L'art. 1130 c.c., n. 1, indica tra le attribuzioni dell'amministratore, specificatamente l'obbligo di rendiconto la cui illustrazione ed approvazione deve essere indicata nell'ordine del giorno dell'assemblea annuale ordinaria dei condomini.
Il documento deve essere poi accompagnato da un registro di contabilità, da un riepilogo finanziario e da una nota esplicativa dell'amministratore sull'andamento della gestione ed i rapporti in corso.
Se il rendiconto non è composto da registro, riepilogo e nota, parti inscindibili di esso, e i condomini non risultino, perciò, informati sulla reale situazione patrimoniale del condominio quanto ad entrate, spese e fondi disponibili, la deliberazione assembleare di approvazione del "bilancio condominiale" sarà invalida ed in particolare annullabile.
In quest'ottica diventa, quindi, fondamentale l'osservanza ai precetti del novellato art. 1130-bis c.c. in tema di tenuta e redazione della contabilità, sicché risultano elementi imprescindibili del rendiconto il registro di contabilità, il riepilogo finanziario ed una nota di accompagnamento sintetica, esplicativa della gestione annuale.
L'amministratore, quindi, deve esercitare il mandato ricevuto redigendo un rendiconto completo, particolareggiato e descrittivo. La diligenza dell'amministratore va valutata alla luce del più rigido criterio previsto nello svolgimento del proprio incarico.
E se l'amministratore abusa della fiducia della collettività condominiale tenendo la contabilità in maniera approssimativa ed incompleta, il condominio può chiedere al responsabile il risarcimento dei danni morali?
Il problema è stato affrontato dalla sentenza del Tribunale di Torino nella sentenza del 13 aprile 2021 n. 1875.
L'amministratore "furbastro" paga i danni morali ai condomini. Fatto e decisione
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. un condominio citava in giudizio l'ex amministratore del condominio, affinché il Tribunale accertasse e conseguentemente condannasse il convenuto alla restituzione di ingenti somme di denaro da lui prelevate dal conto corrente condominiale.
Il convenuto si costituiva in giudizio e contestava, tra l'altro, la legittimazione ad agire in capo al condominio; inoltre sosteneva che l'azione del ricorrente era prescritta.
Il giudice, rilevata la complessità delle questioni trattate, disponeva il passaggio al rito ordinario.
Esperita la CTU e precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta a decisione. Il Tribunale ha dato totalmente ragione ai condomini.
In riferimento alla contestata legittimazione ad agire in capo al condominio, lo stesso giudice ha rilevato che gli importi richiesti in restituzione dalla collettività condominiale erano relativi a spese effettuate dal convenuto per finalità estranee alle esigenze condominiali, utilizzando il denaro versato dai condomini sul c/c bancario del caseggiato.
In tal caso, come evidenzia il Tribunale, l'unico soggetto legittimato ad agire è il condominio intestatario di quel conto e non i singoli condomini.
Quanto poi alle richieste economiche risarcitorie e restitutorie del condominio sono risultate riferibili effettivamente e limitatamente ai dieci anni antecedenti la domanda: l'azione dell'ente quindi non si era affatto prescritta.
Nel merito il Tribunale ha sottolineato come la CTU abbia accertato che i rendiconti erano stati maggiorati rispetto alla documentazione di spesa e che queste somme erano state utilizzate dal convenuto per finalità estranee al condominio.
Il Tribunale ha perciò accertato che l'ex amministratore aveva tenuto la contabilità in maniera approssimativa ed incompleta, redigendo rendiconti incoerenti con le spese effettivamente sostenute e utilizzando i fondi condominiali per ragioni estranee alla gestione del condominio.
Del resto non sono stati trovati i registri della nomina e revoca dell'amministratore, dei verbali delle assemblee, di contabilità e l'anagrafe condominiale. Sotto il profilo fiscale, poi, mancavano i modelli 770 e le certificazioni uniche. Il convenuto è stato quindi condannato alla restituzione della somma sottratta.
Responsabilità dell’amministratore per gestione negligente e danni morali ai condomini
In caso di inadempimento nello svolgimento del proprio incarico, l'amministratore sarà tenuto a rispondere a titolo di responsabilità contrattuale ex articolo 1218 c.c. I condomini che lamentano un malaccorto o, addirittura, infedele impiego del proprio denaro da parte dell'amministratore uscente devono provare che l'esercizio in contestazione si è in realtà chiuso, non già con debiti di gestione, ma con veri e propri avanzi di cassa, o puntualmente riportati nel bilancio successivo come partite in entrata oppure, sin dall'inizio, fraudolentemente occultati (Trib. Roma 26 marzo 2022).
In ogni caso, se l'ex gestore ha tenuto la contabilità in maniera superficiale, predisponendo rendiconti incoerenti con le uscite effettivamente affrontate e usando dei fondi condominiali per scopi differenti da quelli inerenti alla gestione del caseggiato, non potrà che esser condannato alla restituzione delle somme sottratte (con gli interessi legali dalla domanda al saldo), nonché al risarcimento del danno morale.
Si ricorda che integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell'amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro necessarie dai condomini, ometta di effettuare i dovuti pagamenti senza necessità di provare la diversa destinazione impressa alle somme.
In ogni caso, è già stato affermato che l'amministratore, condannato per appropriazione indebita per aver distratto denaro dal conto del condominio, oltre a dover restituire gli importi illegittimamente prelevati, è altresì tenuto al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., sub specie di danno morale, quantificato in via equitativa dal giudice (Trib. Roma 19 settembre 2016 n. 17222).