La vicenda. Con atto di citazione, Tizio conveniva in giudizio il Condominio, affermando di essere proprietario di un'area adiacente al Condominio e chiedendo che venisse accertato che i singoli condomini non avevano il diritto di utilizzare l'area quale parcheggio, con conseguente condanna del Condominio alla cessazione di ogni molestia e turbativa al godimento del bene.
Costituitosi in giudizio, il Condominio anzitutto eccepiva il difetto di legittimazione attiva in capo all'attore, dovendo egli provare il suo diritto di proprietà sull'area, e il proprio difetto di legittimazione passiva; nel merito, eccepiva di avere comunque acquistato per usucapione la proprietà dell'area avendo i condomini utilizzato come parcheggio l'area sin dal 1965.
Il Tribunale in accoglimento della prima eccezione, dichiarava la carenza di legittimazione attiva dell'attore e, per l'effetto, rigettava la domanda.
In secondo grado, la Corte d'appello, riformava la pronuncia impugnata: veniva affermata la legittimazione dell'attore a proporre l'azione e rigettata l'eccezione di usucapione; di conseguenza, la Corte condannava il Condominio al rilascio dell'area oggetto di causa.
I motivi di ricorso: Il condominio ricorrente eccepiva l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, in particolare l'assenza di possesso in capo a Tizio sull'area oggetto di causa e la qualificazione della stessa come "distacco".
Dunque, invocando l'articolo 949 c.c., il ricorrente ritiene che la Corte d'appello abbia violato la disposizione avendo ritenuto provati i requisiti da questa richiesti senza in realtà esaminare il requisito dell'esistenza del possesso in capo all'attore che ha agito con actio negatoria servitutis.
L'actio negatoria servitus. Con tale azione - di mero accertamento negativo ex. art. 949 c.c. - l'attore, proprietario e possessore, tende al riconoscimento della libertà del fondo contro qualsiasi pretesa di terzi che accampino diritti reali sulla cosa ed attentino al libero ed esclusivo godimento dell'immobile da parte sua.
Il ragionamento della Cassazione. Preliminarmente, l'azione proposta da Tizio è stata qualificata quale actio negatoria servitutis e, pertanto, era corretta la legittimazione passiva all'amministratore del condominio, con esclusione della necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, in relazione all'esercizio da parte di un terzo o di un singolo condomino dell'azione di negazione della servitù (Cass. n. 919/2014 e, più di recente, Cass. n. 22911/2018).
Premesso ciò, secondo i giudici di legittimità chi agisce in negatoria servitutis non ha l'onere di fornire, come nell'azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà, essendo sufficiente dimostrare di possedere il fondo in virtù di un titolo valido, deve però appunto dimostrare di possedere il bene.
Di tale dimostrazione, tuttavia, non vi era traccia nella pronuncia impugnata; diversamente, erano presenti elementi in senso contrario.
Difatti, la Corte d'appello osservava che l'area era liberamente accessibile, il che "non consentiva di attribuire il possesso a soggetti identificati o identificabili sempre come condomini del caseggiato, anziché a una collettività indistinta di persone", affermazione che contrastava con il riconoscimento del possesso in capo a Tizio.
Di conseguenza, l'accoglimento di questo motivo ha comportato l'assorbimento delle censure relative al rigetto dell'eccezione di acquisto per usucapione dell'area da parte del Condominio, in riferimento agli articoli 2728 e 2729 c.c., ed anche in riferimento all'articolo 1117 c.c., che il giudice d'appello aveva erroneamente ritenuto, da un lato, che doveva essere il Condominio a fornire elementi di prova circa la "condominialità'" dell'area oggetto di causa e, dall'altro, che Tizio avesse comunque fornito prove sufficienti a superare la presunzione di tale condominialità.
In conclusione, per i motivi esposti, il ricorso è stato accolto; per l'effetto, la pronuncia è stata cassata con rinvio.
TABELLA RIEPILOGATIVA | |
OGGETTO DELLA PRONUNCIA | ACTIO NEGATORIA SERVITUS |
RIFERIMENTI NORMATIVI | Art. 949 c.c. |
PROBLEMA | Un condominio conveniva in giudizio il Condominio, affermando di essere proprietario di un'area adiacente al Condominio e chiedendo che venisse accertato che i singoli condomini non avevano il diritto di utilizzare l'area quale parcheggio, con conseguente condanna del Condominio alla cessazione di ogni molestia e turbativa al godimento del bene. |
LA SOLUZIONE | Secondo la Cassazione, chi agisce in negatoria servitutis non ha l'onere di fornire, come nell'azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà, essendo sufficiente dimostrare di possedere il fondo in virtu' di un titolo valido, deve però appunto dimostrare di possedere il bene. Di tale dimostrazione, tuttavia, non vi era traccia nella pronuncia impugnata; diversamente, erano presenti elementi in senso contrario. |
LA MASSIMA | Chi intende proporre l'actio negatoria servitutis non è tenuto a fornire una prova rigorosa sull'esistenza di un diritto di proprietà del bene, ma è tenuto a dimostrare di esercitare legittimamente il possesso sulla res. Di conseguenza, l'azione non può essere legittimamente proposta ove la questione abbia ad oggetto un'area a cui è permesso l'accesso da parte di una collettività indistinta di persone. Cass. civ., sez. II, Ord 3 dicembre 2019, n. 31510 |