più volte a dare significato alla norma, «il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, o di non impedire l'altrui pari uso.

La nozione di pari uso della, cosa comune cui fa riferimento l'art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione» (così, ex multis, Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).

Tutti possono fare tutto, purché ciò non sia d'intralcio e non leda il pari diritto degli altri. A parole è tutto semplice ma nella realtà la valutazione della liceità dell'uso del singolo va valutata caso per caso.

Parcheggio in una zona comune

In caso del parcheggio di uno dei condòmini in una zona comune probabilmente rappresenta l'esempio più lampante di uso dei beni comuni; quando può essere considerato lecito? E quando no? E come valutare questa circostanza?

Nel caso risolto dalla Cassazione con la sentenza n. 14245/2014, due condomini facevano causa a dei loro vicini accusandoli di aver illecitamente utilizzato un viale interno al condominio per il parcamento delle proprie autovetture.

In primo grado, il Giudice di pace adito accoglieva la domanda degli attori, mentre in appello veniva stabilito che gli originari convenuti potevano parcheggiare non più di un'autovettura, lasciando così lo spazio per il parcheggio anche agli attori. Gli originari convenuti non accettavano nemmeno questa decisione e ricorrevano in Cassazione.

Gli ermellini hanno accolto il ricorso, ma la motivazione addotta non lascia ben sperare i ricorrenti (leggasi i condomini che avevano iniziato ad usare quel viale comune come parcheggio):

Motivo?

Secondo la Cassazione, il giudice di secondo grado aveva errato nell'applicare l'art. 1102 c.c.; ciò perché al fine di stabilire «se e in che misura l'uso diretto e più intenso della cosa comune da parte di un condomino sia legittimo o venga ad alterare il rapporto di equilibrio tra partecipanti e perciò sia da ritenere non consentito a norma dell'art. 1102 cod. civ., occorre avere riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno dei partecipanti al condominio, proporzionalmente alla quota di ognuno di partecipazione alla cosa comune» (Cass. 23 giugno 2014 n. 14245).

Insomma la legittimità del parcheggio andava valutata non solamente guardando ai diritti degli originari attori, ma rispetto alla posizione di tutti i condomini. La causa, quindi, dovrà essere rivalutata alla luce di questo principio, con il rischio che estendendo il campo di valutazione si possa arrivare ad una decisione di vietare il parcheggio o limitarlo fortemente nel tempo in quanto la zona è insufficiente per garantire l'utilizzazione da parte di tutti i condomini.

Parcheggio in una zona comune, il regolamento e le sanzioni pecuniarie

Un modo per dissuadere i condòmini da usi lesivi dei pari diritti dei loro vicini in relazione alle parti comuni è previsto dall'art. 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

A mente di tale disposizione, l'assemblea, con le maggioranze prescritte dall'art. 1136 c.c., può irrogare sanzioni per violazioni di norme regolamentari (sanzioni che devono essere previste dal medesimo regolamento) per importi fini ad € 200,00 che possono crescere fino ad € 800,00 in caso di recidiva.

L'uso degli spazi comuni, ai sensi dell'art. 1138 c.c., può essere certamente oggetto di regolamentazione da parte dell'assemblea.

Ne discende che, al di là dei profili attinenti alla violazione dell'art. 1102 c.c. in materia di diritto al pari uso della cosa comune, l'assemblea potrebbe, chiaramente dinanzi a chiare e patenti violazioni delle norme regolamentari, prevedere l'irrogazione di sanzioni pecuniarie (previa apposita disciplina delle medesime, ove questa non esista).

Un deterrente, si pensa, più diretto ed efficace per sanzionare i condòmini poco diligenti nell'uso degli spazi comuni.

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