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L'approvazione del bilancio consuntivo non è riconoscimento di un credito vantato dall'amministratore

Se l'amministratore anticipa somme per conto del condominio lo fa a suo rischio e pericolo e per ottenerne la restituzione deve provarne titolo e provenienza.
Avv. Adriana Nicoletti 

Uno dei maggiori punti di contrasto tra il condominio e colui che fino ad un certo punto è stato il suo amministratore va individuato nell'incauto comportamento di quest'ultimo il quale, per motivi che restano sempre avvolti in un velo di mistero, anticipa di tasca propria pagamenti per conto della compagine condominiale.

Tutto ciò continua ad avvenire malgrado una legge non scritta abbia posto un netto divieto in tal senso.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17293 del 16 giugno 2023 nel ribadire il rapporto tra delibera assembleare di approvazione del bilancio consuntivo e la ricognizione di debito verso un credito avanzato dall'amministratore, ha affermato che la prova per quest'ultimo può essere raggiunta anche attraverso l'esame della documentazione bancaria.

Riconoscimento di somme anticipate dall'amministratore: fatto e decisione

L'ex-amministratore di un condominio otteneva dal Tribunale di Firenze un decreto ingiuntivo nei confronti del proprio amministrato per le anticipazioni effettuate dal ricorrente nel corso di un anno di gestione.

Successivamente, nella fase di cognizione ordinaria, lo stesso Tribunale accoglieva l'opposizione proposta dall'ingiunto e revocava il decreto, ritenendo che l'opposto/amministratore non avesse assolto all'onere probatorio posto a suo carico, a fronte dell'assenza di una contabilità regolare che consentisse la verifica dei documenti dai quali si poteva trarre la giustificazione di entrate ed uscite.

Proposto appello dal soccombente, la sentenza di primo grado veniva parzialmente riformata ed il condominio veniva condannato a versare all'ex amministratore una somma di poco inferiore a quella oggetto del provvedimento monitorio, con conseguente compensazione parziale delle spese tra le parti.

Il condominio, quindi, proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello lamentando, per quanto di specifico interesse, che la mancanza di un conto corrente intestato al condominio non aveva chiarito se il conto bancario sul quale erano stati effettuati i pagamenti fosse effettivamente riferibile all'ex amministratore oppure se si trattasse di un deposito cointestato a più condomini.

In tal caso la prova del credito si sarebbe potuta ritenere raggiunta solo attraverso le ricevute di pagamento riferibili a quel conto che l'amministratore dichiarava essere unico conto a lui intestato.

La Corte di cassazione nel rigettare il ricorso ha giudicato corretto l'iter logico-giuridico seguito dalla Corte di appello per pervenire alla decisione di riformare la sentenza di primo grado.

È stato osservato, per un profilo di carattere generale, che se è vero che, per effetto della legge n. 220/2012, i condominii devono essere dotati di un conto corrente ad essi separatamente intestato è altrettanto vero che, prima dell'entrata in vigore di tale normativa, nessun obbligo di tale portata era previsto.

Inoltre, se l'amministratore deve fornire la prova dei fatti sui quali fonda la propria richiesta di restituzione di somme anticipate, tale prova non può essere individuata nell'approvazione assembleare di un rendiconto consuntivo, nel quale sia messo in evidenza un disavanzo tra entrate ed uscite, poiché tale dato di fatto non dimostra che eventuali somme in differenza siano state versate dall'amministratore con denaro proprio.

Richiesta documentazione contabile e validità della delibera

Detto questo la Corte del merito, che non aveva ritenuto sufficiente la produzione del rendiconto, né aveva considerata come fornita dal condominio alcuna prova contraria, aveva, invece, fatto affidamento sulla documentazione bancaria dalla quale aveva tratto gli elementi utili per accertare che gli avvenuti pagamenti sul conto intestato all'allora amministratore erano provenuti proprio dall'utilizzo della provvista personale del medesimo.

Considerazioni conclusive

La sentenza della Corte Suprema ha messo in luce due problematiche.

La prima concerne l'obbligatorietà del conto corrente condominiale che è stata introdotta solo con la riforma del condominio per effetto dell'art. 1129, n. 7, c.c. il quale ha stabilito che l'amministratore è obbligato a fare transitare le somme ricevute dai condomini o da terzi, nonché quelle erogate, a qualsivoglia titolo per conto del condominio, su di uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio, là dove prima dell'entrata in vigore della riforma la giurisprudenza aveva parlato nel merito di opportunità e non di obbligo.

Tanto è vero che la Corte di cassazione aveva escluso che il sindacato dell'autorità giudiziaria si potesse estendere all'operato dell'assemblea condominiale in relazione alla questione inerente alla mancata apertura di un conto corrente intestato al condominio, su cui depositare da parte dell'amministratore le somme ricevute, attenendo la stessa all'opportunità o alla convenienza dell'adozione delle modalità della gestione delle spese relative alle cose ed ai servizi comuni (Cass, sez. 2, 20 giugno 2012, n. 10199).

E su tale aspetto il provvedimento qui annotato ha richiamato, condividendo, le conclusioni cui è approdata la Corte del merito.

La seconda questione si può sintetizzare nel fatto che per riconoscere dovute all'amministratore somme dal medesimo asseritamente anticipate per conto del condominio non è sufficiente che una delibera di approvazione di un bilancio consuntivo porti in evidenza un disavanzo tra entrate ed uscite.

Il credito vantato dal rappresentante condominiale, infatti, non può essere oggetto di deduzione ma deve essere dimostrato e la prova spetta all'amministratore.

Il tutto con evidente richiamo del principio generale in ordine all'onere della prova contenuto nell'art. 2697 c.c.

Giova a questo proposito osservare che, per quanto il rapporto amministratore/condominio sia stato definitivamente inquadrato nell'ambito del mandato, l'amministratore non ha un potere generalizzato di spesa che, invece, è espressamente delimitato dagli artt. 1130 e 1135 c.c. Compito dell'assemblea è quello di approvare il conto consuntivo e di valutare l'opportunità delle spese effettuate dall'amministratore.

Tale valutazione, tipica dell'istituto condominiale, rappresenta, quindi, il limite alla rimborsabilità delle spese in favore del mandatario proprio in ragione del fatto che il credito che l'amministratore possa vantare nei confronti del condominio non è né liquido né esigibile senza il preventivo controllo dell'assemblea (Cass., sez. 6-2, 16 aprile 2012, n. 5984).

Per quanto concerne, invece, la rilevanza, ai fini voluti dall'amministratore, dell'eventuale disavanzo che risulti dal consuntivo approvato la giurisprudenza è concorde nel ritenere che nella specie non si può parlare di una ricognizione di debito da parte del condominio, dal momento che tale riconoscimento richiede un atto di volontà specifico da parte dell'assemblea, che non può essere certamente individuato nell'approvazione del rendiconto.

In aggiunta e per concludere vale la pena richiamare il più recente principio affermato sul punto dai giudici di legittimità secondo il quale "l'accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando pur sempre all'assemblea di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo, ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore.

La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata" (Cass. sez. 6-2, 23 luglio 2020, n. 15702).

Sentenza
Scarica Cass. 16 giugno 2023 n. 17293
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