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Non è possibile interpretare le clausole del regolamento in modo estensivo per impedire ad un condomino di locare un locale dell'appartamento

Non può essere consentita alcuna limitazione del diritto di proprietà dei singoli condomini se non in forza di espressa previsione ed analitica specificazione dei limiti che si intendono porre.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In linea generale le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva, contenute nelle clausole di natura contrattuale del regolamento devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo tale da non lasciare alcun margine d'incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni.

In altre parole non può essere consentita alcuna limitazione del diritto di proprietà dei singoli condomini se non in forza di espressa previsione ed analitica specificazione dei limiti che si intendono porre Tali limitazioni infatti possono comprimere le facoltà di sfruttamento delle proprietà esclusive normalmente consentite ai singoli condomini.

Per un'applicazione pratica dei principi sopra espressi merita di essere segnalata una decisione del Tribunale di Milano (sentenza n. 1947 del 22 febbraio 2018).

Locazione di una stanza e divieto di trasformare le abitazioni in locande o pensioni o comunque di esercitare nello stabile attività imprenditoriali: la vicenda

Una condomina aveva dato in locazione il proprio alloggio, ad uso abitativo, ad una società che ristrutturava l'immobile e cominciava a sublocare una stanza munita di arredi con diritto dell'inquilino di usare la cucina e i due bagni dell'appartamento.

I contratti di sublocazione parziale (consentiti dal proprietario e regolarmente registrati) venivano stipulati per la durata di 4 anni più 4, così come previsto dalla normativa sulle locazioni ad uso abitativo.

Tale attività suscitava le proteste degli altri condomini secondo cui l'inquilina aveva violato palesemente il regolamento di condominio che vietava ai condomini di trasformare le abitazioni in locande o pensioni o comunque di esercitare nello stabile attività imprenditoriali (laboratorio, officine, deposito di merci o materiali vari all'ingrosso o al minuto).

La società proseguiva l'attività intrapresa e negava la contestata destinazione dell'appartamento, sottolineando di aver sublocato solo una stanza, come consentito dal contratto, mentre la locatrice respingeva ogni responsabilità per la condotta.

Di conseguenza il condominio si rivolgeva al tribunale per richiedere la condanna dell'inquilina e del condomino-locatore all'immediata cessazione dell'utilizzo illecito dell'immobile.

Il giudice, dopo aver ascoltato alcuni testimoni, accertava che il canone versato alla società copriva la locazione della stanza, l'uso delle parti comuni (bagni e cucina) e le spese di utenza e accesso ad internet. Non erano compresi, però, servizi ulteriori di pulizia o cambio biancheria, incombenze alle quali provvedeva il conduttore.

In ogni caso emergeva che, sebbene nel contratto la durata della locazione fosse quella prevista dalla normativa sulle locazioni (art. 2 L. n. 431/98), la stanza era stata rilocata a diversi conduttori con intervalli non inferiori all'anno e talvolta superiori.

Locazione di una stanza e divieto di trasformare le abitazioni in locande o pensioni o comunque di esercitare nello stabile attività imprenditoriali: la decisione

Il Tribunale ha precisato che la ripetuta concessione in godimento di una stanza da parte di una società in favore di terzi determina la nascita di rapporti di locazione e non costituisce un'attività imprenditoriale riconducibile all'ipotesi di affittacamere, se il proprietario dell'immobile ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni non fornisce servizi ulteriori.

Del resto - come sottolinea lo stesso tribunale - la fornitura di gas, luce, riscaldamento è una prestazione funzionale al godimento dell'immobile, propria della locazione, mentre prestazioni accessorie, quali il riassetto e pulizia della stanza, la fornitura ed il lavaggio della biancheria del letto e del bagno, sono caratteristiche dell'attività di affittacamere; pertanto in difetto della prestazione di detti servizi (che del rapporto sono accessorio e complemento imprescindibile), la cessione in godimento di un appartamento o di una stanza deve essere regolata dalla disciplina relativa alle locazione ad uso abitativo, a maggior ragione se la durata contrattuale non è compatibile con un'attività di tipo alberghiero.

In ogni caso il giudice meneghino precisa che il singolo condomino è responsabile verso tutti gli altri condomini delle ripetute infrazioni al regolamento commesse dall'inquilino, a meno che non provi di aver adottato ogni misura idonea (in relazione alle circostanze e all'ordinaria diligenza) a far cessare gli abusi, prospettando, ad esempio, l'anticipata cessazione del contratto.

Tale principio però non può applicarsi quando il conduttore utilizza un appartamento condominiale per svolgere un'attività che non è compresa tra quelle vietate dal regolamento.

In altre parole l'attività di affittacamere o bed and breakfast è pienamente ammissibile se il divieto regolamentare riguarda l'apertura di pensioni o locande, cioè attività che accanto alla messa a disposizione di una camera per l'alloggio, presuppongono la prestazione di un servizio di ristorazione ben più ampio, esteso al pranzo o alla cena o ad entrambi, richiedendo non solo una dimensione organizzativa ed anche di personale più ampia, ma anche una maggiore frequentazione dei locali da parte degli ospiti.

Regolamento di condominio, nozione, funzione, approvazione, trascrizione e revisione. Un breve vademecum

Sentenza
Scarica Trib. Milano 22 febbraio 2018 n. 1947
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