Delibere retroattive, ci scrive un nostro lettore: "Buona sera Redazione. Ho un quesito. Da anni parcheggio l'auto in uno spazio comune.
Alcuni condòmini da un po' di tempo di contestano che la mia nuova macchina, più grande, rende difficoltoso il passaggio. Mi rendo conto che forse si crea un maggior fastidio, ma nessun pericolo: di questo ne sono certo. Siccome la sosta lì non è vietata io proseguo nel parcheggiare.
Questi condòmini hanno convinto altri e l'assemblea ha deliberato il divieto di sosta in quel punto, ma non solo: è stato deciso di prevedere una multa condominiale in caso di sosta vietata e soprattutto la sanzione retroattiva per tutte le mie soste da un anno a questa parte! Mi sembra una cosa esagerata, ma può essere mai che una delibera decida per il passato? Grazie per l'aiuto che mi darete".
L'interessante questione posta dal nostro lettore va risolta guardando ai principi generali in materia di validità nel tempo delle leggi, degli atti aventi forza di legge, dei regolamenti e degli atti pattizi.
Per le leggi ed atti ad essa equiparabili, nonché per le norme di rango secondario, vale quanto disposto dall'art. 73 della Costituzione nonché dalle disposizioni sulla legge in generale: la legge dispone per l'avvenire. Certo, esistono eccezioni a questo principio che, invece, è inderogabile in ambito penale.
Si pensi alle leggi di intepretazione autentica, che, nell'attribuire alla norma il reale significato secondo l'intenzione del legislatore, hanno per ciò efficacia ex tunc a far data dall'entrata in vigore della legge.
Il discorso non è differente per gli accordi contrattuali: costituiscono, modificano o estinguono un rapporto giuridico tra le parti. È regola generale che producano i loro effetti a far data dalla loro conclusione.
Si pensi al contratto di compravendita: è impensabile un contratto che retrodati la vendita di un bene anche solamente al giorno precedente. La vendita ed il relativo effetto traslativo valgono dalla conclusione dell'accordo.
Anche in ambito negoziale e proprio in relazione alle delibere condominiali (che per questi principi guardano alla disciplina contrattuale) possono manifestarsi delle eccezioni.
Tanto premesso in termini generali è utile soffermarsi sulla specifica vicenda su cui ha domandato aiuto il nostro lettore.
Obbligatorietà delle delibere condominiali
L'art. 1137, primo comma, c.c.: "Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini".
La norma, quindi, specifica che se la decisione del consesso è adottata correttamente, ovvero anche se contestata ed impugnata ma non sospesa, essa sarà vincolante per tutti i condòmini (nonché per i titolari diritti reali e personali di godimento). Tutti i condòmini: dunque è indifferente che gli stessi al momento della decisione siano stati dissenzienti, favorevoli, astenuti o assenti all'adunanza di adozione, ovvero che successivamente abbiano impugnato la delibera.
L'efficacia delle delibere, ergo la loro obbligatorietà, viene meno solamente per tre circostanze;
- in via temporanea, nel caso di sospensione dell'efficacia ad opera di un giudice che in via cautelare disponga in tal senso;
- in via definitiva all'esito di un giudizio di invalidazione della delibera (anche solamente di primo grado, essendo le sentenze provvisoriamente esecutive);
- a seguito di sostituzione della delibera ad opera della stessa assemblea condominiale (si pensi alla delibera che, ponendo nel nulla la precedente, deliberi di non eseguire i lavori, o almeno quel tipo di opere).
Ratifica e delibere sull'uso delle cose comuni
Chiarita la portata dell'art. 1137 c.c. è utile adesso comprendere gli aspetti connessi all'efficacia nel tempo delle delibere e quindi l'eventuale possibilità di esistenza di delibere retroattive; per farlo è utile guardare all'istituto della ratifica.
Il vocabolario della lingua italiana definisce la ratifica come segue: "in senso strettamente giuridico, approvare, facendolo proprio, un atto, un negozio, un contratto compiuto da altri" (Dizionario Treccani, voce Ratifica).
Ai sensi dell'art. 1399 c.c. "[...], il contratto può essere ratificato dall'interessato, con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso".
La ratifica, è pacifico in dottrina e giurisprudenza, ha efficacia ex tunc, cioè i suoi effetti risalgono fin al momento della stipula dell'atto sanato.
In questo contesto di carattere generale con specifico riferimento al condominio è stato più volte affermato che "l'assemblea, ai sensi dell'articolo 1135 del C.c., nell'esercizio dei poteri di gestione del condominio, ha sempre il potere di ratificare la spesa effettuata dall'amministratore, ovvero, in caso di mancata nomina dello stesso, direttamente da parte di alcuni condomini in ordine a lavori di manutenzione straordinaria delle parti comuni, ancorché non indifferibili ed urgenti (vedi Cassazione civile sez. VI, 08/06/2020, n.10845; vedi anche tra le altre Cassazione civile sez. II, 21/02/2017, n.4430 : "ove sia mancata la preventiva approvazione assembleare della spesa relativa al progetto originario di opere di manutenzione straordinaria o a sue varianti, non vi è ragione per cui alla ratifica di tale spesa e all'approvazione del relativo riparto, con la necessaria maggioranza, non si possa procedere in sede di rendiconto consuntivo" (Trib. Livorno 22 giugno 2021 n. 520). Date queste premesse, dunque, è possibile affermare che le delibere condominiali hanno effetto retroattivo nella misura in cui sanano una situazione che l'assemblea ritiene conveniente. La retroattività, quindi, è un effetto indiretto della ratifica.
Tale effetto, tuttavia, non vale per altre delibere. Se l'assemblea decide il giorno X che è vietato parcheggiare nello spazio comune Y, quella decisione, obbligatoria per tutti i condòmini, vale a far data dalla sua assunzione, quale atto costitutivo di un precetto giuridicamente vincolante (alla stregua della costituzione di un contratto).
Certamente l'assemblea può decidere se valutare azioni legali contro chi prima di quella decisione si è comportato diversamente, ma ciò non in virtù di quella delibera di divieto, ma in conseguenza di un comportamento illecito valutato alla luce delle ordinarie norme dettate in materia di proprietà e/o di responsabilità civile contrattuale o extracontrattuale.
Ciò vale a maggior ragione per le sanzioni di carattere economico. L'assemblea gestisce le parti comuni e la violazione del loro uso guardando all'avvenire, non può sanzionare comportamenti pregressi se quelle norme che li puniscono non esistevano al momento del fatto.
Nel caso sottopostoci dal nostro lettore, ci pare di poter concludere senza timore di smentita che quella decisione è nulla quanto meno per impossibilità dell'oggetto.