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La domanda riconvenzionale non richiede l'apertura di un ulteriore procedimento di mediazione obbligatoria

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è ammissibile la proposizione di domanda riconvenzionale ma, in questo caso, non vi è improcedibilità se non è stata avviata la mediazione obbligatoria.
Avv. Adriana Nicoletti 

Il D.lgs. n. 28/2010, come successivamente modificato anche dal D.lgs. n. 149/2022, è stato introdotto, con un dichiarato scopo deflattivo del contenzioso giudiziario, per un pacchetto di controversie, nelle quali rientrano quelle che interessano il settore condominiale.

La normativa ha stabilito, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, l'introduzione della procedura di mediazione obbligatoria da parte del soggetto che, testualmente, "intende esercitare in giudizio un'azione", che abbia ad oggetto una delle materie indicate nell'art. 5 del detto decreto.

Una questione che ha sollevato incertezze riguarda la domanda riconvenzionale che si contrapponga alla domanda principale e se per essa sia necessario ricorrere ad una nuova mediazione.

Ancora più incerta la questione se la domanda riconvenzionale sia stata formulata nell'ambito dell'opposizione ad un decreto ingiuntivo che, come vedremo, sia stato emesso in favore dell'amministratore di un condominio dichiaratosi creditore per somme a lui non riconosciute dall'ente.

Respinta, in assenza di prova, la domanda riconvenzionale del condominio nei confronti dell'amministratore. Fatto e decisione

Nell'ambito di un giudizio di opposizione, promosso dal condominio nei confronti del decreto ingiuntivo ottenuto dall'ex amministratore per anticipazione di spese dal medesimo effettuate in favore e per conto del condominio, l'opponente proponeva domanda riconvenzionale di condanna del convenuto per mala gestio, con richiesta di restituzione di quanto da questi indebitamente percepito a titolo di compensi.

Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza n. 2434 pubblicata il 24 giugno 2022, ha accolto l'opposizione al decreto ingiuntivo non avendo l'amministratore dato prova del proprio credito e considerando irrilevante la fattura pro-forma depositata dal medesimo in sede di procedimento monitorio.

Questa, infatti, non minimamente supportata dai bilanci di gestione, poteva essere presa in considerazione solo nella fase cautelare ma non nel conseguente giudizio di merito, trattandosi di documento formato dalla stessa parte che se ne era avvalsa.

Né la stessa poteva comportare l'inversione dell'onere della prova in caso di contestazione come, in effetti, era stata argomentata dall'opponente.

Diversamente il giudice partenopeo ha respinto la domanda riconvenzionale spiegata dal condominio, poiché fondata su un mero assunto di responsabilità dell'amministratore e, comunque, priva di autorizzazione assembleare.

Argomentava ancora il Tribunale che "la responsabilità risarcitoria dell'amministratore di condominio, alla stregua di quella del professionista, non può affermarsi per il solo fatto del non corretto adempimento del mandato, occorrendo verificare se il danno di cui è chiesto il risarcimento sussiste ed è riconducibile alla condotta del soggetto inadempiente, nel senso che se questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il condominio avrebbe evitato il pregiudizio lamentato".

E questo, giova osservare, sarebbe stato possibile solo tramite l'effettuazione di una revisione contabile da parte di un tecnico di tutta la complessa gestione seguita dall'ex amministratore, tramite la ricostruzione dei bilanci con l'accertamento di entrate ed uscite. Attività che, in ogni caso, doveva essere preventivamente esperita dal condominio.

Il successo dell'attività di mediazione.

Considerazioni conclusive

La decisione del Tribunale di Napoli merita alcune osservazioni, non tanto per la revoca del decreto ingiuntivo per mancanza di prova delle pretese avanzate dall'ex amministratore in merito alla restituzione delle anticipazioni asseritamente eseguite per il condominio (su questo punto la decisione va ad aumentare la lunga serie di sentenze conformi), quanto piuttosto su alcuni argomenti più peculiari.

In primo luogo, dalla sentenza emerge che l'opposto, nella comparsa di costituzione, aveva sollevato la questione di improcedibilità della domanda per non avere il condominio/opponente esperito il tentativo di mediazione ed ancora che il giudice, all'esito della prima udienza di trattazione, aveva assegnato alle parti il termine per avviare il procedimento di conciliazione.

Si è molto discusso se nel caso dell'opposizione a decreto ingiuntivo la mediazione obbligatoria debba essere introdotta dall'opponente piuttosto che dall'opposto. A fronte di orientamenti contrastanti si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sent. n. 19596 in data 18 settembre 2020) che hanno pronunciato il seguente principio: "nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo" (Conf. Cass. sez. III, 08 gennaio 2021, n. 159).

Alla questione qui evidenziata ne è collegata un'altra che è stata sollevata in merito ad un eventuale obbligo di procedere alla mediazione obbligatoria nel caso di domanda riconvenzionale. La posizione della giurisprudenza di merito si divide tra un orientamento maggioritario e negativo (tra tutte: Trib. Pavia, 31 dicembre 2021, n. 880; Trib. Taranto 2 maggio 2019; Trib. Roma 18 gennaio 2017) ed uno minoritario positivo (Trib. Roma 27 novembre 2014; Trib. Roma 2 dicembre 2012), pur evidenziandosi, in tal caso, che l'obbligo non sussisterebbe per le domande proposte dal convenuto verso il terzo chiamato in causa.

Ancora di recente (Trib. Bergamo 09 novembre 2023) vi è stato un ulteriore allineamento al primo orientamento che si fonda sul rilievo che "l'art. 5 del D. Lgs n. 28 del 2010, nel fare riferimento a chi intende esercitare in giudizio un'azione, si riferisce al soggetto che incardina il giudizio, ossia l'attore, e non, ancorché questi abbia spiegato domanda riconvenzionale; inoltre imporre il tentativo di mediazione anche nel caso della riconvenzionale finirebbe per frustrare il principio di ragionevole durata del processo".

E non vi è dubbio che le domande riconvenzionali siano ammissibili anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel quale - come noto - l'opposto assume la sostanziale posizione di attore, mentre l'opponente, che riveste la posizione di convenuto, "il quale ha l'onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l'esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto, e può proporre domanda riconvenzionale, a fondamento della quale può anche dedurre un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento dell'ingiunzione, quando non si determini in tal modo spostamento di competenza e sia pur ravvisabile un collegamento obiettivo tra il titolo fatto valere con l'ingiunzione e la domanda riconvenzionale".

Va ancora osservato che i fatti posti a fondamento della istanza di ingiunzione sono spesso supportati dalla produzione in giudizio delle fatture emesse dal creditore che - come rilevato nella decisione in esame - configurandosi come documenti di parte, nella fase di merito non integrano piena prova del credito in esse indicato, proprio in considerazione del fatto che il contraddittorio con il debitore è rinviato alla fase di opposizione.

Ai sensi dell'art. 634, co. 2, c.p.c. il requisito della prova scritta, in particolare per i crediti relativi a somministrazione di merci e di denaro, prima dell'introduzione della fatturazione elettronica, si riteneva soddisfatto con il deposito degli estratti delle scritture contabili.

Con l'entrata in vigore della c.d. "Riforma Cartabia", che ha introdotto la fatturazione elettronica, è stato ritenuto che tali documenti siano, di diritto, idonei all'emissione di un decreto ingiuntivo superando l'obbligo del deposito dei registri indicati dall'art. 634, c.p.c.

Del resto, proprio con riferimento alla contestazione formulata dall'opponente in merito all'insufficienza della fattura elettronica prodotta a costituire piena prova del credito è stata nuovamente evidenziata (Trib.

Roma 25 settembre 2023, n. 13492) la peculiarità della fase sommaria rispetto a quella di merito di opposizione al decreto ingiuntivo, nella quale il giudice non è chiamato ad esaminare se l'ingiunzione sia stata o meno legittimamente emessa dovendo, invece, accertare il fondamento dell'asserita pretesa del creditore. Solo all'esito di tale accertamento saranno accolte le rispettive domande di opponente od opposto.

Sentenza
Scarica Trib. Napoli Nord 24 giugno 2022 n. 2434
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