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L'operato dell'amministratore è confermato con la ratifica anche tacita dell'assemblea condominiale

La Suprema Corte si sofferma sulla ratifica dell'operato dell'amministratore di condominio.
Avv. Nicola Frivoli 

Con ordinanza emessa in data 30 novembre 2022, n. 35278, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su un motivo di censura, oltre due motivi per ricorso incidentale, in virtù di azione intrapresa dal condominio contro l'ex amministratore, il direttore dei lavori e l'impresa individuale, appaltatore, per ottenere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento dell'amministratore e dell'impresa per aver il primo abusivamente inserito nel contratto di appalto una clausola che - contrariamente a quanto deliberato nell'assemblea del 21 novembre 1997- consentiva all'appaltatore di non rimuovere le lastre di amianto ma di procedere al loro incapsulamento e per non aver la ditta eseguito i lavori a regola d'arte con conseguenti danni da infiltrazioni.

Si costituivano in giudizio i convenuti, in particolare il direttore spiegava domanda riconvenzionale, nonché una condomina interveniva volontariamente. La causa veniva istruita con produzione documentale e CTU. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda attorea e, per l'effetto, condannava solo l'impresa appaltatrice al pagamento della somma di euro 9.196,40, in favore del condominio ed euro 1.611,97, in favore della condomina intervenuta a titolo di risarcimento dei danni, rigettate le altre domande.

L'inadempimento in un contratto di appalto: la vicenda

La Corte d'appello di Roma, con pronuncia del 4 settembre 2017, confermava la sentenza di primo grado (Tribunale Latina con sentenza del 2010) e rigettava sia l'appello principale, sia gli appelli incidentali.

Rilevava la Corte territoriale che il ragionamento del giudice prime cure fosse giusto ed affermava che non si poneva alcun problema circa la prova dell'inadempimento, avendo il Tribunale ritenuto che l'inserimento da parte dell'ex amministratore della clausola contrattuale - che dava facoltà all'appaltatore di procedere all'incapsulamento delle lastre anziché alla loro integrale sostituzione - esorbitava dai limiti del suo mandato con la conseguenza che, fermo l'inadempimento, spettava all'attore la prova del danno patito e del nesso causale tra il dedotto inadempimento e il danno.

Il giudice di secondo grado accertava che il condominio, nel deliberare il conferimento dell'appalto alla ditta (all'assemblea del 21 novembre 1997), era perfettamente a conoscenza dell'inadeguatezza dell'importo per coprire i costi per il totale rifacimento del tetto mediante la completa rimozione delle vecchie lastre di eternit e il loro smaltimento secondo la normativa di settore, circostanza quest'ultima confermata dalla perizia redatta dal CTU incaricato, commissionata dallo stesso condominio prima della realizzazione delle opere.

Sulla base di siffatte circostanze, la Corte di appello riteneva che l'appellante, nel porre a fondamento della domanda risarcitoria il mancato rifacimento del tetto e lo smaltimento delle vecchie lastre in eternit, avrebbe dovuto dimostrare la compatibilità dell'offerta dell'impresa e il prezzo pagato a quest'ultimo ad assolvere gli adempimenti di legge connessi alla rimozione delle lastre e al loro conferimento nella discarica autorizzata.

Avverso la sentenza della Corte territoriale, il ricorrente condominio proponeva ricorso in cassazione adducendo un solo motivo di censura, resisteva con controricorso l'amministratore che conteneva un ricorso incidentale su un unico motivo, nonché la condomina-interventrice, anch'essa con controricorso proponeva ricorso incidentale articolato in due motivi.

Comunque la detta condomina aveva anche proposto autonomo ricorso e, nelle more, aveva rinunciato allo stesso.

Questione preliminare: riunione ricorsi

In via preliminare, la Cassazione, in virtù del principio di unicità del processo di impugnazione riuniva i due ricorsi, atteso che il ricorso successivo avverso la medesima sentenza si converte in appello incidentale ancorché proposto con ricorso autonomo, purché sia rispettoso del termine stabilito dall'art. 371 c.p.c. (Cass. civ. sez. II, 12 maggio 2020, n. 8773; Cass. civ. 28 maggio 2004, n. 10309).

Motivi

Nel merito, con l'unico primo motivo, il ricorrente principale denunciava la violazione dell'art. 1218 c.c. in riferimento all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 comma 1 n. 5, nonché la nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e contestuale violazione dell'art. 2909 c.c. in riferimento all'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.

Nel ricorso incidentale, con il primo motivo la ricorrente denunciava, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 1218 c.c., l'omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c. ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nonché la nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per aver la Corte distrettuale omesso di rilevare il giudicato interno formatosi sul rigetto della domanda riconvenzionale, con contestuale violazione dell'art. 2909 c.c. a norma dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.

Con il secondo motivo la ricorrente incidentale lamentava, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti in combinato con gli artt. 2909 e 324 c.p.c. per la formazione del giudicato interno in ordine ai capi n. 4 e n. 5 della sentenza di primo grado, nonché la violazione di legge a norma dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per difetto di ratifica ex art. 1393 c.c. nonché la violazione dell'art. 132 comma 4 c.p.c.

La Suprema Corte riteneva opportuno trattare congiuntamente il motivo di ricorso principale e i primi due motivi del ricorso incidentali data la loro intrinseca connessione argomentativa, non potendo trovare ingresso per quanto si dirà di seguito, seppur la motivazione appare meritevole di correzione ai sensi dell'art. 384 comma 4 c.p.c., comunque tali motivi venivano considerati tutti infondati.

Responsabilità dell'ex amministratore: insussistenza per ratifica tacita

La Suprema Corte nell'analisi della contesa, riteneva condivisibile il ragionamento della Corte territoriale, sulla responsabilità dell'ex amministratore, laddove aveva valutato il comportamento tenuto dalle parti, accertando - di conseguenza - la sussistenza in concreto di una ratifica tacita da parte del condominio dell'operato dell'allora capo condominio.

Con la conseguenza che la Corte territoriale non era incorsa nella violazione del giudicato, come lamentata, e l'impossibilità dedotta era solo relativa.

Giustamente il giudice del gravame, dopo aver circoscritto la decisione alla sola prova del danno risarcibile derivante dall'inadempimento dell'ex amministratore, aveva comunque esteso la sua decisione alla responsabilità contrattuale di quest'ultimo, rilevando l'assenza di responsabilità dell'ex amministratore, stante la consapevolezza da parte del condominio dell'impossibilità di realizzare un tetto nuovo per l'insufficienza del budget economico messo a disposizione per detti lavori, nonché il comportamento complessivamente osservato dallo stesso, dal quale è stata desunta un'accettazione tacita dell'operato dell'amministratore.

La ratifica dell'operato dell'amministratore: principio in diritto

A tal riguardo, osservava il Collegio che, la ratifica consiste in una manifestazione di volontà del dominus diretta ad approvare l'operato del rappresentante o del mandatario, per la quale non sono richieste formule sacramentali, occorrendo però che la volontà di fare propri gli effetti del negozio già concluso sia manifestata in modo chiaro ed inequivoco, non necessariamente per iscritto, ma anche con atti o fatti che implichino necessariamente la volontà di far proprio il contratto e i suoi effetti (Cass.civ. civ. 08 aprile 2004, n. 6937; Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 408). Ne deriva l'ammissibilità della ratifica tacita quando dal contegno del dominus o del mandante risulti in modo univoco la volontà di rendere efficace il negozio.

Esclusione della responsabilità per inadempimento ex art. 1218 c.c.

In sostanza, secondo gli ermellini, da tale pronuncia si evince che la Corte del merito, facendo buon governo delle regole sul riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 1218 c.c., valutate le prove documentali allegate dall'ex amministratore, ha in realtà escluso la responsabilità da inadempimento di quest'ultimo, con conseguente infondatezza dell'istanza risarcitoria avanzata dagli odierni ricorrenti.

Risoluzione per inadempimento in ambito condominiale

Va ribadito, infatti, che in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione del contratto e/o per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre grava sul debitore l'onere probatorio dell'esatto adempimento, dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione ovvero della non riferibilità dell'inadempimento al debitore (Cass. civ. n. 2000/2016).

Pericolosità dell'amianto in condominio

Per completezza espositiva, visto che l'oggetto della materia del contendere afferiva la rimozione dell'amianto da un tetto in condominio si rileva che nel condominio deve essere garantita la qualità della vita di ogni condomino, tale diritto è contenuto nella Costituzione nei principi costituzionalmente garantiti dagli artt. 32 e 42.

Nell'ambito di diritti garantiti dalla nostra Carta costituzionale, la problematica afferente la presenza dell'amianto, in particolare in condominio, è stata affrontata dal legislatore con la l. 27 marzo 1992, n.257 e successive modifiche e con il decreto attuativo del 6 settembre 1994.

Con tale normativa si è affrontata con molta forza lo smaltimento dell'amianto in virtù dell'accertamento scientifico dei danni che crea all'uomo, in quanto si è appurato che l'amianto è formato da una serie di minerali cancerogeni - soprattutto quando vi è rilascio nell'ambiente - la cui produzione, lavorazione e vendita sono da considerarsi fuori legge.

Molto importante sono le modalità attraverso i quali la bonifica deve effettuarsi per lo smaltimento dell'amianto sia nelle proprietà esclusive che nell'ambito condominiale, al fine di garantire la sicurezza dei condomini non solo alle strutture e parti condominiali.

In conclusione, la Suprema Corte rigettava il ricorso principale del condominio e quello incidentale della condomina, estinto l'ulteriore ricorso incidentale della detta condomina per intervenuta rinuncia, assorbito quello incidentale condizionato dell'ex amministratore, condannava in solido il condominio e la condomina alla rifusione delle spese processuali in favore dell'ex amministratore e della ditta appaltatrice.

Sentenza
Scarica Cass. 30 novembre 2022 n. 35278
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