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Il conto corrente condominiale, se esiste… non basta

Quando l'occasione fa l'uomo ladro. La norma contiene una falla di non poco rilievo, restando silenziosa in merito alle modalità pratiche di utilizzazione del conto.
Avv. Michele Zuppardi - Foro di Taranto 

Il conto corrente condominiale? Vabbè, vedremo come fare. L'importante è raccogliere le quote come sempre si è fatto, provvedere ai pagamenti senza alcun ritardo, tenere ordinata la contabilità e procedere senza intoppi in attesa di organizzarci meglio "non appena sarà il momento", tanto ciò che conta veramente nella gestione delle proprietà comuni è solo e soltanto il rapporto fiduciario.

Dunque tranquilli, ogni operazione continuerà ad essere compiuta alla luce del sole e non è poi così urgente, né vale la pena, complicarci la vita e spendere soldi per pagare i bolli e le robe simili che la tenuta di un conto corrente comporta, anche perché il numero di operazioni e la mole di entrate e di uscite non assumono un rilievo degno di nota.

Se dal 2012 ad oggi nei Tribunali italiani si è registrato l'esponenziale aumento di procedimenti giudiziali nei confronti degli amministratori in merito all'utilizzo e alla gestione del conto corrente condominiale, un perché deve pur esserci.

E la nostra rubrica sui vizi capitali dei professionisti del ramo, giunta quest'oggi alla seconda puntata, ci porta dunque a richiamare il comma 7 dell'articolo 1129 cod. civ., che prevede l'obbligo posto in capo ai gestori della cosa comune di "far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio".

Come spesso abbiamo letto o ci è stato riferito, si tratta di una norma imperativa. In che senso? Cosa significa? L'ordinamento giuridico utilizza questa espressione per indicare le disposizioni di legge che - proprio in virtù della loro importanza - non possono essere derogate dalle parti. Nessuna delibera, nessun regolamento, nessuna unanimità possono infatti autorizzare l'amministratore a fare a meno del conto corrente bancario o postale del condominio, e quantunque il tema possa risultare a molti ormai superato, e nonostante l'indubbia, regolare e positiva operatività di un gran numero percentuale di professionisti diligenti e rispettosi della norma, le statistiche ci confortano nell'affermare come, a tutt'oggi, esistano considerevoli frange di gestori "irriducibili" che continuano imperterriti nella pericolosa e maldestra arte di temporeggiare e tirare a campare.

Eppure, sul tema, la legge di riforma del 2012 ha sostanzialmente ottemperato, rendendolo obbligatorio, l'orientamento giurisprudenziale che già precedentemente si era ben consolidato, e che aveva sottolineato senza mezzi termini l'imprescindibile esigenza di " evitare che possa sorgere confusione tra il patrimonio dei diversi enti di gestione", come suggerito ed auspicato dal Tribunale di Salerno e dalla stessa Corte di Cassazione.

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Anzi, proprio il Tribunale campano, nell'anno precedente la riforma, aveva posto maggiormente l'accento sulle "esigenze di trasparenza che, essendo informata alla tutela del diritto di ciascun condòmino a verificare la destinazione dei propri esborsi, prescinde dall'effettiva e concreta destinazione delle somme medesime, dalla mancanza di irregolarità di gestione dei fondi, dall'approvazione dei rendiconti da parte dell'assemblea " (Tribunale di Salerno, 3.5.2011).

Tali pronunce "apripista", insomma, si erano da tempo spinte a sollecitare, già prima del varo della nuova norma, l'assunzione di una più corretta impostazione gestionale che ponesse fine ai minestroni contabili fino ad allora abbondantemente prodotti negli studi dei mandatari, con le conseguenze che tutti conosciamo e che - ciclicamente - si sono imposte con sgomento e incredulità alla ribalta delle cronache cittadine.

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Certo, l'obbligo dell'apertura del conto corrente condominiale non ha debellato l'italico fenomeno di "scappare con la cassa", ma - semmai - lo ha soltanto frenato. È proprio dell'altro ieri la notizia, ampiamente amplificata dai media, riguardante un avvocato amministratore che - a Palermo - è stato raggiunto dalla condanna in primo grado a un anno e sei mesi per appropriazione indebita e che dovrà restituire subito, a titolo di provvisionale, la non indifferente somma di sessantamila euro in attesa della più precisa quantificazione del danno arrecato a poco meno di 130 famiglie.

Dunque il conto corrente bancario o postale è obbligatorio ma non basta. La norma contiene una falla di non poco rilievo, restando "silenziosa" in merito alle modalità pratiche di utilizzazione del conto stesso, che pure potrebbero essere disciplinate con regolamento condominiale o delibera assembleare.

Un esempio? La possibilità di corrispondere all'amministratore l'importo delle quote individuali in denaro contante, pur se fino alla soglia imposta dalla legge. Chi assicura che quei soldi "transitino" subito sul conto corrente condominiale? E chi assicura che la ricevuta rilasciata al condòmino corrisponda a una identica reversale bancaria attestante il versamento sulla posizione dedicata? E ancora, quanto vale la pur prevista e possibile richiesta dell'amministrato all'Istituto di Credito di prendere visione ed estrarre copia della rendicontazione periodica "per il tramite dell'amministratore" ?

In merito a quest'ultima ipotesi l'Arbitro Bancario Internazionale ha tentato di rasserenare i condòmini, spiegando che ove venga dimostrato il silenzio assoluto del professionista a tale specifica richiesta, sarà possibile - finalmente - rivolgersi direttamente alla Banca oppure al Giudice ordinario. Sempre che sul conto ci sia ancora qualcosa, penseranno in molti.

Siamo partiti dalla norma che obbliga l'apertura del conto corrente condominiale, e ci siamo ritrovati a prendere coscienza che anche questa prescrizione, da sola, potrebbe non servire a nulla.

Il sospetto del "vizio", dunque, prende forma e sostanza oltre la prescrizione stessa, e così il peccato commesso da tutti coloro che non aprono o non usano il conto corrente condominiale potrebbe addirittura essere considerato veniale.

Chi scrive è notoriamente dalla parte degli amministratori, e soprattutto di quelli professionali, integerrimi e oltremodo precisi. Certo che una rubrica sulle trasgressioni della categoria non può esimere l'estensore dal porre l'accento su criticità storiche, ricorrenti, divenute fonti di continui litigi anche giudiziali e penalmente rilevanti, che impongono di dire le cose così come stanno, ovviamente senza voler fare di tutta l'erba un fascio.

Per farmi perdonare, allora, tengo pure a ricordare l'altra faccia della medaglia, quella che i migliori gestori della cosa comune sono obbligati a sopportare, rappresentata dalla categoria degli amministrati avari, i quali pretendono le carte in regola ma si indignano quando gli vien chiesto di spendere qualche euro in più per bonificare le loro quote sul conto del condominio.

In difesa degli amministratori onesti, chiedo loro: ma se continuate a pretendere il "porta a porta" per la riscossione della moneta, perché vi stracciate le vesti quando quella moneta si perde in qualche tasca prima di finire in banca? I vizi degli amministratori esisteranno pure, ma ricordate sempre il vecchio adagio: l'occasione fa l'uomo ladro.

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