Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

È possibile poggiare la bicicletta nell'androne senza essere rimproverati dall'amministratore o dai condomini?

Lasciare la bicicletta nell'androne condominiale.
Avv. Alessandro Gallucci 

Le biciclette nell'androne condominiale sono spesso oggetto di liti tra condòmini.

Ce l'ha ricordato un nostro lettore, che ha scritto: «Buongiorno amici di Condominioweb!

Vi scrivo per una questione che mi riguarda direttamente. Sono un rider e uso la bici per lavoro. Abito in affitto in un condominio che non ha box, cantine, ecc.; si accede direttamente dal piano terra, in un largo androne che poi si apre su quattro scale due per lato. Visto il lavoro che faccio e considerati i furti, la bici per me è fondamentale. Ogni volta che entro in casa, allora, la porto nell'androne con me. La sera la salgo in casa, ma quando le pause sono brevi la lascio giù.

L'androne è grande e la lascio appena entrato, non sporca e non crea intralci.

Ieri il proprietario di casa mi ha scritto un'email dicendomi che i condòmini se ne sono lamentati e che sarebbe opportuno che trovassi una situazione alternativa. A parte che potevano contattarmi direttamente, io mi chiedo: hanno ragione, o i posso lasciare la bicicletta nell'androne condominiale?»

La questione riguarda il diritto all'uso delle cose comuni. Diritto che riguarda i condòmini e quando il bene è dato in locazione, visto il godimento che ne deriva, anche ai conduttori.

Per rispondere alla domanda sulle biciclette nell'androne condominiale, partiamo allora dalle norme generali.

Uso delle cose comuni, le norme, i diritti dei condòmini (e dei conduttori)

Ogni condomino ha diritto di usare le parti comuni nel modo che più si confà alle sue esigenze, purché ciò non comporti una modificazione della loro destinazione d'uso, un'alterazione del decoro dell'edificio o una lesione del pari diritto degli altri condomini. Questo, in sostanza, quello che dice l'art. 1102 c.c.

Secondo la Cassazione, chiamata più d'una volta a dare contenuto pratico a questa norma, "il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, o di non impedire l'altrui pari uso.

Androne condominiale, proprietà, uso e spese

La nozione di pari uso della, cosa comune cui fa riferimento l'art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione" (così, ex multis, Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).

L'uso non dev'essere identico e contemporaneo ma comunque deve rimanere, potenzialmente la stessa possibilità per tutti.

In tal senso, sempre gli ermellini hanno chiarito che "al singolo condomino è consentito servirsi in modo esclusivo di parti comuni dell'edificio soltanto alla duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perda la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi (Cass. nn. 1062/11, 13752/06, 972/06 e 1737/05)" (Cass. 21 settembre 2011 n. 19205).

Chiaramente una valutazione da svolgersi caso per caso, in relazione ai beni oggetto dell'utilizzazione, alle forme d'uso, ecc. Diversamente il diritto al pari uso si trasformerebbe in un paralizzante non uso di fatto per il rischio di impedirlo agli altri.

Sempre la Suprema Corte ha poi specificato che dall'uso individuale più intenso dei beni comuni non devono derivare nocumento per la sicurezza, la stabilità, la salubrità ed il decoro dell'edificio.

Un ruolo importante può svolgerlo il regolamento che può disciplinare ma non vietare ai singoli l'uso delle cose comuni. La disciplina può spingersi fino ad un divieto di fatto quanto per le evidenti caratteristiche dei luoghi determinate utilizzazioni risulterebbero contrastanti con le caratteristiche e la destinazione dei beni comuni.

Bicicletta nell'androne tra possibilità, divieti e limiti

Questa premessa di carattere generale ci permette di poter rispondere alla domanda che ci siamo posti nel titolo dell'articolo grazie al quesito del nostro lettore.

La situazione è la seguente: se il condominio è dotato di un regolamento che vieta a priori questo determinato uso (ossia il parcheggio della bicicletta nell'androne comune) c'è ben poco da fare. La bici dev'essere lasciata altrove. Diverso il caso di mancanza o di silenzio del regolamento.

Un dato dev'essere evidenziato senza incertezze: la funzione dell'androne non è certamente quella del parcheggio. Esso serve come luogo di transito che collega la pubblica via alle scale che conducono alle unità immobiliari.

Ergo: la sosta di biciclette può essere consentita se temporanea, se effettivamente possibile solamente per un limitato numero di condomini, se non reca danno o sporcizia. E se c'è un sottoscala? La situazione non è molto differente. In definitiva: meglio essere autorizzati, ancor meglio se da tutti i condomini.

Qual è l'alternativa per evitare lamentele o rimproveri? Portare la bici in casa o lasciarla per strada.

Parcheggio bici nei condomini

  1. in evidenza

Dello stesso argomento