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La piscina può essere un bene condominiale

La presunzione legale di condominialità della piscina deriva dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In ambito condominiale le piscine, almeno secondo una giurisprudenza ante riforma del condominio, non costituiscono mai parti necessarie per l'esistenza o per l'uso delle unità abitative, né destinate al loro uso o servizio.

In altre parole, ad avviso dei giudici, anche senza queste strutture, i caseggiati esisterebbero ugualmente e i condomini potrebbero vivere tranquillamente nelle loro abitazioni (Cass. 3 ottobre 2003, n. 14791; Cass. 7 luglio 2000, n. 9096). Tale conclusione non potrebbe cambiare neppure in relazione ad un supercondominio, cioè nel caso di piscina comune non ad un singolo fabbricato, ma ad un complesso di edifici condominiali.

La piscina come bene condominiale: l'importanza della disciplina pattizia contenuta nei regolamenti condominiali del costruttore

Secondo una recente opinione giurisprudenziale la presunzione legale di condominialità della piscina deriva dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune (poiché destinata ad essere usata a servizio del complesso cui appartiene).

Del resto, soprattutto nell'ambito di strutture turistiche, dove le singole unità residenziali vengono utilizzate al solo fine turistico da parte dei singoli proprietari, alloggiandovi in proprio o locandole a terzi, proprio per il contesto in cui sono inserite e sono state costruite, sembrano necessariamente ricomprese, nelle parti comuni, anche zone verdi, parchi, impianti sportivi (piscine, i campi da tennis, da calcio, pallavolo, da bocce, ecc.); locali adibiti ai servizi vari (i centri commerciali o riunione); attrezzature per le spiagge.

Infatti, si tratta di beni che, oltre ad aumentare il valore del complesso immobiliare e, conseguentemente delle unità immobiliari, possono risultare la ragione fondamentale che ha spinto il singolo condomino ad acquistare una proprietà nel complesso edilizio (Trib. Udine 14 maggio 2019, n. 19983).

In ogni caso può escludere ogni dubbio la disciplina pattizia contenuta nei regolamenti condominiali; in altre parole la natura condominiale non può essere messa in discussione se, per inequivoca volontà del proprietario originario, tale struttura è stata inclusa tra i beni condominiali (App. Roma 15 febbraio 2021 n. 1149).

È frequente, infatti, che tali impianti per volontà del costruttore (che li menziona nei regolamenti accettati da tutta la collettività) siano parti comuni condominiali, al pari del tetto, della facciata e degli altri beni o impianti menzionati dall'articolo 1117 c.c. (App. Ancona 22 novembre 2018 n. 2610).

L'uso potenziale della piscina condominiale

Anche se dal regolamento risulta con certezza che la piscina è condominiale, spesso alcuni condomini non vogliono o non possono usare tale "fonte di divertimento estivo" e, conseguentemente, richiedono di essere esonerati dal pagamento delle spese di un bene che ritengono totalmente inutile.

Un condomino, in quanto comproprietario delle cose oggetto di proprietà comune, è tenuto, a norma dell'art. 1123, primo comma, c.c., a contribuire, in misura proporzionale al valore della sua proprietà esclusiva, nelle spese necessarie per la conservazione delle parti e delle strutture comuni dell'edifico, cioè nelle spese che siano necessarie per mantenere la "parte comune" dell'edificio nello stato in cui si trova e nelle condizioni richieste perché essa possa fornire ai condomini la sua peculiare utilità.

In particolare, in applicazione dell'articolo 1123 c.c., comma 1, non bisogna considerare il godimento effettivo, bensì il godimento potenziale che il condomino può ricavare dalla cosa comune, atteso che quella del condomino è un'obbligazione propter rem che trova fondamento nel diritto di comproprietà sulla cosa comune; di conseguenza se un condomino, potendo godere della cosa comune, di fatto non la utilizza, non è esonerato dall'obbligo di pagamento delle spese suddette.

Questo principio vale anche per il condomino che non ama la piscina o per quello che, pur potendola utilizzare, non frequenta detta struttura perché non è capace a nuotare o è allergico al cloro o si è costruito una piscina nel giardino di proprietà esclusiva o sul lastrico di proprietà esclusiva: in tale ipotesi, infatti, l'uso potenziale è innegabile.

Si consideri che, secondo la Cassazione, si può rinunciare a quegli impianti condominiali che devono essere considerati superflui in relazione alle condizioni obiettive e alle esigenze delle moderne concezioni di vita oppure illegali perché vietati da norme imperative (Cass. civ., sez. II, 27/04/1991, n. 4652); così, ad esempio, si può rinunciare all'impianto di autoclave in presenza di un servizio idrico pubblico efficiente, o al pozzo nero perché in contrasto con le prescrizioni di legge.

La ripartizione delle spese della piscina comune

Alla luce delle considerazioni precedenti, si può affermare che, in linea generale, nessun condomino può sottrarsi al pagamento delle spese condominiali anche nel caso in cui non usufruisca dei relativi servizi, a meno che, ovviamente, non vi sia una specifica delibera dell'assemblea assunta con il consenso di tutti gli altri condomini (situazione che sembra possibile solo nei condomini orizzontali costituiti da un numero ridotto di villette a schiera) o esista una clausola di natura contrattuale del regolamento che escluda alcuni particolari condomini (ad esempio i proprietari dei negozi) dal pagamento di tutte le spese per l'impianto in questione; nulla esclude che sia previsto, ad esempio, l'obbligo per coloro che utilizzano effettivamente la piscina di contribuire in modo più significativo alle spese inerenti il bene, acquistando una tessera i cui proventi vengano poi detratti dal totale complessivo delle spese in uscita, così garantendo ai condomini che non vogliono o non possono usufruire del bene condominiale costi di conservazione della piscina minori rispetto a quelli che necessiterebbero.

Il regolamento di condominio potrebbe, però, prevedere pure che i costi relativi all'utilizzo vengano ripartiti secondo criteri diversi, anche prevedendo l'esenzione per i condomini che non usufruiscono degli impianti.

Del resto, generalmente i costi vengono suddivisi in due categorie: costi fissi, relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria, da porre comunque a carico di tutti in condomini in proporzione ai millesimi di proprietà (generalmente riportati in Tabella "A") e costi variabili, relativi all'uso degli impianti.

Sentenza
Scarica App. Roma 15 febbraio 2021 n. 1149
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