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L'uso del bene comune deve essere garantito a tutti i condomini

Il passaggio carrabile e pedonale di pertinenza del caseggiato non può essere ostaggio di pochi condomini che ne impediscono il libero godimento.
Avv. Adriana Nicoletti 

Premessa

La sentenza n. 220 in data 31 gennaio 2023 del Tribunale di Latina rappresenta l'ultimo contributo per ribadire che nel condominio non vige la regola del più forte. I beni comuni devono essere utilizzati nel rispetto dell'altrui diritto, scandito dai limiti previsti dalla normativa codicistica.

In particolare, le autovetture devono sostare negli spazi comuni senza impedire che tutti i condomini, indistintamente, possano utilizzare le aree destinate al parcheggio.

Il Giudice dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese di lite. La vicenda

Alcuni condomini proponevano appello avverso la sentenza del Giudice di pace, il quale aveva rigettato la loro domanda di riconoscimento del proprio diritto di esercitare il libero godimento, sia pedonale che carrabile, di un viale di pertinenza condominiale abitualmente utilizzato da altri condomini in modo arbitrario e illegittimo.

I convenuti, infatti, parcheggiando la propria autovettura in modo ripetutamente non corretto impedivano agli attori il transito su tale spazio.

Si costituivano gli appellati i quali negavano qualsivoglia addebito nei loro confronti e chiedevano il rigetto dell'appello.

Nel corso del giudizio gli odierni appellanti chiedevano che venisse dichiarata la cessazione della materia contendere poiché non avevano alcun interesse a proseguire il giudizio avendo venduto l'appartamento, e quanto alle spese di lite ne chiedevano la compensazione. Controparte si opponeva e la controversia si concludeva con l'accoglimento, da parte del Tribunale di Latina, delle domande dell'appellante formulate in udienza.

La questione processuale che si ripete

Il Tribunale di Latina, pur avendo dichiarato la cessazione della materia del contendere come da richiesta dell'appellante, considerata l'opposizione dell'appellato ha, comunque, esaminato nel merito la questione per decidere in ordine alle spese di lite in relazione alle quali era stato da questi chiesto di accertare la soccombenza virtuale.

Per quanto concerne le spese di lite (per le quali è prevista la compensazione solo con riferimento alla definizione della controversia con il provvedimento di condanna ex art. 92 c.p.c.) occorre distinguere tra due differenti situazioni.

In un primo caso è stato affermato che la cessazione in parola è considerata alla stregua di "una formula di definizione del giudizio ormai costantemente adoperata dalla giurisprudenza, ancorché non risulti direttamente disciplinata nel codice di rito civile - che costituisce il riflesso processuale del venir meno della ragion d'essere sostanziale della lite per la sopravvenienza di un fatto suscettibile di privare le parti di ogni interesse a proseguire il giudizio e deve essere dichiarata dal giudice allorquando i contendenti si diano reciprocamente atto dell'intervenuto mutamento - ovvero della sopravvenuta caducazione - della situazione sostanziale oggetto della controversia" (Cass. 5/12/2015, n. 26351 Fattispecie relativa alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione in corso di un giudizio di lavoro). In questo caso la compensazione delle spese tra le parti è d'obbligo e conseguenziale.

Non è questo il caso portato dinanzi al Tribunale di Latina, essendoci un contrasto tra le due parti proprio in relazione alla domanda di cessazione della materia del contendere formulata dall'appellante. Necessariamente, il giudicante ha risolto la controversia in base alla soccombenza virtuale ma, essendovi stata la richiesta di compensazione delle spese da parte dell'appellante il Tribunale non ha potuto che pronunciarsi di conseguenza, pur non condividendo nel merito le conclusioni del Giudice di pace. Diversamente il giudice dell'appello si sarebbe pronunciato ultra petita.

L'uso da parte del singolo di una zona comune (viale o cortile) è legittimo ma non è assoluto

L'art. 1102 c.c., tipico della comunione, si applica alla materia condominiale per effetto del rinvio di cui all'art. 1139 c.c. in base al quale l'uso della cosa comune è ammesso in presenza di due presupposti che operano disgiuntamente: la destinazione del bene deve rimanere inalterata e l'utilizzo del bene per tutti i partecipanti deve essere parimenti assicurato.

La norma, quanto all'uso del bene comune, ha una duplice caratterizzazione.

La prima è di stampo processuale e riguarda la determinazione della competenza, affidata in via esclusiva al Giudice di pace ex art. 7 c.p.c., mentre se nella controversia viene messo in discussione il diritto del condomino ad un determinato uso del bene, la competenza passa al giudice ordinario (Cass. 26 novembre 2021, n. 36967).

La seconda, di natura sostanziale, consente al compartecipe di trarre dal bene un uso maggiore o anche più intenso rispetto a quello che gli altri condomini, sempre avendo presente la nozione di pari uso. Questa, peraltro, coincide con l'uso potenziale e non concreto che gli altri condomini potrebbero fare dello stesso bene in relazione ai propri diritti (Cass. 16 aprile 2018, n. 9278).

Ma l'ulteriore aspetto da considerare concerne la dimensione da attribuire all'espressione "pari uso" della cosa comune, di cui all'art. 1102 c.c., che "sebbene non debba intendersi nel senso di uso identico e contemporaneo, implica pur sempre che la destinazione della cosa resti compatibile con i diritti degli altri partecipanti" (Cass. 6 maggio 2021, n. 11870).

Il Tribunale di Latina, sulla base di principi più che consolidati e tenendo presente le risultanze istruttorie di carattere documentale (il primo giudice, infatti, non aveva considerato né la planimetria, né le fotografie dalle quali emergeva, ictu oculi, come gli appellati rendessero impossibile o, comunque, ostacolassero con la propria autovettura il transito lungo il perimetro del viale condominiale), non ha potuto fare altro che, pur nella rinuncia della domanda dell'appellante, censurare la decisione di primo grado.

Richiamando, allo scopo, un precedente giurisprudenziale (Cass. 18 marzo 2018, n. 7618) secondo il quale l'art. 1102 c.c. "… non pone alcun limite minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso; pertanto, può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti del cortile comune che impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà".

In conclusione, quando in condominio vi siano spazi finalizzati al passaggio di auto e pedoni ovvero alla sosta di autovetture, la funzione del viale condominiale non può essere modificata o snaturata dal comportamento dei condomini che rendano la circolazione dei veicoli impossibile o difficoltosa, come ad esempio nel caso in cui il mezzo sia lasciato inutilizzato per lungo tempo sempre nello stesso posto, con stabile occupazione della stessa porzione del bene comune (Cass. 18 marzo 2019, n. 7618).

Sentenza
Scarica Trib. Latina 31 gennaio 2023 n. 200
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