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Il conduttore è autorizzato al cambio degli arredi ma, obbligato, non li restituisce: sussiste solo responsabilità civile verso il locatore

Una volta che al conduttore sia stato contrattualmente concesso di cambiare il mobilio, i beni sono di sua proprietà. La mancata restituzione non configura reato di appropriazione indebita.
Avv. Adriana Nicoletti 

Nell'ampio panorama delle locazioni, uno dei contratti più richiesti è quello che riguarda gli appartamenti ammobiliati. Questo interessa non solo il settore abitativo ma anche quello non abitativo, ed a tale proposito sarà sufficiente pensare alle locazioni di studi professionali di qualsivoglia genere.

Non solo, ma anche nel c.d. transitorio questo tipo di contratti prende il sopravvento su quelli che hanno ad oggetto appartamenti completamente liberi da arredi.

In questi casi, indistintamente, è interesse primario del locatore predisporre un adeguato elenco del mobilio presente nell'appartamento (anche con una descrizione sommaria ma precisa) che sia sottoscritto da entrambi i contraenti.

La questione oggetto della sentenza che andiamo a commentare è interessante in quanto dipinge una situazione tanto singolare quanto piuttosto inedita.

Omettere di restituire i beni indicati in specifiche clausole contrattuali non sempre è appropriazione indebita. Fatto e decisione

La Corte di Cassazione penale, con la sentenza 22 settembre 2023, n. 38698, ha annullato, senza rinvio, la decisione della Corte di appello di Milano che, confermando la sentenza di primo grado, aveva condannato la conduttrice di un immobile in quanto responsabile del delitto di appropriazione indebita per non avere restituito alla proprietaria/locatrice, al momento di cessazione del contratto di locazione, gli arredi che la stessa inquilina aveva collocato nell'immobile in questione.

Come si desume dalla descrizione dei fatti di cui alla sentenza in questione, con la sottoscrizione del contratto di locazione di un immobile totalmente o parzialmente ammobiliato, la proprietaria aveva autorizzato la conduttrice a rimuovere gli arredi originari, e questa li aveva sostituiti impegnandosi a restituirli alla prima al momento della cessazione del contratto.

Tuttavia, questo non era avvenuto per cui, a seguito di denuncia per il delitto di cui all'art. 646 c.p., la conduttrice aveva subito una duplice condanna nei primi due gradi di giudizi.

La soccombente ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado, lamentando che la mancata restituzione non poteva integrare la fattispecie di cui all'art. 646 cit. posto che i beni in contestazione erano di proprietà della ricorrente, da questa acquistati e legittimamente sostituiti a quelli originari.

Il ricorso, ritenuto fondato, veniva accolto poiché il reato di appropriazione indebita ha per oggetto l'impossessamento di beni altrui ai quali sia stato impresso un preciso vincolo di destinazione. Il legislatore, infatti, ha inteso "sanzionare penalmente colui che, disponendo autonomamente della "res", dia alla stessa una destinazione diversa con il titolo e le ragioni che ne giustificano il possesso, anche nel caso in cui si tratti di somma di denaro" (Cass. pen. sez. 2, 8 marzo 2016, n. 12869).

Per tale motivo il delitto de quo non poteva essere configurato nei confronti di chi, pur tenuto alla restituzione di un quid, si trovi ad agire su cosa propria.

Evidente, quindi, che nella fattispecie era mancata la condotta tipica del reato contestato e ciò non poteva che dedursi dal contenuto del contratto di locazione, nel quale era stato previsto che, al termine del rapporto, sussistesse un obbligo di passaggio degli arredi da conduttore a locatore, anche se questi erano stati acquistati dal primo.

Tale impegno, invece, avrebbe dato vita ad una responsabilità civile da inadempimento contrattuale dello stesso inquilino, ma non certo un'ipotesi di appropriazione indebita, mancandone i presupposti di legge.

Cosa fare se l'inquilino si porta via i mobili o gli elettrodomestici

Considerazioni conclusive

La Corte Suprema non poteva che giungere a questa conclusione vista la chiarezza testuale dell'art. 646 c.p., il quale circoscrive il reato di appropriazione indebita all'azione di colui che "per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso." (co. 1). Tale disposizione non rispecchia in alcun modo la situazione nata dal contratto di locazione intercorso tra le parti.

Infatti, se è pacifico che il conduttore è considerato un detentore qualificato rispetto al bene locato, è da escludere che tale titolo potesse essere esteso anche ai beni mobili contenuti nell'immobile, visto che una delle clausole contrattuali aveva concesso all'inquilina di sostituire i beni mobili preesistenti con altri da lei scelti e pagati.

Presumibile, peraltro, che questo fosse avvenuto nell'immediata esecuzione del contratto di locazione, ovvero quando l'affittuaria sia entrata nel possesso dell'immobile.

È venuto, altresì, a mancare un altro elemento fondamentale: ovvero l'ingiusto profitto, dal momento che l'inquilina aveva acquistato a sue spese i nuovi arredi. Così come è pacificamente assente l'elemento di appropriazione della cosa mobile altrui.

Correttamente, quindi, la Corte ha evidenziato che la questione era sicuramente rilevante da un punto di vista civile, facendo intendere che la controversia avrebbe dovuto essere trattata in altra sede.

Quel che preme evidenziare, invece, è che il reato di appropriazione indebita sussiste se "il conduttore asporti dall'immobile oggetto di locazione i relativi arredi, senza che, ai fini della sussistenza dell'illecito, sia necessaria la formale richiesta di restituzione da parte del locatore, essendo sufficiente che a detti beni sia stata data dall'agente una diversa destinazione rispetto a quella originaria" (Cass. pen., sez. 2, 9 aprile 2019, n. 23176; Cass. pen., sez. 2, 22 dicembre 2011, n. 4958).

Da ultimo è interessante fare un cenno anche al rapporto locatore-conduttore in ordine al pagamento dei contributi condominiali. È noto che il soggetto obbligato verso il condominio è solo il condomino/locatore, mentre il conduttore deve versare gli oneri accessori direttamente al proprietario/locatore e non al condominio, secondo quanto disposto dall'art. 9 della legge n. 392/1978.

L'estraneità della figura del conduttore rispetto al condominio fa sì che l'eventuale decreto ingiuntivo per morosità per il pagamento dei contributi condominiali possa essere chiesto solo ed esclusivamente verso il condomino/proprietario.

Questa premessa si è resa necessaria perché la Corte penale, che si è trovata ad affrontare la questione sotto il profilo di una presunta appropriazione indebita di denaro, ha affermato, ancora una volta in modo assolutamente condivisibile, che "il locatore di un immobile, facente parte di un condominio, che ometta di versare il denaro che ha ricevuto dal conduttore - in adempimento di un'obbligazione accessoria del contratto di locazione - per il pagamento degli oneri condominiali, non risponde del reato di appropriazione indebita, in quanto non si costituisce su dette somme un vincolo di destinazione assimilabile a quello derivante dal mandato, né esse possono ritenersi, una volta consegnate al locatore, ancora di proprietà del conduttore, che resta estraneo al rapporto obbligatorio tra il comproprietario locatore e il condominio" (Cass. pen., sez. 2, 9 gennaio 2019, n. 8922).

Sentenza
Scarica Cass. pen 22 settembre 2023 n. 38698
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